La Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 19517/2019 ricorda le regole per la notifica in via telematica di una sentenza ai fini della decorrenza dei termini per proporre appello.
Lunedi 26 Agosto 2019 |
Il caso: O.A, conveniva in giudizio, avanti al Giudice di Pace l'avv. P.P.per sentirne accertare la responsabilità professionale per la negligente proposizione di un ricorso avanti al Giudice del Lavoro, che era stato dichiarato nullo, e per sentirla condannare al risarcimento dei danni; la convenuta resisteva alla domanda e chiedeva, in via riconvenzionale, il pagamento del compenso per le prestazioni professionali effettuate; il Giudice di Pace rigettava la domanda dell'attore e accoglieva la riconvenzionale del legale.
In sede di appello, proposto da O.A., il legale eccepiva la tardività dell'appello, in quanto proposto oltre il termine di 30 giorni dalla notifica della sentenza: il Tribunale in riforma della sentenza di primo grado, affermava la responsabilità professionale dell'appellata, condannandola al risarcimento del danno nell'importo di 1.950,52 euro.
Quanto alla eccezione di prescrizione, il Tribunale affermava che:
poiché la notifica della sentenza di primo grado era stata effettuata -in via telematica- in momento di transizione tra vecchie e nuove specifiche tecniche di attuazione dell'art. 16 undecies, comma terzo, D.L. n. 179 del 2012, dubbie erano le regole da seguire per questo specifico tipo di notificazione;
da ciò conseguiva la necessità di dover procedere mediante notificazione tradizionale per far decorrere il termine breve di impugnazione, concludendo pertanto che “risultava congruo, proprio per l'incertezza che circondava la materia, il decorrere del solo termine lungo, termine entro il quale il presente appello è stato presentato”.
L'avv. P.P. ricorre in Cassazione, osservando che:
la notifica della sentenza era stata ritualmente effettuata a norma dell'art. 3 bis della I. n. 53/1994 ed ai sensi dell'art. 18 D.M. 44/2011, come modificato dal D.M. 48/2013, mediante allegazione alla PEC della copia informatica dell'originale cartaceo della sentenza e asseverazione della sua conformità all'originale;
pertanto l'appellabilità della sentenza era soggetta al termine breve di 30 giorni dalla data del 15.9.2015 e che la notifica dell'appello - effettuata in data 22.10.2015- risultava dunque tardiva.
Per la Corte il ricorso è fondato, e, decidendo nel merito, dichiara la tardività dell'appello e il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, chiarendo quanto segue:
a) l'art. 3 bis della I. n. 53/1994 prevede (al 2° comma) che, quando l'atto da notificarsi non consiste in un documento informatico, l'avvocato provvede ad estrarre copia informatica dell'atto formato su supporto analogico, attestandone la conformità con le modalità previste dall'art. 16 undecies del d.l. n. 179/2012, convertito in I. n. 221/2012;
b) tale ultima norma stabilisce (al 3° comma) che, se la copia informatica è destinata alla notifica, l'attestazione di conformità è inserita nella relazione di notificazione;
c) nel caso di specie, la sentenza di primo grado, estratta per immagine dal formato analogico, è stata notificata il 15.9.2015 all'indirizzo PEC del difensore di O.A.; la sentenza risulta completa di attestazione di conformità all'originale (oltreché di formula esecutiva) rilasciata dal cancelliere dell'Ufficio del Giudice di Pace di Pesaro; la relazione di notifica contiene l'attestazione di conformità all'originale effettuata dal notificante avv.P.P.;
d) tale notifica risulta conforme alle norme sopra richiamate, dato che il documento trasmesso in via telematica è stato estratto dall'originale analogico ed è stato attestato conforme all'originale nella relazione di notificazione;
e) inoltre non risulta pertinente il rilievo del controricorrente circa la mancanza del potere del difensore di attestare la conformità della copia analogica della sentenza (da cui è stato estratto il documento informatico per immagine) al suo originale, poiché -nel caso di specie- tale attestazione risulta compiuta dal Cancelliere addetto all'Ufficio del Giudice di Pace.
Cassazione civile ordinanza n.19517/2019