E’ noto che nel processo civile la parte che vuole avvalersi di una prova testimoniale per provare le circostanze poste a fondamento della propria domanda o delle proprie difese deve articolare i capitoli di prova ed indicare i soggetti che devono essere escussi, a pena di decadenza, nel processo ordinario di cognizione con la memoria ex art. 183, VI° comma c.p.c., secondo termine e nel processo del lavoro con il ricorso ex art. 414 c.p.c.
A mente dell’art. 244 c.p.c. “La prova per testimoni deve essere dedotta mediante indicazione specifica delle persone da interrogare e dei fatti, formulati in articoli separati, sui quali ciascuna di esse deve essere interrogata”.
Quindi, in linea generale, non è consentito alle parti di sostituire i testimoni indicati in precedenza con la memoria ex art. 183 c.p.c., VI° comma c.p.c. nel giudizio ordinario di cognizione e con il ricorso ex art. 414 c.p.c. nel processo del lavoro.
Poiché tra la data del deposito delle memorie e del ricorso decorre un lasso di tempo abbastanza lungo, può succedere che nelle more uno dei testimoni indicati muore o diventa incapace.
In questi casi è consentito alla parte procedere alla sostituzione?
La quaestio iuris è stata affrontata dalla Corte di Cassazione di recente con l’ordinanza n. 8929/2019.
IL CASO: La vicenda esaminata dai giudici della Suprema Corte nasce dal giudizio promosso da un soggetto nei confronti del proprio vicino con il quale l’attore chiedeva che venisse ordinata al convenuto la rimozione di alcune opere che quest’ultimo aveva realizzato violando le distanze legali con conseguente richiesta di risarcimento dei danni. Il convenuto nel costituirsi in giudizio deduceva che non si era in presenza di nessuna violazione delle distanze legali in quanto le suddette opere erano state realizzate da oltre vent’anni e cioè sin dall’epoca della costruzione del fabbricato e all’epoca della costruzione non esisteva nessun regolamento comunale.
La domanda veniva accolta dal Tribunale e la sentenza di prime cure veniva confermata dalla Corte di Appello in sede di gravame interposto dal convenuto.
Quest’ultimo, poiché nelle more tra la data di ammissione della prova testimoniale e l’udienza fissata per l’escussione, un teste era deceduto e l’altro era stato colpito da una grave patologia che gli aveva impedito di essere presente, depositava istanza per la sostituzione, che veniva rigettata.
Secondo la Corte territoriale, l'assunzione di testi che non siano stati preventivamente e specificamente indicati, è consentita solo nei casi previsti dall'art. 257 c.p.c., la cui enunciazione deve ritenersi tassativa. Pertanto, la parte non può essere ammessa alla sostituzione di testimoni, deceduti prima dell'assunzione, con altri.
Il convenuto, rimasto soccombente in entrambi i gradi di giudizio, proponeva ricorso per Cassazione deducendo, fra l’altro, che solo la eccessiva durata del giudizio di merito ha determinato il verificarsi di eventi che hanno impedito ai testimoni originariamente indicati di essere escussi, mentre se il processo avesse avuto una durata contenuta e comunque si fosse svolto entro il termine massimo di cinque anni (tre anni per il primo grado e due per l'appello), come indicato dalla CEDU, il problema non si sarebbe posto perchè uno dei testimoni sarebbe stato ancora in vita e l'altro sarebbe stato in condizioni di efficienza fisica e psichica.
Inoltre, con il ricorso per Cassazione, il ricorrente sollevava la questione di legittimità costituzionale dell'art. 244 c.p.c. nella parte in cui, in violazione degli artt. 3 e 24 Cost., non consente alla parte che non sia incorsa in un inadempimento colpevole la sostituzione di un teste deceduto o gravemente ammalatosi nelle more tra il deposito della lista testi e l'udienza fissata per la escussione.
LA DECISIONE: Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il motivo del ricorso e nel rigettarlo ha osservato che:
1. È possibile procedere all’assunzione di testi che non siano stati preventivamente e specificamente indicati solo nei casi previsti dall'art. 257 c.p.c., la cui enunciazione deve ritenersi tassativa. Ciò in quanto l'obbligo della rituale indicazione è inderogabile e la preclusione prevista dall'art. 244 c.p.c. si inquadra nel principio, espresso dal successivo art. 245, secondo il quale il giudice provvede sull'ammissibilità delle prove proposte e sui testi da escutere con una valutazione sincrona e complessiva delle istanze che tutte le parti hanno sottoposto al suo esame;
2. Di conseguenza la parte non può pretendere di sostituire i testi deceduti prima della assunzione, con altri che non siano stati da essa stessa indicati nei modi e nei termini di cui all'art. 244 cit..
Inoltre gli Ermellini, hanno dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente in quanto, nel caso in cui vi è pericolo che stiano per mancare uno o più testimoni, le cui deposizioni possano essere necessarie nella causa da proporre o nella causa pendente, è riconosciuta alla parte il diritto di proporre istanza per l'audizione del testimone a futura memoria, la cui assunzione, peraltro, nei casi di eccezionale urgenza, può avvenire ad opera di un giudice del tribunale del luogo in cui la prova deve essere assunta.
Pertanto, hanno continuato i giudici di legittimità, nel caso in cui nel corso del giudizio di merito, sia sopravvenuta, rispetto alla data della loro proposizione, l'impossibilità di assumere la prova offerta per decesso o incapacità del testimone, ciò dev'essere imputato esclusivamente alla parte che, pur avendone l'interesse, non ne abbia proposto l'assunzione preventiva.
NORMA DI RIFERIMENTO:
ART. 257 C.P.C. Assunzione di nuovi testimoni e rinnovazione dell'esame
Se alcuno dei testimoni si riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone, il giudice istruttore può disporre d'ufficio che esse siano chiamate a deporre.
Il giudice può anche disporre che siano sentiti i testimoni dei quali ha ritenuto l'audizione superflua a norma dell'articolo 245 o dei quali ha consentito la rinuncia; e del pari può disporre che siano nuovamente esaminati i testimoni già interrogati, al fine di chiarire la loro deposizione o di correggere irregolarità avveratesi nel precedente esame.
Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Ordinanza||29 marzo 2019 n. 8929