La Corte di Cassazione, nell'ordinanza n. 21829 del 20 settembre 2017 affornta la questione della liquidazione dell'onorario dell'avvocato nel caso in cui due cause aventi ad oggetto le medesime questioni di fatto e di diritto non siano mai state riunite.
Nel caso in esame, il Tribunale respingeva il reclamo proposto dall'avv. A.C. contro il decreto con il quale il giudice delegato al Fallimento di T.T. s.p.a. aveva liquidato gli onorari dovutigli quale difensore della procedura concorsuale, nel procedimento ex art. 26 I. fall. promosso da SGC...... s.p.a., nella misura del 20% di quelli già riconosciutigli per le difese svolte in un altro analogo procedimento ex art. 26 cit., promosso da A.F. s.p.a.
Il Tribunale osservava che i due reclami erano stati proposti dalle banche creditrici contro il medesimo provvedimento del G.D. e presentavano le medesime questioni di fatto e di diritto, tanto da aver consentito al legale nominato di depositare due distinte memorie difensive aventi contenuto sostanzialmente identico.
Riteneva che, benché i procedimenti, chiamati alla medesima udienza, non fossero stati formalmente riuniti in quanto le reclamanti avevano rinunciato alle impugnazioni, il G.D. avesse correttamente fatto applicazione dell'art. 5, comma 4, del D.M. n. 127/04 che, nell'ipotesi in cui l'avvocato difenda più parti in un unico processo, o in quella di riunione di cause, prevede che l'onorario sia unico ed aumentato del 20% per ogni parte oltre la prima.
Escludeva inoltre che, secondo quanto richiesto in subordine dal reclamante, la maggiorazione del 20% andasse operata tenuto conto del valore complessivo dei due procedimenti.
Il legale impugna il decreto con ricorso straordinario per cassazione, rilevando che:
non essendo mai intervenuta la riunione, gli onorari avrebbero dovuto essergli liquidati in misura piena, tenuto conto del valore della domanda di SGC s.p.a.;
in subordine, il giudice del merito avrebbe dovuto determinare il compenso quantomeno nella misura del 20% del valore cumulato delle due domande.
La Suprema Corte, nel ritenere fondato il primo motivo di ricorso, chiarisce quanto segue:
l'art. 5, 4° co. del D.M. n. 127/04 stabilisce che «qualora in una causa l'avvocato assista e difenda più persone, aventi la stessa posizione processuale, l'onorario unico può essere aumentato per ogni parte oltre la prima del 20% ...» e, più avanti, che «la stessa disposizione trova applicazione, ove più cause vengano riunite, dal momento dell'avvenuta riunione ...»;
quindi, presupposto necessario affinché l'onorario possa essere aumentato in misura percentuale, in ragione del numero delle parti assistite o del numero delle controparti, è che vi sia da liquidare un unico compenso, relativo o al medesimo processo o a più processi che, benché separatamente introdotti, sono stati successivamente riuniti;
nel diverso caso in cui l'avvocato assista o difenda la stessa parte in una pluralità di cause, che, pur se aventi ad oggetto identiche questioni di fatto e di diritto, non siano state riunite, la liquidazione degli onorari, invece, deve essere effettuata separatamente, in relazione a ciascun procedimento;
il chiaro tenore testuale del secondo periodo della disposizione (dal quale si ricava, a contrario, che la stessa non può trovare applicazione prima della riunione) esclude infatti che la sua operatività possa essere estesa, in via di interpretazione analogica, anche all'ipotesi in cui la riunione non sia stata disposta.
Cass. civile ordinanza n. 21829/2017