La Corte di Giustizia Europea, con sentenza resa il 27 giugno scorso nella causa C-284/23, ha stabilito che una lavoratrice incinta deve poter beneficiare di un termine ragionevole per poter contestare, in giudizio, il suo licenziamento, ritenendo troppo breve le due settimane concesse ai fini dell'ammissibilità del ricorso tardivo.
Il tribunale del lavoro tedesco aveva respinto il ricorso di una dipendente di una casa di cura che contestava il suo licenziamento in virtù dello stato di gravidanza, eccependone la tardività in quanto presentato oltre le tre settimane dalla notifica prescritte dalla normativa. La lavoratrice aveva, altresì, omesso di presentare una domanda di ammissione del ricorso tardivo entro il termine supplementare di due settimane previsto dall'ordinamento tedesco.
Il tribunale rimetteva la questione alla Corte di Giustizia chiedendo se la normativa in esame fosse compatibile con la direttiva 92/85/CEE, riguardante l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento. Nello specifico, il tribunale evidenziava che mentre una lavoratrice incinta che, al momento del licenziamento, sia a conoscenza della sua gravidanza dispone di un termine di tre settimane per proporre ricorso, una lavoratrice che non abbia conoscenza della sua gravidanza prima della scadenza di tale termine, per un motivo non imputabile, dispone di sole due settimane utili per poter proporre ricorso.
Per la Corte di Giustizia, un termine così breve è incompatibile con i dettami della Direttiva 92/85/CEE perchè complicherebbe ulteriormente, per una lavoratrice incinta, la possibilità di richiedere ed ottenere la necessaria assistenza legale per la preparazione della difesa in giudizio. Come già stabilito in una precedente decisione, il divieto di licenziamento della donna durante il periodo di tutela, deve essere interpretato nel senso che esso vieta non soltanto di notificare una decisione di licenziamento in ragione della gravidanza e/o della nascita di un figlio durante il periodo stesso ma anche di prendere misure preparatorie di una tale decisione prima della scadenza di tale periodo.
Dichiarata l'incompatibilità della normativa tedesca con la direttiva comunitaria richiamata, la Corte ha rinviato la decisione al tribunale.