Il Consiglio Nazionale Forense in sede disciplinare con la sentenza del 07/03/2016 decide in merito alla sanzionabilità della condotta di un avvocato che ha presentato al cliente una parcella maggiorata rispetto a quelle indicata in precedenza.
Giovedi 23 Febbraio 2017 |
Il caso: una società di diritto spagnolo presentava un esposto nei confronti di un avvocato, sulla base dei seguenti fatti: il legale, dopo aver svolto per la società ricorrente attività professionale di consulenza, che si era interrotta dopo una sola riunione, aveva inviato alla società un progetto di fattura di un certo importo, piuttosto elevato; non avendo ricevuto alcun riscontro, il legale inviava nel gennaio 2008 una nuova fattura avente ad oggetto la medesima prestazione professionale, per un "minor" importo; nel silenzio della società, il professionista notificava alla medesima il provvedimento con cui il C.O.A aveva liquidato al legale l'onorario avente ad oggetto la medesima prestazione professionale in un importo di gran lunga maggiore rispetto a quello oggetto della fattura del gennaio 2008.
Il COA di Milano, a definizione del procedimento disciplinare de quo, ritenuta la responsabilità dell’incolpato gli irrogava la sanzione di un anno di sospensione per la violazione dell’art.43, II° e III° comma C.D.F.( ora art.29 nuovo C.D.F.).
Il legale proponeva quindi ricorso al CNF avverso la delibera del COA di Milano, deducendo nel merito l'insussistenza degli illeciti deontologici addebitatigli: il ricorrente evidenziava la portata e l’importanza dell’attività professionale svolta, la legittimità della prima richiesta economica, ritenuta congrua rispetto alle tariffe vigenti all’epoca ed anzi inferiore ai minimi tabellari, nonché le ragioni dell’importante riduzione di onorario di cui alla fattura del gennaio 2008, risiedenti in un accordo informale con la società esponente, insisteva quindi per l'accoglimento del ricorso.
Il Collegio, in parziale accoglimento del ricorso del legale, riduce la sanzione all’avvertimento in luogo di quella della sospensione dall’esercizio della professione di un anno, con le seguenti motivazioni:
a) nel caso in esame, non può non stigmatizzarsi il reiterato silenzio della Società esponente in relazione alle richieste avanzate dall’incolpato e la neutralità del COA meneghino rispetto alla valenza probatoria del detto silenzio, che invece andava valutato a favore dell'incolpato;
b) sono parzialmente condivisibilile valutazioni del ricorrente sulla scorta delle quali non vi sarebbe stata alcuna volontarietà volta alla commissione di comportamenti deontologicamente scorretti, né alcuna violazione dell'art. 43, canone III C.D.F. ( ora 29 c.d.f.), poiché il punto di partenza dal quale muovere nell'eseguire una tale valutazione non deve essere la fattura del gennaio 2008, ma la prima richiesta, sicché l'ultima richiesta va considerata di gran lunga inferiore rispetto alla prima e -quindi- rispettosa del parametro deontologico in considerazione;
c) in ogni caso, però, la condotta dell’incolpato, ancorchè ridimensionata rispetto alla valutazione del COA, appare comunque censurabile sotto il profilo della violazione della norma oggetto della contestazione, per non aver l'avvocato fatto alcuna riserva di richiedere un compenso maggiore in caso di mancato pagamento della fattura del gennaio 2008 e per aver omesso di comunicare al COA, al momento della richiesta di opinamento, l’esistenza delle precedenti fatture inviate alla società esponente e la mancata indicazione della riserva;
d) viola infatti l'art. 43 III, c.d.f., l'avvocato che, a causa del mancato spontaneo pagamento delle competenze professionali e senza averne fatto espressa riserva, richieda con una successiva comunicazione un compenso maggiore di quello già indicato in precedenza (Cons. Naz. Forense 21-07-2009, n. 79).