Il fenomeno degli incidenti stradali causati da animali selvatici che attraversano improvvisamente la strada provocando danni alle auto e agli automobilisti nel nostro paese è in continuo aumento e di conseguenza sono sempre di più le richieste di risarcimento danni di questi ultimi nei confronti degli enti proprietari delle strade.
La stragrande maggioranza delle suddette richieste finiscono sui banchi della magistratura, che viene chiamata a pronunciarsi in merito all’individuazione dei casi in cui l’ente proprietario della strada è tenuto al risarcimento dei danni in favore degli automobilisti coinvolti nei sinistri con gli animali selvatici e il soggetto sul quale incombe l’onere della prova.
Sulla questione si è pronunciata di recente la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 6284/2019, pubblicata il 4 marzo scorso, affermando che il danneggiato deve fornire la prova di una concreta condotta colposa ascrivibile all’ente e della riconducibilità dell’evento dannoso, in base ai principi sulla causalità omissiva, al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria.
IL CASO: Nella vicenda approdata all’esame della Suprema Corte di Cassazione, un automobilista citava in giudizio la Regione al fine di vedersi riconoscere il diritto ad ottenere il risarcimento dei danni subiti, mentre percorreva con la propria autovettura una strada, a seguito dell’improvviso attraversamento della carreggiata da parte di un cinghiale.
Sia il Tribunale che la Corte di Appello rigettavano la domanda dell’automobilista che interponeva, quindi, ricorso per cassazione.
Secondo la Corte territoriale l’automobilista:
non aveva adeguatamente allegato e dimostrato la sussistenza di una specifica condotta colposa dell'ente convenuto relativamente ai suoi compiti di tutela e gestione della fauna selvatica, alla quale potesse attribuirsi efficienza causale con riguardo all'incidente stradale oggetto della richiesta del risarcimento danni;
non aveva fornito la prova che il luogo dove si era verificato l'incidente fosse abitualmente frequentato da animali selvatici (e che quindi fosse necessario predisporre particolari e specifiche misure dirette ad evitare l'invasione della carreggiata stradale da parte della fauna selvatica, proprio in relazione a quel tratto stradale).
Sempre secondo il giudice di merito, la mancanza delle misure di prevenzione e sicurezza alle quali aveva fatto riferimento l’automobilista per addebitare all’ente convenuto la colpa omissiva avevano carattere talmente generale che non poteva ritenersi sufficientemente dimostrato che la loro concreta adozione avrebbe effettivamente impedito l'incidente in cui era rimasto coinvolto.
LA DECISIONE: Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo la decisione impugnata conforme ai principi affermati dagli stessi giudici di legittimità in tema di responsabilità per danni causati dalla fauna selvatica, secondo i quali "la responsabilità per i danni causati dalla fauna selvatica è disciplinata dalle regole generali di cui all'art. 2043 c.c. e non dalle regole di cui all'art. 2052 c.c.; non è quindi possibile riconoscere una siffatta responsabilità semplicemente sulla base della individuazione dell'ente cui la normativa nazionale e regionale affida in generale il compito di tutela della suddetta fauna, occorrendo la puntuale allegazione e la prova, il cui onere spetta all'attore danneggiato in base alle regole generali, di una concreta condotta colposa ascrivibile all'ente, e della riconducibilità dell'evento dannoso, in base ai principi sulla causalità omissiva, al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria" ( Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 18955 del 31/07/2017, non massimata; Sez. 6-3, Ordinanza n. 22525 del 24/09/2018).
Cassazione civile Sez. VI - 3 Ordinanza n. 6284 del 04/03/2019