Il medico di base, contrariamente al medico di guardia, non è istituzionalmente preposto a soddisfare le urgenze, le quali rimangono affidate al servizio sanitario di urgenza ed emergenza medica già denominato 118.
Martedi 25 Giugno 2024 |
Tale principio è stato espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 24722/2024 nell'ambito di un procedimento a carico di un medico di famiglia inputato del reato di rifiuto di atti d'ufficio.
Il caso: la Corte di appello di Palermo assolveva dal reato di rifiuto di atti d'ufficio (art. 328, comma l, cod. pen.) il Dr. Tizio il quale era stato condannato in primo grado perché, in qualità di medico di assistenza primaria, aveva omesso di effettuare, nonostante le continue richieste di intervento dei familiari, una visita domiciliare a scopo diagnostico e terapeutico ad un assistito che lamentava forti dolori a seguito caduta accidentale, anziano e affetto da patologie (Parkinson avanzato, cardiopatia ischemica cronica), condizioni che gli impedivano di recarsi presso l'ambulatorio.
Avverso la sentenza ricorre il Procuratore Generale presso la Corte d'appello di Palermo, rilevando che:
la Corte d'Appello non aveva considerato quanto disposto dall'art. 47, comma l, dell'Accordo Collettivo Nazionale vigente all'epoca dei fatti (del 23/03/2005), a mente del quale “l'attività medica viene prestata nello studio del medico o a domicilio, avuto riguardo alla non trasferibilità dell'ammalato”,
al contrario, tale disposizione era stata menzionata nella sentenza di primo grado, dalla quale deriverebbe la fonte dell'obbligo di agire, tale da giustificare l'integrazione del reato omissivo, oltre al dedotto vizio motivazionale.
Per la Cassazione il ricorso è infondato: sul punto osserva quanto segue:
a) i Giudici di secondo grado hanno ritenuto che il medico di base, contrariamente al medico di guardia, non è istituzionalmente preposto a soddisfare le urgenze, le quali rimangono affidate al servizio sanitario di urgenza ed emergenza medica già denominato 118;
b) nessuna lacuna motivazionale è, dunque, ravvisabile nella sentenza impugnata la quale distingue, al contrario, in modo netto, il profilo della trasferibilità del paziente (toccato dal citato Accordo Nazionale) da quello dell'urgenza della prestazione richiesta: urgenza in presenza della quale – come nel caso di specie - , trasferibile o meno che fosse il paziente, i Giudici hanno ritenuto scattasse la competenza di altra articolazione sanitaria, e cioè, nella specie, dei medici del c.d. 118;
c) tale ricostruzione non è illogica e tantomeno destituita di fondamento dal punto di vista della teoria del reato: anzi, assume in modo corretto una ripartizione di ruoli la quale deve orientare l'interprete nell'individuazione dell'obbligo giuridico che, sempre, nei reati omissivi - anche quelli C.d. propri - costituisce il fondamento della tipicità penale;
d) una distinzione di ruoli che trova la sua ratio nell'esigenza di assicurare il miglior assolvimento delle funzioni all'interno di un'organizzazione complessa qual è il sistema sanitario, consentendo a ciascun operatore del settore di concentrarsi sui propri compiti specifici; distinzione che, inoltre, nei casi come quello di specie, risponde inoltre all'esigenza di evitare sovrapposizioni non soltanto inutili (il medico di base non essendo attrezzato per far fronte alle urgenze), ma anche potenzialmente dannose, ove - come ben possibile - foriere di ritardi e confusioni.