Processo penale minorile e irrilevanza del fatto: applicabile l’art. 27 d.p.r. 448/1988

Nota a sentenza Cass. Pen. 49494/2019  
Dott.ssa Chiara Gambelunghe.
Processo penale minorile e irrilevanza del fatto: applicabile l’art. 27 d.p.r. 448/1988

La Suprema Corte ha affermato che nel caso di processo penale a carico di minori, non si applica la previsione generale dell'art. 131-bis c.p. sull'esclusione della punibilità per tenuità del fatto, ma l'art. 27 del Codice del processo penale minorile sulla irrilevanza del fatto, in quanto legge speciale, posta a protezione e tutela del minore.

Martedi 25 Febbraio 2020

Il concorso tra le due norme è pertanto solo apparente, risolvendosi con l'applicazione della norma più specifica, rispondendo, le due disposizioni, ad una diversa ratio.

La seconda sezione della Cassazione Penale, con la sentenza in epigrafe, si è pronunciata sul complesso tema del concorso apparente di norme, affermando che in caso di processo a carico di minori, non si applica l’art. 131-bis c.p., in quanto la materia risulta regolata dall’art. 27 D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, quale legge penale speciale che trova preminente applicazione. 

Il caso riguarda la condanna in primo e secondo grado di un minore per il reato di danneggiamento aggravato. L’imputato proponeva ricorso in Cassazione affidato al seguente motivo: violazione dell’art. 131-bis c.p. per mancato riconoscimento dell’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.

La Corte rigettava il ricorso, ravvisandone l’infondatezza ed affermando nel contempo importanti principi di diritto. In primis, l’art. 27 del Codice del processo penale minorile (D.P.R. 448/1988) ha introdotto l’ istituto della irrilevanza del fatto, stabilendo che in sede di indagini preliminari il PM chieda al giudice sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, laddove sussistano contestualmente presupposti come tenuità del fatto, occasionalità della condotta e pregiudizio alle esigenze educative del minore in caso di prosieguo del processo. Sulla portata applicativa dell’art. 131-bis c.p. che esclude, per certi reati, la punibilità nel caso di offesa di particolare tenuità e non abitualità della condotta, non sono ravvisabili precedenti dai quali emergano orientamenti giurisprudenziali e posizioni contrastanti in senso alle sezioni semplici, non essendosi  in tal modo, resa necessaria la rimessione alle Sezioni Unite.

Ad ogni buon conto, in un caso analogo, la Cassazione Penale a Sezioni Unite (Cass. Pen. SS.UU. 53683/2017) ha escluso l’applicabilità della disciplina ex art. 131-bis c.p. ai procedimenti di competenza del giudice di pace, trattandosi di riti distinti ai quali si applicano norme differenti, a quest’ultimo, in particolare, l’art. 34 D. Lgs. 274/2000, disposizione che prevede una causa di non punibilità diversa nei presupposti da quella dell’art. 131-bis c.p., rispondendo a esigenze e finalità conciliative proprie del processo dinanzi al magistrato onorario.

Tale distinguo, basato sulla diversità sostanziale e applicativa tra due istituti giuridici, risulta a ben vedere estensibile anche al processo penale minorile, nel quale l’applicabilità dell’art. 27 D.P.R. 448/1988 è giustificata dalla valutazione del minore imputato, quale soggetto la cui personalità risulta ancora in via di definizione e il cui sviluppo potrebbe subire un arresto a seguito di un procedimento giudiziario che segua il rito ordinario.

Pertanto, la differenza tra le due disposizioni -art. 27 D.P.R. 448/1988 e art. 131-bis c.p.- è principalmente nei presupposti sostanziali e ontologici; infatti, se l’esclusione generale della punibilità per particolare tenuità del fatto risponde a esigenze deflative -laddove il fatto risulti minimamente offensivo del bene interesse tutelato- l’art. 27 è volto alla tutela e protezione del minore, esigenza che si manifesta anche nella previsione secondo cui la sentenza penale non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile per le restituzioni e il risarcimento del danno originato dal reato. 

Inoltre, nell’art. 131-bis c.p. si ha esclusione della punibilità in caso di comportamento non abituale, intendendo per abitualità della condotta un soggetto, autore di reato, che abbia ricevuto una dichiarazione di delinquenza abituale, per professione o per tendenza, elementi all’evidenza ravvisabili in un soggetto adulto che abbia raggiunto un certo grado di maturità, non in un minore.   Ne consegue che il criterio dirimente per la risoluzione del concorso apparente tra le due norme è ravvisabile non nel principio di specialità ex art. 15 c.p., ma nell’art. 16 c.p. alla luce del quale “Le  disposizioni di questo codice si applicano anche alle materie regolate da altre leggi penali, in quanto non sia da queste stabilito altrimenti”.  

Viene, pertanto, affermata l’estensibilità delle norme codicistiche generali anche alle materie disciplinate da altre leggi penali, a condizione che tali ultime non abbiano già disposto diversamente sulla specifica materia, pertanto che non via sia una clausola di riserva o salvaguardia della disciplina speciale. La legge penale speciale risulta quindi applicabile solo nel caso in cui dal confronto con la normativa generale emerga una differenza ontologica, finalistica e sistematica tra gli istituti; l’attività ermeneutica volta a superare il concorso apparente richiede pertanto di analizzare il disposto delle norme in base alla funzione che le stesse svolgono nel sistema di riferimento, non limitandosi ad un confronto soltanto letterale tra le stesse.

Stante ciò, la Corte, nell’estendere al caso de quo i suesposti principi di diritto elaborati dalle Sezioni Unite, ha stabilito che l’art. 27 DPR 448/1988 contiene una compiuta disciplina della materia, coerente col fine ultimo del processo penale minorile teso alla protezione del minore, elemento che di per sé esclude ogni operatività della disciplina generale ex art. 131-bis c.p., quindi anche dell’art. 15 c.p. che ravvisa nel principio di specialità il criterio di risoluzione del conflitto tra norme regolatrici della stessa materia. Nella fattispecie, l’operazione di confronto tra le due norme è preclusa a priori, data la specificità del processo penale a carico di minori che prevede una esaustiva e dettagliata normativa applicabile dai giudici in via esclusiva.

Chiara Gambelunghe, dottoressa in legge

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