Professionisti: non bastano i soli controlli bancari per giustificare l'accertamento

Professionisti: non bastano i soli controlli bancari per giustificare l'accertamento

La presunzione che pone, quali ricavi, i prelievi e i versamenti bancari non contabilizzati si riferisce ai soli imprenditori e non ai lavoratori autonomi o ai professionisti intellettuali, essendo venuta meno la modifica normativa a seguito della sentenza n. 228/2014 della Corte Costituzionale.

Decisione: Sentenza n. 12779/2016 Cassazione Civile.

Mercoledi 11 Gennaio 2017

Il caso.

Un professionista ricorreva in Cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale che aveva accolto solo parzialmente l'appello proposto dal contribuente.

L'Agenzia delle Entrate aveva recuperato a tassazione maggiori redditi di lavoro autonomo mediante accertamenti bancari, ricostruiti attraverso il metodo analitico-induttivo di cui all'art. 39, comma 1, lettera d) del D.P.R. n. 600/1973.

La Suprema Corte accoglie il ricorso del contribuente e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale in diversa composizione per un nuovo esame della questione.

La decisione.

Prima di entrare nel merito, il Collegio richiama una precedente sentenza relativa agli effetti della declaratoria di illegittimità costituzionale: «questa Corte, esaminando casi siffatti, nei quali si profila un ius superveniens a seguito di pronuncia di accoglimento dell'incidente di costituzionalità, ha stabilito il principio di diritto secondo cui "il mutamento normativo prodotto da una pronuncia d'illegittimità costituzionale, configurandosi come "ius superveniens", impone, anche nella fase di cassazione, la disapplicazione della norma dichiarata illegittima e l'applicazione della disciplina risultante dalla decisione anzidetta; con l'ulteriore conseguenza che, ove la nuova situazione di diritto obiettivo derivata dalla sentenza d'incostituzionalità (nella specie, n. 240 del 1994, in tema di cosiddetta cristallizzazione) richieda accertamenti di fatto non necessari alla stregua della precedente disciplina, questi debbono essere compiuti in sede di merito, al qual fine, ove il processo si trovi nella fase di cassazione, deve disporsi il rinvio della causa al giudice di appello." (cfr. Cass. Sez. L, Sentenza n. 4349 del 1995)».

E quindi riprende quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la pronuncia n. 228 del 2014: «È costituzionalmente illegittimo, per violazione degli arti. 3 e 53 Cost., l'art. 32, comma 1, n. 2), secondo periodo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), come modificato dall'art. 1, comma 402, le ti. a), n. 1), della legge 30 dicembre 2004, n. 311, limitatamente alle parole «o compensi». La norma - oltre a disporre che i dati ed elementi trasmessi su richiesta, rilevati direttamente ovvero nei controlli relativi alle imposte sulla produzione o consumo, sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli arti. 38, 39, 40 e 41 del medesimo d.P.R. n. 600 del 1973, salvo che il contribuente dimostri che ne ha tenuto conto nella determinazione dei redditi o che essi non hanno rilevanza a tal fine - prevede che i prelevamenti o gli importi riscossi nell'ambito delle predette operazioni sono posti come ricavi o compensi a base delle rettifiche e degli accertamenti (e sono quindi assoggettabili a tassazione), se il contribuente non ne indica i soggetti beneficiari e sempreché non risultino dalle scritture contabili. L'ambito operativo di tale presunzione, originariamente limitato unicamente agli imprenditori, è stato poi esteso ai lavoratori autonomi dall'art. 1 della legge n. 311 del 2004 (inserendo anche i «compensi»). Proprio tale ultima estensione è lesiva del principio di ragionevolezza nonché della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell'ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito. Infatti la figure del lavoratore autonomo, pur essendo per molti versi affine a quella dell'imprenditore sia nel diritto interno sia nel diritto comunitario, presenta specificità tali da far ritenere arbitraria l'omogeneità di trattamento. In particolare, l'attività svolta dai lavoratori autonomi si caratterizza per la preminenza dell'apporto del lavoro proprio e la marginalità dell'apparato organizzativo, che è quasi del tutto assente nei casi in cui è più accentuata la natura intellettuale dell'attività svolta, come per le professioni liberali. Inoltre, la non ragionevolezza della presunzione è avvalorata dal fatto che gli eventuali prelevamenti vengono ad inserirsi in un sistema di contabilità semplificata di cui generalmente e legittimamente si avvale la categoria. Infine, la norma non può trovare giustificazione nell'esigenza di combattere l'evasione fiscale rilevante nel settore in quanto essa trova una risposta nella recente produzione normativa sulla tracciabilità dei movimenti finanziari che oltre ad essere uno strumento di lotta al riciclaggio di capitali di provenienza illecita, persegue il dichiarato fine di contrastare l'evasione o l'elusione fiscale attraverso la limitazione dei pagamenti effettuati in contanti che si possono prestare ad operazioni "in nero"».

