Rapporto avvocato/cliente: quando il legale può non opporre il segreto professionale

Rapporto avvocato/cliente: quando il legale può non opporre il segreto professionale

Con la sentenza n. 22253 del 25 settembre 2017 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione interviene in tema di testimonianza resa da un avvocato nell'ambito di un processo penale a carico di un suo ex cliente.

Lunedi 2 Ottobre 2017

Il caso: l'avvocato D.G.M. veniva sottoposto a procedimento disciplinare dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati che all'esito gli infliggeva la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione per la durata di mesi due, ritenendolo responsabile del seguente addebito: «Essere venuto meno ai doveri di lealtà per avere reso testimonianza, su fatti appresi nell'esecuzione del mandato, contro la ex cliente B.C., in un procedimento penale».

In particolare, veniva contestato al legale di aver dichiarato, quale testimone sentito nel procedimento penale promosso nei confronti della ex cliente a seguito di querela proposta dall'avvocato S.A., sua collaboratrice di studio, che la medesima B.C. era affetta da "una sorta di compulsività maniacale" e da "mania di persecuzione", che aveva in passato oltraggiato un agente di custodia e che, infine, aveva gravemente e reiteratamente insultato la sua collaboratrice.

Sul gravame proposto dal legale, il Consiglio Nazionale Forense confermava la decisione di primo grado.

Il legale ricorre quindi in Cassazione, rilevando in particolare che il C.N.F. aveva erroneamente interpretato gli artt. 58 e 9 del Codice Deontologico vigente ratione temporis, in quanto aveva ricompreso nel divieto di testimonianza dell'avvocato fatti non appresi nell'ambito del mandato ricevuto, ma avvenuti nel studio del medesimo successivamente alla conclusione del mandato e del tutto estranei a quest'ultimo.

La Cassazione, nel ritenere fondato il motivo di impugnazione, osserva che:

  • l'art. 58 del Codice deontologico vigente ratione temporis, stabilisce, relativamente alla "testimonianza dell'avvocato", che «Per quanto possibile, l'avvocato deve astenersi dal deporre come testimone su circostanze apprese nell'esercizio della propria attività professionale e inerenti al mandato ricevuto. L'avvocato non deve mai impegnare di fronte al giudice la propria parola sulla verità dei fatti esposti in giudizio. Qualora l'avvocato intenda presentarsi come testimone dovrà rinunciare al mandato e non potrà riassumerlo».

  • l'ufficio di testimone comporta, per chi ne è onerato, l'obbligo di presentarsi dinanzi al giudice e l'ulteriore obbligo di "rispondere secondo verità alle domande che gli sono rivolte" (art. 198 c.p.p.); l 'art. 200 c.p.p., prevede, tuttavia, che alcuni soggetti che ricoprono particolari uffici o esercitano particolari professioni, tra i quali gli avvocati, non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del loro ufficio o professione, riconoscendo così ad essi la facoltà di opporre il "segreto professionale" e di essere esentati dall'obbligo di deporre;

  • il segreto professionale dell'avvocato, quindi, vale solo ed esclusivamente con riferimento alle "circostanze di fatto apprese nell'esercizio della propria attività professionale e inerenti al mandato ricevuto”; nel caso di specie, non risulta che il legale abbia reso testimonianza su fatti e circostanze apprese nel corso del mandato difensivo conferitogli da B.C. e inerenti allo stesso: infatti il legale aveva difeso la B. in un processo per stupefacenti;

  • nel caso di specie, gli apprezzamenti del legale sulla personalità della B. (il riferimento alla "compulsività maniacale" e alla "mania di persecuzione") non costituiscono fatti o circostanze empiriche che ricadono nel divieto del difensore di rendere testimonianza, trattandosi invece di opinioni ed apprezzamenti circa la personalità dell'imputata, per nulla collegati al rapporto di mandato difensivo intercorso tra i due;

  • la sentenza impugnata, pertanto, risulta affetta dal vizio di "falsa applicazione della norma", per avere applicato alla fattispecie fattuale concreta, così come accertata nel giudizio di merito, l'art. 58 del codice deontologico relativa ad una fattispecie astratta per nulla pertinente.

Esito: accoglimento del ricorso con compensazione delle spese.

Allegato:

Cass. civile Sez. Unite Sentenza del 25/09/2017 n.22253

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