La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 19364/2023 ha chiarito i presupposti idonei ad integrare il resto di minaccia e l'ambito di indagine del giudice.
Giovedi 11 Maggio 2023 |
Il caso: il Tribunale di Benevento confermava la pronuncia resa dal Giudice di pace di Benevento, che aveva condannato Caio per il reato di minaccia alla pena di euro 500,00 di multa, nonché al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, e alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile costituita: nel caso di specie, Caio aveva minacciato un ingiusto danno a Mevio, il quale aveva segnalato alcune irregolarità nell'uso di una sua delega nel corso dell'assemblea del Club di cui il predetto era socio e l'imputato presidente del collegio dei probiviri, gli aveva detto "finiscila con questa storia delle deleghe, altrimenti ti roviniamo come uomo e come allevatore".
Caio, tramite il proprio difensore, ricorre in Cassazione, deducendo, come quarto motivo, inosservanza ed erronea applicazione di legge rispetto alla qualificazione come minaccia delle frasi asseritamente pronunciate nei confronti della persona offesa che non sarebbero state serie, non avrebbero prospettato un male ingiusto e non avrebbero potuto determinare in Mevio alcun timore o turbamento psichico, anche alla luce del contesto nel quale erano state pronunciate.
Per la Cassazione il motivo è infondato: sul punto ricorda che:
a) quanto ai presupposti del delitto di cui all'art. 612 cod. pen., la gravità della minaccia deve essere accertata avendo riguardo, in particolare, al tenore delle eventuali espressioni verbali ed al contesto nel quale esse si collocano, onde verificare se, ed in quale grado, la condotta minatoria abbia ingenerato timore o turbamento nella persona offesa;
b) il Tribunale di Benevento ha fatto buon governo di tale principio, in quanto le frasi pronunciate dall'imputato erano in concreto idonee a generare il timore della persona offesa di subire un danno grave ed ingiusto, stante la posizione di preminenza rivestita dal ricorrente, in qualità di Presidente dei probiviri, nel Club, posizione che, nella prospettiva di un semplice socio, era effettivamente idonea a determinare nello stesso il timore di subire il pregiudizio minacciato.