Natura ed efficacia probatoria delle email

Natura ed efficacia probatoria delle email
Lunedi 21 Maggio 2018

Con l’ordinanza n. 11606/2018, pubblicata il 14 maggio scorso, la Corte di Cassazione si è occupata della questione relativa al valore probatorio dell’e-mail, affermando che la posta elettronica fa piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotta non ne disconosca la conformità ai fatti e alle cose medesime.

IL CASO: La vicenda sottoposta all’esame dei Giudici di legittimità prende spunto dalla sentenza con la quale la Corte di Appello aveva ritenuto, nell’ambito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, provato con lo scambio di e.mail tra la società creditrice e la società debitrice il credito azionato e di conseguenza il rapporto commerciale intercorso tra le due società.

Più precisamente la società ingiunta aveva proposto, a mezzo e-mail, alla società creditrice un piano di rientro del debito che era stato accettato da quest’ultima. Avverso la sentenza di secondo grado la società ingiunta, rimasta soccombente sia in primo che in secondo grado, proponeva ricorso per Cassazione.

LA DECISIONE: I Giudici di legittimità, con l’ordinanza in commento, hanno osservato che:

  1. Ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lett p), d.leg. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale), la e-mail costituisce un “documento informatico”, ovvero un “documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti”;

  2. Pertanto, l’email, seppur priva di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche, ovvero fra le rappresentazioni meccaniche indicate, con elencazione non tassativa, dall’articolo 2712 codice civile, e dunque forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale viene prodotta non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime (arg. già da Cass. Sez. 3, 24/11/2005, n. 24814).

Sulla scorta delle suddette osservazioni, poiché nel caso esaminato nell’e.mail inviata dal socio della società ingiunta vi era l’impegno a rientrare dalla propria esposizione debitoria, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso ritenendo valido il ragionamento della Corte di Appello che aveva, operando correttamente la ripartizione dell’onere della prova, affermato che era stata dimostrata l’esistenza del rapporto contrattuale, nonché verificato l’importo del credito azionato con il decreto ingiuntivo.

Redattore decreto ingiuntivo

Allegato:

Cassazione civile Sez. VI - 2 Ordinanza n. 11606 del 14/05/2018

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