E ne trae le conseguenze: «Il venir meno dell'equiparazione tra il professionista e l'impresa, sul piano delle indagini bancarie svolte a carico dei contribuenti, è stata poi pienamente recepita da questa Corte che, con la sentenza (Sez. 5) n. 23041 del 2015, ha affermato il principio di diritto secondo cui « la presunzione di cui all'art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, secondo cui sia i prelevamenti sia i versamenti operati sui conti correnti bancari, non annotati contabilmente, vanno imputati ai ricavi conseguiti, nella propria attività, dal contribuente che non ne dimostri l'inclusione nella base imponibile oppure l'estraneità alla produzione del reddito, si riferisce ai soli imprenditori e non anche ai lavoratori autonomi o professionisti intellettuali, essendo venuta meno, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, la modifica della citata disposizione, apportata dall'art. 1, comma 402, della legge n. 311 del 2004, sicché non è più sostenibile l'equiparazione, ai fini della presunzione, tra attività d'impresa e professionale per gli anni anteriori».

La Cassazione accoglie quindi il ricorso del contribuente, cassa la sentenza impugnata e rinvia al giudice di appello per il riesame della causa.

Osservazioni.

La Suprema Corte aveva già da tempo stabilito il principio di diritto che dal mutamento normativo determinato da una pronuncia di illegittimità costituzionale si deve tener conto anche nella fase di cassazione, disapplicando la norma dichiarata illegittima.

Aveva stabilito, inoltre, che nel caso il nuovo assetto normativo derivante dalla sentenza d'incostituzionalità richieda accertamenti di fatto che si prospettavano non necessari in base alla disciplina precedente, si deve operare il rinvio al giudice di appello per compierli.


Disposizioni rilevanti.

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 29 settembre 1973, n. 600

Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi

Vigente al: 28-12-2016

TITOLO IV ACCERTAMENTO E CONTROLLI

Art. 39 - Redditi determinati in base alle scritture contabili

Per i redditi d'impresa delle persone fisiche l'ufficio procede alla rettifica:

a) se gli elementi indicati nella dichiarazione non corrispondono a quelli del bilancio, del conto dei profitti e delle perdite e dell'eventuale prospetto di cui al comma 1 dell'articolo 3;

b) se non sono state esattamente applicate le disposizioni del titolo I, capo VI, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni;

c) se l'incompletezza, la falsità o l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta in modo certo e diretto dai verbali e dai questionari di cui ai numeri 2) e 4) del primo comma dell'articolo 32, dagli atti, documenti e registri esibiti o trasmessi ai sensi del numero 3) dello stesso comma, dalle dichiarazioni di altri soggetti previste negli articoli 6 e 7, dai verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti o da altri atti e documenti in possesso dell'ufficio;

d) se l'incompletezza, la falsità o l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall'ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all'articolo 33 ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all'impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall'ufficio nei modi previsti dall'articolo 32. L'esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti.

In deroga alle disposizioni del comma precedente l'ufficio delle imposte determina il reddito d'impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di cui alla lettera d) del precedente comma:

a) quando il reddito d'impresa non è stato indicato nella dichiarazione;

b) LETTERA ABROGATA DAL D.LGS. 9 LUGLIO 1997, N.241;

c) quando dal verbale di ispezione redatto ai sensi dell'art. 33 risulta che il contribuente non ha tenuto o ha comunque sottratto all'ispezione una o più delle scritture contabili prescritte dall'art. 14 ovvero quando le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza maggiore;

d) quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate ai sensi del precedente comma ovvero le irregolarità formali delle scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica. Le scritture ausiliarie di magazzino non si considerano irregolari se gli errori e le omissioni sono contenuti entro i normali limiti di tolleranza delle quantità annotate nel carico o nello scarico e dei costi specifici imputati nelle schede di lavorazione ai sensi della lettera d) del primo comma dell'art. 14 del presente decreto.

d-bis) quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell'articolo 32, primo comma, numeri 3) e 4), del presente decreto o dell'articolo 51, secondo comma, numeri 3) e 4), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

d-ter) in caso di omessa presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore o di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, nonché di infedele compilazione dei predetti modelli che comporti una differenza superiore al 15 per cento, o comunque ad euro 50.000, tra i ricavi o compensi stimati applicando gli studi di settore sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei dati indicati in dichiarazione.

Le disposizioni dei commi precedenti valgono, in quanto applicabili, anche per i redditi delle imprese minori e per quelli derivanti dall'esercizio di arti e professioni, con riferimento alle scritture contabili rispettivamente indicate negli articoli 18 e 19. Il reddito d'impresa dei soggetti indicati nel quarto comma dell'art. 18, che non hanno provveduto agli adempimenti contabili di cui ai precedenti commi dello stesso articolo, è determinato in ogni caso ai sensi del secondo comma del presente articolo.

Allegato:

Cassazione civile Sez. V, Sentenza n. 12779 del 21/06/2016

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