Con l’ordinanza n. 4433/2020, pubblicata il 20 febbraio 2020, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla natura del termine per il deposito dei documenti nel processo tributario.
Mercoledi 26 Febbraio 2020 |
IL CASO: La vicenda esaminata dai giudici di legittimità nasce dall’impugnazione di una comunicazione di iscrizione ipotecaria derivante da cartelle di pagamento per crediti diversi, anche non tributari, con la quale un contribuente deduceva la nullità della notifica in quanto effettuata a mezzo del servizio postale e prive della relata di notifica, la mancanza del previo avviso bonario e la carenza di motivazione.
Il ricorso veniva accolto dalla Commissione Tributaria Provinciale per la presunta mancanza di prova della regolare notifica delle cartelle.
La sentenza di prime cure veniva confermata in sede di gravame interposto dall’Agenzia delle Entrate, nel quale si costituiva l’Agente della Riscossione, rimasto contumace in primo grado, producendo la documentazione attestante la regolarità della notifica delle suddette cartelle.
La questione giungeva così all’esame della Corte di Cassazione sul ricorso, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, interposto dall’Agente della Riscossione la quale deduceva fra l’altro, l’erroneità della decisione impugnata in merito alla produzione di documenti in appello, avendo depositato, seppure in questa sede, essendo rimasta contumace in primo grado, la documentazione comprovante la regolare notifica delle cartelle di pagamento.
LA DECISIONE: Con l’ordinanza in commento, la Cassazione ha ritenuto il motivo del ricorso fondato, ribadendo l’orientamento espresso in altri arresti secondo il quale “Nell’ambito del processo tributario, l'art. 58 del d.lgs. n. 546 del 1992 fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti anche al di fuori degli stretti limiti posti dall'art. 345 c.p.c., ma tale attività processuale va esercitata - stante il richiamo operato dall'art. 61 del citato d.lgs. alle norme relative al giudizio di primo grado - entro il termine previsto dall'art. 32, comma 1, dello stesso decreto, ossia fino a venti giorni liberi prima dell'udienza, con l'osservanza delle formalità di cui all'art. 24, comma 1, dovendo, peraltro, tale termine ritenersi, anche in assenza di espressa previsione legislativa, di natura perentoria, e quindi previsto a pena di decadenza, rilevabile d'ufficio dal giudice anche nel caso di rinvio meramente interlocutorio dell'udienza o di mancata opposizione della controparte alla produzione tardiva” (Cass. n. 29087/2018).
“Nel processo tributario, poiché l'art. 58 del d.lgs. n. 546 del 1992 consente la produzione in appello di qualsiasi documento, la stessa può essere effettuata anche dalla parte rimasta contumace in primo grado, poiché il divieto posto dall'art. 57 del detto decreto riguarda unicamente le eccezioni in senso stretto” (Cass. n. 29568/2018).