Rito lavoro e violazione del termine a comparire: conseguenze

Rito lavoro e violazione del termine a comparire: conseguenze
Mercoledi 19 Settembre 2018

Con l’ordinanza n. 22166/2018, pubblicata il 12 settembre scorso, la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito alle conseguenze derivanti dal mancato la rispetto, nel rito del lavoro, del termine non minore di venticinque giorni dalla notifica dell’appello e dell’udienza di discussione, previsto dal 3° comma dell’articolo 435 c.p.c., ribadendo che la suddetta violazione non comporta l’improcedibilità, ma la nullità che può essere sanata “ex tunc” o con la costituzione dell’appellato oppure con la rinnovazione del termine per la notifica ex art. 291 c.p.c.

IL CASO: la vicenda esaminata dagli Ermellini prende spunto dalla dichiarazione di improcedibilità di un giudizio di appello promosso da una Cassa di Previdenza professionale avverso la sentenza del Tribunale che aveva riconosciuto il diritto di un professionista ad usufruire di alcune prestazioni previdenziali. L’improcedibilità del gravame era stata dichiarata per tardività della notifica dell’impugnazione da parte dell’Ente Previdenziale in quanto eseguita senza il rispetto del termine minino a comparire di venticinque giorni antecedenti alla prima udienza fissata per la discussione (termine di natura perentoria, secondo la Corte di Appello) e nessuna giustificazione della tardività della notifica era stata allegata dall’appellante. La sentenza di secondo grado veniva impugnata in Cassazione da parte della Cassa di Previdenza la quale deduceva, fra l’altro, la natura ordinatario del termine previsto dal terzo comma dell’articolo 435 c.p.c., in mancanza di una espressa previsioni di perentorietà.

LA DECISIONE: I Giudici di legittimità hanno ritenuto fondato il motivo del ricorso e nell’accoglierlo hanno cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello in diversa composizione, ribadendo il principio gia’ affermato in altri arresti giurisprudenziali secondo il quale “ Nel rito del lavoro, la violazione del termine non minore di venticinque giorni che, a norma dell’art. 435, comma 3, c.p.c., deve intercorrere tra la data di notifica dell’atto di Appello e quella dell’udienza di discussione, non comporta l’improcedibilità dell’impugnazione, come nel caso di omessa o inesistente notificazione bensì la nullità di quest’ultima, sanabile “ex tunc” per effetto di spontanea costituzione dell’appellato o di rinnovazione, disposta dal giudice ex ar. 291 c.p.c.” (Cass. n. 9404 del 17 aprile 2018).

Allegato:

Cassazione civile Sez. VI - Lavoro Ordinanza n. 22166 del 12/09/2018

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