Maltrattamenti in famiglia: se la moglie è reattiva il reato non sussiste.

Maltrattamenti in famiglia: se la moglie è reattiva il reato non sussiste.

Con la sentenza n. 5258 del 09/02/2016 la Cassazione delinea i presupposti per la configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia.

Mercoledi 24 Febbraio 2016

La Corte di Appello di Venezia, in riforma della sentenza di condanna emessa dal G.u.p. presso il Tribunale di Belluno, che all'esito di giudizio abbreviato aveva condannato P. alla pena di un anno di reclusione oltre al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile, lo assolveva dai reati di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.) e di violenza privata nei confronti della moglie.

Il difensore della parte civile proponeva ricorso per Cassazione, lamentando, tra le varie censure, violazione di legge, ex art. 572 c.p., artt. 3 e 33 della Convenzione di Istanbul dell'11 maggio 2011 e vizi motivazionali, per carenza e contraddittorietà, in ordine alla erronea ricostruzione della nozione di violenza in ambito familiare, ai fini della individuazione degli elementi integrativi della fattispecie incriminatrice in contestazione; nonché violazione di legge, ex artt. 570, 572 e 610 c.p. Art. 2 Cost. Artt. 143, 146 e 147 c.c.. artt. 3 e 33 della Convenzione di Istanbul dell'11 maggio 2011 e vizi motivazionali, evidenziando contraddizioni tra i fatti accertati e la premessa in sentenza che descriveva la donna come reattiva e, dunque, inidonea a rientrare nel paradigma della vittima di maltrattamenti.

Per la Corte di Cassazione il ricorso è infondato, alla stregua dei seguenti principi circa la configurabilità della fattispecie di reato di cui all'art. 572 c.p.:

1) La materialità del fatto deve consistere in una condotta abituale che si estrinsechi con più atti che determinano sofferenze fisiche o morali, realizzati in momenti successivi, collegati da un nesso di abitualità ed avvinti nel loro svolgimento da un'unica intenzione criminosa di ledere l'integrità fisica o morale del soggetto passivo infliggendogli abitualmente tali sofferenze.

2) Deve pertanto escludersi, che la compromissione del bene giuridico protetto si verifichi in presenza di semplici fatti che ledono ovvero mettono in pericolo l'incolumità personale, la libertà o l'onore di una persona della famiglia, essendo necessario, per la configurabilità del reato, che tali fatti siano la componente di una più ampia ed unitaria condotta abituale, idonea ad imporre al soggetto passivo un regime di vita vessatorio, oggettivamente mortificante ed insostenibile;

3) Alla luce di tali principi, per la Suprema Corte i giudici di appello hanno correttamente escluso la sussistenza del reato di maltrattamenti, in relazione alla tipologia delle relazioni familiari intercorse fra i coniugi: fra l'imputato, notaio, e la parte civile, avvocato, infatti “si è venuto ad instaurare un rapporto di accesa conflittualità, tensione e radicata contrapposizione, ove viene in rilievo da un lato, il temperamento irascibile di lui,i suoi accessi di collera ed i comportamenti spesso trasmodanti nella maleducazione, dall'altro lato la costante capacità reattiva della moglie e l'assenza di un supino atteggiamento rispetto alle intemperanze anche verbali del marito, nel quadro di un rapporto protrattosi per anni e connotato da continui diverbi, incomprensioni e litigi..., tra persone dotate entrambe di un carattere molto passionale, per inferirne logicamente l'impossibilità di configurare un comportamento obiettivamente caratterizzato da tratti di abituale e sistematica prevaricazione, basato su una posizione di passiva soggezione dell'una nei confronti dell'altro”.

In conclusione, per la Cassazione, quando in un contesto familiare di forte conflittualità, vi è una sorta di equilibrio, in negativo, tra i coniugi, non ricorre la fattispecie di reato in esame, mentre solo quando tale equilibrio viene meno e si viene a creare una situazione in cui una parte prevarica sull'altra, si può ritenere integrato il delitto di maltrattamenti in famiglia di cui all'art. 572 c.p.

Resta ferma naturalmente l'eventuale rilevanza penale della singola condotta.

Testo integrale della sentenza n. 5258

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