La Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 12436/2021 chiarisce quali istanze e domande possono essere formulate dall'esecutato e dal creditore procedente nell'ambito di un giudizio di opposizione all'esecuzione.
Lunedi 13 Settembre 2021 |
Il caso: Tizio e Caio, avvocati, assistevano Gaia in una controversia di lavoro nei confronti della societa' Alfa s.p.a.: la domanda della lavoratrice veniva accolta e la parte convenuta condannata al pagamento delle spese di lite, liquidate dal Tribunale di Palermo nella misura di Euro 5.617, con distrazione in favore dei due suddetti avvocati.
I legali, muniti del solo dispositivo della sentenza di condanna, intimavano precetto alla Alfa s.p.a. per ottenere il pagamento della somma suddetta, dopodiche' iniziavano l'esecuzione nella forma del pignoramento presso terzi.
La società proponeva opposizione tanto al precetto, quanto al pignoramento, sostenendo che:
- la possibilita' di iniziare l'esecuzione forzata sulla base del solo dispositivo della sentenza, ai sensi dell'articolo 431 c.p.c., e' accordata dalla legge al solo lavoratore, ma non anche al suo difensore, nemmeno nell'ipotesi in cui abbia chiesto ed ottenuto la distrazione delle spese;
- che era creditrice degli avvocati per avere ad essi versato, sempre nella qualita' di distrattari, circa 8.000 Euro in esecuzione di sentenze di merito successivamente impugnate e cassate in sede di legittimita'.
Chiedeva pertanto, oltre la dichiarazione di nullita' del precetto e del pignoramento, la condanna degli avvocati alla restituzione, a titolo di indebito oggettivo, della somma di Euro 8.982,11, oltre accessori.
Il tribunale rigettava l'opposizione, mentre la Corte d'Appello la accoglieva e dichiarava che Tizio e Caio non avevano diritto di procedere esecutivamente nei confronti della società, e reputava "assorbita ogni altra questione".
La società ricorre in Cassazione, lamentando che la Corte d'appello aveva omesso di pronunciarsi sulla domanda di restituzione delle somme versate e che in ogni caso tale domanda non poteva ritenersi "assorbita" dall'accoglimento dell'opposizione all'esecuzione.
Per gli Ermellini la censura è fondata, osservando che:
a) la circostanza che il giudizio di opposizione all'esecuzione abbia ad oggetto l'accertamento del diritto del creditore di procedere all'esecuzione forzata non toglie che quel giudizio resti pur sempre un ordinario giudizio di cognizione, e che ad esso si applichino le regole generali in tema di cumulo oggettivo (articoli 104 c.p.c.) e di connessione per riconvenzione (art. 36 c.p.c).
b) di conseguenza l'opponente può legittimamente chiedere con l'atto introduttivo del giudizio di opposizione non solo l'accertamento dell'inesistenza del diritto del creditore di procedere esecutivamente, ma anche la condanna del creditore procedente al pagamento dell'eccedenza rispetto ad un controcredito opposto in compensazione;
c) analogamente, e latere creditoris, si e' ammesso che il convenuto nel giudizio di opposizione possa formulare domande riconvenzionali: ad esempio, esercitando in quella sede l'azione pauliana per sentir dichiarare l'inefficacia dell'atto negoziale posto a base dell'opposizione, oppure formulando una domanda diretta a costituire un nuovo titolo esecutivo;
d) deve, pertanto, ormai ritenersi superato il diverso orientamento secondo cui l'ambito del giudizio di opposizione all'esecuzione dovrebbe rimanere sempre circoscritto alla contestazione del diritto della parte a procedere ad esecuzione forzata, con la conseguenza che non sarebbe consentito alle parti proporre, ed al giudice esaminare, "questioni diverse da quelle che attengono all'esistenza o alla validita' del titolo esecutivo, ovvero domande che non siano in riferimento o siano in contrasto con il contenuto di esso" .
Cassazione civile ordinanza n.12436 2021