La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21487 del 31 agosto scorso è intervenuta in merito alla questione della legittimità o meno della liquidazione da parte del giudice delle spese legali al di sotto dei minimi tariffari.
Il caso: La Corte d'Appello di Perugia, decidendo in sede di rinvio, condannava il Ministero della Giustizia a pagare in favore di N.V., M.T.A., I.G., A.I., G.M. e M.V., e per ciascuno di loro, la somma di € 1.166,00, a titolo d'equo indennizzo per la non ragionevole durata di un processo di equa riparazione, nonché le spese processuali, liquidate in complessivi € 405,00, oltre € 8,00 per esborsi, oltre accessori, spese tutte distratte in favore dei difensori antistatari.
Avverso il predetto decreto gli anzidetti istanti propongono ricorso, esponendo che la Corte di merito aveva violato o falsamente applicato gli artt. 91 c.p.c. e 2233 c.c. nonché il d.m. n. 55/2014, per avere liquidato il rimborso spese al disotto del minimo legale, relativamente alla fase di rinvio.
Gli Ermellini, nell'accogliere il ricorso, precisano quanto segue:
a) non è condivisibile l'opinione per cui il decreto del Ministero della Giustizia n. 55 del 10 marzo 2014, nella parte in cui determina un limite minimo ai compensi tabellarmente previsti (art. 4) non può considerarsi derogativo del decreto n. 140, emesso dallo stesso Ministero il 20.7.2012, il quale, stabilendo in via generale i compensi di tutte le professioni vigilate dal Ministero della Giustizia, al suo art. 1, comma 7, dispone che «In nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa»;
b) Il d.m. n. 140 è stato emanato allo scopo di favorire la liberalizzazione della concorrenza e del mercato, adempiendo alle indicazioni della UE, a tal fine rimuovendo i limiti massimi e minimi, così da lasciare le parti contraenti (nella specie, l'avvocato e il suo assistito) libere di pattuire il compenso per l'incarico professionale;
c) di contro, il giudice resta tenuto ad effettuare la liquidazione giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal d.m. n. 55, il quale non prevale sul d. m. n. 140 per ragioni di mera successione temporale, bensì nel rispetto del principio di specialità, poiché, diversamente da quanto affermato dall'Amministrazione resistente, non è il d.m. n. 140 - evidentemente generalista e rivolto a regolare la materia dei compensi tra professionista e cliente - a prevalere, ma il d.m. n. 55, il quale detta i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa.
Di conseguenza, il provvedimento gravato deve essere cassato e, sussistendone le condizioni, decisa la causa nel merito, il complessivo compenso, in relazione al giudizio di rinvio, può essere liquidato in € 1.198,50, oltre accessori di legge.
Cassazione civile ordinanza n.21487/2018