La Corte di Cassazione, Sezione lavoro, con l'ordinanza n. 6782/2024 si è pronunciata in merito alla debenza o meno dell'indennità di mancato preavviso nel caso in cui, a fronte delle dimissioni del dipendente con preavviso, il datore di lavoro vi rinunci espressamente.
Mercoledi 3 Aprile 2024 |
Il caso: Il Tribunale di Pisa condannava la società Delta a pagare a Mevia, dipendente dimessasi con preavviso nel gennaio 2017, l’indennità di preavviso, preavviso in concreto non lavorato avendovi il datore di lavoro non recedente espressamente rinunciato.
La Corte d'Appello respingeva l'impugnazione della società, ritenendo, in sintesi, che il datore di lavoro può esonerare il suo dipendente dimissionario dalla prestazione lavorativa per la durata del preavviso, ma non può sottrarsi all'onere di pagare l'equivalente dell'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.
La società ricorre in Cassazione, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 2118 c.c.; per la ricorrente la rinuncia è esercizio di una delle facoltà che integrano il diritto del creditore, senza che l'esercizio di tale suo diritto possa trasformarla in parte obbligata, e che la tesi sostenuta dalla Corte territoriale è incompatibile con la tesi dell'efficacia solo obbligatoria del preavviso.
Per la Cassazione la censura è fondata: sul punto gli Ermellini evidenziano quanto segue:
a) il tema della rinunziabilità del periodo di preavviso da parte del soggetto non recedente e delle conseguenze giuridiche di tale rinunzia è strettamente connesso e condizionato dalla soluzione che si intende dare alla questione circa l’efficacia reale o obbligatoria del preavviso;
b) ove dovesse optarsi per la natura reale del preavviso, con diritto quindi della parte recedente alla prosecuzione del rapporto fino alla scadenza del relativo periodo, non potrebbe ipotizzarsi una rinunzia della parte non recedente idonea a determinare l’immediata estinzione del rapporto di lavoro;
c) a soluzione opposta si perviene, invece, nel caso si aderisca alla tesi dell'efficacia obbligatoria, la quale configura il preavviso quale mero obbligo (accessorio e alternativo) dell'esercizio del recesso; la parte recedente è libera di optare tra la prosecuzione del rapporto durante il periodo di preavviso e la corresponsione a controparte dell'indennità (con immediato effetto risolutivo del recesso); in base a tale costruzione in capo alla parte non recedente si configura un diritto di credito dalla stessa liberamente rinunziabile;
d) dalla natura obbligatoria dell'istituto in esame – come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità- discende che la parte non recedente, che abbia - come nel caso di specie - rinunziato al preavviso, nulla deve alla controparte, la quale non può vantare alcun diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro fino a termine del preavviso; alcun interesse giuridicamente qualificato è, infatti, configurabile in favore della parte recedente; la libera rinunziabilità del preavviso esclude che a essa possano connettersi a carico della parte rinunziante effetti obbligatori in contrasto con le fonti dell'obbligazioni indicate nell'art. 1173 c.c.