Presupposti di fatto del licenziamento per giustificato motivo oggettivo da provare avanti al giudice di merito

Decisione: Sentenza n. 24803/2016 Cassazione Civile - Sezione Lavoro.
Presupposti di fatto del licenziamento per giustificato motivo oggettivo da provare avanti al giudice di merito

Pur non potendo sindacare le scelte imprenditoriali, compete al giudice del merito verificare l'effettività della riorganizzazione addotta dal datore di lavoro per giustificare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo. 

Martedi 16 Maggio 2017

Il caso.

Un impiegato amministrativo di una SRL impugnava il licenziamento per giustificato motivo oggettivo ritenendolo carente dei presupposti.

In primo grado, il Tribunale riteneva illegittimo il licenziamento in quanto privo di giustificato motivo oggettivo; la SRL proponeva appello ma la Corte di Appello lo rigettava sulla base dei seguenti argomenti:«la causale dedotta per legittimare l'intimato recesso era una situazione sfavorevole del settore sanitario non meramente contingente con conseguente chiusura del reparto di fisiocinesiterapia a seguito della sospensione della prestazioni a carico del SSN dall'Ottobre del 2009 e dall'impossibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni, nonché dalla riduzione drastica dei ricavi aziendali e dalla necessità di disporre un nuovo assetto organizzativo per una più economica gestione dell'impresa. La Corte rilevava che la chiusura del reparto di fisiocinesiterapia a seguito della sospensione delle prestazioni a carico del servizio sanitario nazionale era stato un provvedimento temporaneo e contingente poi revocato e che il recesso era intervenuto appena 15 gg. prima della cessazione degli effetti della detta sospensione. Circa le difficoltà economiche dedotte dall'impresa le stesse non erano state dimostrate non essendo neppure emerso che il budget per l'anno 2010 fosse effettivamente inferiore a quello degli anni precedenti né la correlazione tra la risoluzione del rapporto e la pretesa sfavorevole congiuntura economica; non era stata neppure dimostrata la natura definitiva e non transitoria della contrazione aziendale posto che le testimonianze avevano solo genericamente riferito che erano stati licenziati due fisioterapisti e che per il reparto vi era stata una riduzione di orario che era durato nel tempo».

La SRL propone ricorso per la cassazione della sentenza.

La decisione.

La società si affida ad unico motivo di ricorso allegando la violazione o falsa applicazione della L. 604/1966, dell'art. 18 L. 300/1970, dell'art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. e rilevava che «Dalla produzione documentale della società emergeva univocamente che la stessa aveva un interesse alla ristrutturazione dedotta con drastica riduzione dell'attività. Le dichiarazioni rese dai testi in ordine alla ristrutturazione anche del reparto ove operava il lavoratore intimato non erano generiche; né era lecito per i Giudici sindacare nel merito le scelte organizzative dell'imprenditore ex art. 41 Cost.»

La Suprema Corte ritiene il motivo ai limiti dell'ammissibilità, perché «Seppure formalmente sembra sollevare anche questioni di diritto in realtà è diretto a contestare l'accertamento di fatti effettuato dai Giudici di merito sollevando in sostanza profili di inadeguatezza della motivazione della sentenza impugnata non più riproponibili in questa sede alla luce della formulazione novellata dell'art. 360 n. 5 c.p.c. applicabile ratione temporis: il "fatto" qui in discussione e cioè l'esistenza dei presupposti fissati per legge per il recesso per giustificato motivo oggettivo è stato esaurientemente già esaminato dalla Corte di appello che ha giudicato generiche le dichiarazioni rese dai testi in ordine alla stabile e non temporanea soppressione del reparto ove era addetto il lavoratore intimato e non comprovata la situazione di crisi economica dedotta dalla stessa società come ragione del recesso (e quindi non necessaria la pretesa ristrutturazione), sicché tale ragione può ritenersi pretestuosa».

Nel ritenere inammissibili le censure mosse alla motivazione della sentenza di appello impugnata, il Collegio osserva che «peraltro la detta motivazione appare coerente con i principi di diritto in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo secondo cui " è giurisprudenza di questa Corte che in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo determinato da ragioni tecniche, organizzative e produttive, compete al giudice (...) il controllo in ordine all'effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro (...). Ai fini di cui trattasi è, quindi, sufficiente e necessario accertare l'effettività della addotta riorganizzazione non essendo consentito il sindacato sulla scelta dell'an e del quomodo" ( cfr da ultimo Sez. L, 3 luglio 2015, n. 13678). A tanto la Corte del merito si è strettamente attenuta accertando l'insussistenza della dedotta riorganizzazione, nonché la mancanza di una soppressione stabile e duratura (non a carattere contingente) del reparto presso cui era occupata la parte intimata e non precisati i contorni della contrazione dell'attività svolta dal detto reparto».

Il ricorso viene quindi rigettato.

Osservazioni.

La Suprema Corte ribadisce che l'accertamento dei fatti fissati dalla legge per il recesso per giustificato motivo oggettivo compete al Giudice del merito, e tale accertamento risulta già esaurientemente effettuato dalla Corte di Appello.

Nel caso esaminato, è sicuramente risultato importante che la chiusura del reparto, a seguito della sospensione delle prestazioni coperte dal servizio sanitario nazionale, era risultata temporanea, tanto che due settimane dopo il licenziamento la sospensione cessava.

Ma il punto centrale è risultato essere quello probatorio da parte del datore di lavoro, il quale non ha adeguatamente dimostrato che ricorressero i presupposti del giustificato motivo oggettivo determinato da «ragioni tecniche, organizzative e produttive» che solo la parte datoriale è in grado di dimostrare adeguatamente.


Disposizioni rilevanti.

LEGGE 15 luglio 1966, n. 604

Norme sui licenziamenti individuali

Vigente al: 22-04-2017

Art. 1

Nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato, intercedente con datori di lavoro privati o con enti pubblici, ove la stabilità non sia assicurata da norme di legge, di regolamento e di contratto collettivo o individuale, il licenziamento del prestatore di lavoro non può avvenire che per giusta causa ai sensi dell'articolo 2119 del Codice civile o per giustificato motivo.

Art. 2

1. Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro.

2. La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato.

3. Il licenziamento intimato senza l'osservanza delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 è inefficace.

4. Le disposizioni di cui al comma 1 e di cui all'articolo 9 si applicano anche ai dirigenti.

Art. 3

Il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.

Allegato:

Cass. civile Sez. lavoro Sentenza del 05/12/2016 n 24803

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