Il diritto di satira, è quello che si realizza in una forma artistica che vuole suscitare l’ironia del destinatario, spingendosi sino al sarcasmo e alla irrisione. Tale diritto è previsto e tutelato dalla nostra Costituzione, ai sensi dell’articolo 31.
Sabato 19 Marzo 2022 |
Questo significa che grazie alla satira è concesso veicolare anche notizie non vere, poiché, se scopo della satira è proprio quello di far ridere, essa non deve necessariamente corrispondere a verità.
Nella satira, quindi, viene lasciato ampio spazio alla fantasia, quasi che questa non abbia limiti. Qualche limite però dovrebbe essere ricavato dal buonsenso, specialmente se non si vuole rischiare di trovarsi in mezzo ad un processo penale per diffamazione.
Chi non ha mai letto la notizia di qualche giornalista che, spingendosi magari un po’ troppo in là nella formulazione di un titolo accattivante, è stato querelato per diffamazione?
Caso eclatante, è sicuramente quello del giornalista V.F. che viene querelato un giorno sì e l’altro anche per titoli satirici che spesso e volentieri vengono giudicati non solo volgari ma infamanti.
Altro caso conosciuto alle cronache e arrivato all’attenzione dei giudici di Piazza Cavour, è quello di un noto editoriale abruzzese che aveva utilizzato una serie di frasi satiriche per gettare discredito su una nota associazione dei consumatori. Le parole e le frasi utilizzate erano del tipo:
"Cialtracons", "contro la diarrea prendete Codacons", "Codacons e diarrea..." e "Crollacons".
La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per chiarire se espressioni di questo tipo integrino o meno il reato di diffamazione Potrebbero costituire invece una forma legittima di esercizio del diritto di satira?
Vediamo insieme cosa hanno risposto gli Ermellini…
Secondo i Giudici di Piazza Cavour, è noto che la satira è configurabile alla stregua di un diritto soggettivo di rilevanza costituzionale e che, come tale, rientra a buona ragione nell'ambito di applicazione dell'articolo 21 della nostra Costituzione. Tale previsione è volta a tutelare la libertà di espressione del pensiero. Recita l’articolo 21:
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
E ancora: “Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni”.
Il fondamento del diritto di satira è individuabile nella sua natura di libera creazione, nella sua dimensione relazionale, ossia, come dice la Cassazione, “di messaggio sociale, nella sua funzione di controllo esercitato con l'ironia ed il sarcasmo nei confronti dei poteri di qualunque natura”.
Comunque si esprima e, cioè, sia che la satira venga veicolata tramite scritti, verbalmente o in forma di raffigurazione, la satira rappresenta una critica spesso impietosa, basata su una rappresentazione che enfatizza e deforma la realtà in modo da suscitare il riso nel destinatario del messaggio.
La peculiarità della satira, è quella di esprimersi attraverso il paradosso e la metafora surreale, tali da sottrarla al parametro della verità. In questo senso si differenzia rispetto alla cronaca che trova, pur sempre, fondamento nell’articolo 21 della nostra Costituzione, in quanto libera manifestazione del pensiero, ma che si contraddistingue rispetto alle varie forme di espressione, principalmente per due ragioni:
si manifesta attraverso la narrazione di fatti;
si rivolge alla collettività indiscriminata.
Essendo la cronaca narrazione di fatti rivolta alla collettività, se ne deduce che la sua funzione è quella di informare, in maniera quanto più possibile veritiera e adiacente alla realtà.
A differenza della cronaca che, avendo la finalità di fornire informazioni su fatti e persone, è soggetta al vaglio del riscontro storico, la satira assume i connotati dell'inverosimiglianza e dell'iperbole. La satira, in sostanza, si configura come riproduzione ironica e non cronaca di un determinato fatto; essa consente di esprimere un giudizio che necessariamente assume connotazioni soggettive ed opinabili, e si sottrae quindi ad una dimostrazione di veridicità.
Al linguaggio, essenzialmente simbolico e frequentemente svincolato da forme convenzionali, non si può applicare quindi il metro della correttezza dell'espressione.
Seppure, per definizione, incompatibile con il parametro della verità, la satira è, però, soggetta al limite della continenza e della funzionalità delle espressioni adoperate rispetto allo scopo di denuncia sociale perseguito.
L'utilizzo di espressioni di qualsiasi tipo, anche lesive della reputazione altrui deve essere sempre e comunque, quindi, strumentalmente collegato alla manifestazione di un dissenso ragionato dal soggetto o dal fatto preso di mira e non deve risolversi in un'aggressione gratuita e distruttiva dell'onore e della reputazione.
Si è quindi arrivati a riconoscere, sia nella giurisprudenza penale che in quella civile di legittimità che la satira, così come ogni altra manifestazione del pensiero, non può infrangere il rispetto dei valori fondamentali della persona, per cui non può essere riconosciuta la scriminante prevista dall’articolo 51 del codice penale (Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere) per le attribuzioni di condotte illecite o moralmente disonorevoli, per gli accostamenti volgari o ripugnanti, per la deformazione dell'immagine in modo da suscitare disprezzo della persona e ludibrio della sua immagine pubblica.
Per completezza, si segnala che l'evento lesivo della reputazione altrui attraverso la satira, tale da configurare il reato di diffamazione, può ealizzarsi, oltre che per il contenuto oggettivamente offensivo della frase autonomamente considerata, anche perché il contesto, in cui viene pronunciata, determina un mutamento del significato apparente della frase, diversamente non diffamatoria, dandole quanto meno un contenuto allusivo, percepibile dall'uomo medio come offensivo della dignità e della reputazione altrui.
In conclusione, pur riconoscendo la nostra Costituzione grande libertà di espressione a chi è deputato all’informazione, questi dovrebbero sempre essere mossi dal buonsenso.