Con la sentenza n. 18672/2019, pubblicata l’11 luglio scorso, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate in merito all’idoneità o meno di un atto stragiudiziale di messa in mora ad interrompere la prescrizione del diritto al risarcimento nell’ambito dei contratti di compravendita, affermando il seguente principio di diritto: “nel contratto di compravendita, costituiscono - ai sensi dell'art. 2943 c.c., comma 4, - idonei atti interruttivi della prescrizione dell'azione di garanzia per vizi, prevista dall'art. 1495 c.c., comma 3, le manifestazioni extragiudiziali di volontà del compratore compiute nelle forme di cui all'art. 1219 c.c. , comma 1, con la produzione dell'effetto generale contemplato dall'art. 2945 c.c., comma 1”.
Quindi, costituiscono cause idonee di interruzione della prescrizione non solo le domande giudiziali ma anche gli atti di costituzione in mora da parte del compratore. Pertanto, tutte le volte in cui si faccia ricorso a tali atti entro l'anno dalla consegna, inizia a decorrere un nuovo periodo di prescrizione di un anno.
IL CASO: la vicenda approdata all’esame delle Sezioni Unite trae origine dall’atto di citazione con il quale un’azienda agricola conveniva in giudizio dinnanzi al Giudice di Pace una società cooperativa chiedendo che venisse disposta la riduzione del prezzo di vendita di una partita di piante affette da vizi e che la denuncia per i suddetti vizi era stata reiterata con quattro raccomandate inviate alla convenuta rimaste senza riscontro. Nel costituirsi nel giudizio la convenuta, cooperativa eccepiva la tardività della denuncia e la conseguente decadenza della parte attrice dalla garanzia per vizi e, in ogni caso, la prescrizione dell’azione. La domanda di riduzione del prezzo veniva accolta dal Giudice di Pace e la sentenza di prime cure veniva confermata in sede di gravame dal Tribunale.
L’originaria convenuta, rimasta soccombente in entrambi i gradi di giudizio, interponeva, pertanto, ricorso per Cassazione.
Con ordinanza interlocutoria, la Seconda Sezione Civile della Cassazione ritenendo di massima particolare importanza la questione relativa all’istituto della garanzia per vizi nel contratto di compravendita e in particolare la questione circa la configurabilità o meno, ai fini dell’interruzione della prescrizione prevista dall’art. 1495 codice civile, comma 3, dell’idoneità di atti diversi dalla proposizione dell’azione giudiziale, ha rimesso la questione al Primo Presidente per l’eventuale rimessione alle Sezioni Unite.
LA DECISIONE: Prima dell’intervento delle Sezioni Unite, all’interno delle sezioni semplici della Corte di Cassazione, sulla qualificazione giuridica della garanzia per vizi e, conseguentemente, sulla individuazione degli atti interruttivi della prescrizione, si erano formati due orientamenti due orientamenti contrastanti.
Secondo il primo orientamento, la prescrizione della garanzia, stabilita dall'art. 1495 c.c., comma 3, in un anno, è interrotta dalla manifestazione stragiudiziale al venditore della volontà - del compratore - di volerla esercitare, anche se il medesimo riservi ad un momento successivo la scelta tra la tutela alternativa di riduzione del prezzo o di risoluzione del contratto. Ai fini interruttivi, peraltro, non sarebbe necessaria la precisazione del tipo di tutela giudiziaria che il compratore intende richiedere nè risulterebbe rilevante che egli riservi ad un momento successivo tale scelta.
Secondo un diverso orientamento, invece, la facoltà riconosciuta al compratore di chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo ha natura di diritto potestativo a fronte del quale la posizione del venditore è di mera soggezione. Conseguentemente, si è ritenuto che il termine di prescrizione per l'esercizio di tali azioni possa essere interrotto unicamente attraverso la domanda giudiziale e non anche mediante atti di costituzione in mora ex art. 1219 c.c., comma 1, i quali si attagliano ai diritti di credito ma non ai diritti potestativi.
Le Sezioni Unite, con la sentenza in commento hanno rigettato il ricorso promosso dalla società venditrice, che lo ricordiamo è rimasta soccombente in entrambi i gradi di giudizio, ritenendo di non condividere l’orientamento che ritiene necessario ai fini dell'interruzione del termine prescrizionale annuale l'esercizio dell'azione (a cui pone formale riferimento l'incipit dell'art. 1495 c.c., comma 3, che non discorre del diritto di far valere l'azione entro detto termine ma sancisce testualmente che "l'azione di prescrive..."), in quanto a prescindere dalla descritta peculiarità della disciplina della prescrizione per quanto non espressamente previsto - trovi applicazione la disciplina generale in tema di prescrizione, con la conseguente operatività, tra l'altro, delle ordinarie cause di interruzione e di sospensione.
Pertanto, secondo le Sezioni Unite, non solo le domande giudiziali ma anche gli atti di costituzione in mora (ai sensi dell’art. 2943 c.c., comma 4, che si concretano - in relazione al disposto di cui all'art. 1219 c.c. , comma 1, - in qualsiasi dichiarazione formale che, in generale, esprima univocamente la pretesa del creditore all'adempimento) da parte del compratore costituiscono cause idonee di interruzione della prescrizione. Una volta che, entro l’anno della consegna si faccia ricorso a tali atti inizia a decorrere un nuovo periodo di prescrizione di un anno (ai sensi della norma generale di cui all'art. 2945 c.c. , comma 1) e l'idoneità interruttiva di tali atti persegue anche lo scopo - in presenza, peraltro, di un termine così breve - di favorire una risoluzione (stragiudiziale) preventiva della possibile controversia rispetto all'opzione, a tutela delle ragioni del compratore, per la scelta di vedersi riconosciuto il diritto alla garanzia (e di ottenere uno degli effetti giuridici favorevoli previsti dalla legge) solo mediante l'esercizio dell'azione in via giudiziale.