Qual’è la natura giuridica del rapporto di lavoro tra le società di capitali ed i suoi amministratori e consiglieri? Il limite di pignorabilità degli stipendi previsto dal quarto comma dell’art. 545 cpc è applicabile o meno ai compensi e o agli emolumenti degli amministratori e dei consiglieri delle società di capitali?
A queste domande hanno dato recentemente una risposta le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza nr. 1545 pubblicata in data 20 gennaio 2017.
I Giudici di legittimità sono stati chiamati a rispondere ai suddetti quesiti a seguito dell’ordinanza interlocutoria n. 3738 del 4 dicembre 2015 della Terza Sezione Civile della stessa Corte di legittimità.
Con la suddetta sentenza i Giudici delle Sezioni Unite, dopo aver dato atto del contrasto giurisprudenziale esistente e delle varie posizioni della dottrina, hanno stabilito il seguente principio: “ L’amministratore unico o il consigliere d’amministrazione di una società per azioni sono legati da un rapporto di tipo societario che, in considerazione dell’immedesimazione organica che si verifica tra persona fisica ed ente e dell’assenza del requisito della coordinazione, non è compreso in quelli previsti dal n. 3 dell’art. 409 c.p.c. Ne deriva che i compensi spettanti ai predetti soggetti per le funzioni svolte in ambito societario sono pignorabili senza i limiti previsti dal quarto comma dell’art. 545 c.p.c.”. Nel caso sottoposto al vaglio delle Sezioni Unite della Cassazione, una Banca aveva intrapreso un’espropriazione presso terzi nei confronti di un suo debitore pignorando i compensi spettanti a quest’ultimo quale amministratore unico di una società e di componente del consiglio di amministrazione di un’altra.
La somma pignorata veniva assegnata per l’intero dal Giudice dell’Esecuzione del Tribunale di Ancona, Sezione Distaccata di Osimo; avverso l’ordinanza di assegnazione aveva proposto opposizione il debitore e il Tribunale accolse il ricorso proposto da quest’ultimo, dichiarando la pignorabilità solo nei limiti del quinto.
Secondo il Giudice dell’opposizione, l’attività svolta dal debitore quale amministratore di una società e consigliere dell’altra era da qualificarsi come lavoro parasubordinato e quindi rientrante nelle ipotesi di cui al terzo comma dell’art. 409 c.p.c.; avverso la sentenza emessa a seguito del giudizio di opposizione, la Banca creditrice proponeva ricorso per Cassazione.
I Giudici di legittimità hanno accolto il terzo e il quarto motivo del ricorso, rigettato l’opposizione ex art. 617 cpc proposta dal debitore avverso l’ordinanza di assegnazione emessa dal Tribunale di Ancona, Sezione distaccata di Osimo, confermando la suddetta ordinanza di assegnazione in favore della Banca creditrice.
Quindi in virtù dell’importante principio stabilito dalla Cassazione a Sezione Unite con la sentenza nr. 1545 del 20 gennaio 2017, i creditori degli amministratori e dei consiglieri di amministrazione delle società di capitali possono procedere al pignoramento per l’intero degli emolumenti e dei compensi che gli stessi percepiscono senza i limiti previsti per i lavoratori dipendenti, in quanto il rapporto che si instaura tra la società di capitale e i suoi amministratori è un rapporto di natura societaria e non di natura di lavoro parasubordinato o subordinato.
Ciò si verifica sia nel caso in cui gli emolumenti vengano pagati direttamente dalla società sia che gli stessi si trovino sul conto corrente bancario dell’amministratore o del consigliere di amministrazione.
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