Non è questa la prima volta che si avverte la necessità di semplificare lo svolgimento delle assemblee di condominio. In questi giorni, tuttavia, a causa della emergenza sanitaria Coronavirus e conseguente “lock-down”, il problema si pone con maggior vigore, evidenziando, inoltre, come anche nel mondo del condominio si renda sempre più necessario il ricorso all’uso di strumenti telematici.
Mercoledi 22 Aprile 2020 |
Un primo intervento del legislatore nel senso di semplificare lo svolgimento delle assemblee condominiali c’è stato in occasione della riforma della legislazione in tema di condominio, più semplicemente conosciuta come “la riforma del condominio”, avvenuta con la legge n. 220 del 2012, ed entrata in vigore nel giugno 2013, a proposito delle assemblee del cd. “supercondominio”.
Tutti - condòmini, amministratori, esperti ed operatori del diritto - ricorderanno come, prima dell’avvento della novella del 2012, era quasi impossibile che in una assemblea di un Supercondominio si riuscisse a raggiungere il quorum di legge per legittimamente deliberare, difficile raggiungere persino il quorum più “leggero” necessario per l’approvazione dei bilanci annuali, con tutte le ovvie conseguenze per l’assunzione tempestiva di un valido ed efficace deliberato assembleare. Di fronte a questo problema, il legislatore ha fatto un primo passo – invero incompleto e non coordinato con il resto delle norme in materia - in ordine alle modalità di svolgimento della “assemblea del Supercondominio”, laddove, con la istituzione della figura del “rappresentante di condominio” quale soggetto, unitamente all’amministratore del supercondominio, legittimato a partecipare alla “assemblea semplificata”, al quale ha riconosciuto il potere di deliberare in tema di “approvazione del bilancio” e di “nomina dell’amministratore”, senza, tuttavia, preoccuparsi di delinearne poteri e limiti in relazione ai rapporti intercorrenti con l’assemblea del Condominio da lui rappresentato.
Come avrò modo di evidenziare più avanti, così come strutturata la nuova “assemblea del supercondominio”, più che fondato risulta essere il timore che il rimedio possa essere peggiore del male, o, quantomeno, che esso, pur avendo risolto il problema legato alla difficoltà di raggiungere il “quorum deliberativo”, ne ha di sicuro creati altri, relativi ai limiti dei suoi poteri, ai rapporti con i condòmini rappresentati e, non di minore importanza, in ordine alla trasparenza del suo operato ed alle responsabilità che ne derivano, a lui imputabili. Problematiche, queste, sulle quali sarebbe opportuno soffermarsi per alcune considerazioni.
Tornando al tema “clou” oggetto di questa nostra conversazione, è da evidenziare che la possibilità che una “assemblea di condominio” possa essere tenuta con modalità “da remoto (cd. telematica)”, è stata presa in considerazione già da tempo. Un primo accenno alla possibilità di semplificare lo svolgimento della assemblea (“assemblea facile”), infatti, mi risulta esserci stato già nell’anno 2012, proprio in occasione della approvazione (finalmente, dopo una travagliato iter) della legge di “ riforma del condominio”, che è stato il risultato di un lungo percorso di studi, proposte, modiche, integrazioni e così via.
Più di recente, poi, già alcuni studi di amministrazione condominiale pubblicizzano, mediante i loro sito internet, la possibilità di partecipare alle riunioni mediante videoconferenza. L’obiettivo, più che legittimo, è quello di poter garantire la partecipazione alla assemblea di più condomini anche se dislocati in luoghi diversi rispetto al “luogo fisico” in cui si svolgerà la riunione. Si pensi, in particolare, alle riunioni dei Supercondomini dei grossi complessi di Case Vacanza, ai Supercondomini di Fabbricati degli Alloggi Popolari. Una esperienza del genere risulta essere stata introdotta da tempo in Francia, ove esistono siti internet che consentono di far interagire, per via telematica, non solo i diversi condomìni ma anche i professionisti ed operatori che ruotano intorno al condominio.
Senza dubbio l’adozione di un nuovo modo di “riunirsi in assemblea”, comporta vantaggi ma anche alcuni limiti, anche perché molti condòmini di questi “moderni” strumenti tecnologici, sono ancora “sconosciuti”, a buona parte della “popolazione condominiale” e, quindi, non sempre essi garantiscono la migliore partecipazione alla assemblea: l'uso di strumenti non conosciuti da tutti i condòmini potrebbe, infatti, addirittura complicare la già non semplice gestione di assemblee condominiali, limitando - in alcuni casi - anche la possibilità di intervento nella assemblea, che non si limita alla mera espressione del voto, ma consiste innanzitutto nel diritto del condòmino a partecipar alla discussione ed al contraddittorio.
Che prima o poi ad una diversa “idea” di assemblea condominiale, più snella e semplificata, si dovrà arrivare è evidente. Ed è bene, pertanto, cominciare a pensarci in tempo utile, anche perché – ce lo dimostra l’attuale “fermo” (cd. lock-down) della società, a tutti i livelli – bisogna prevedere che sarà quantomeno l’evoluzione imperante della tecnologia ad imporcelo in tempi brevi. In questi frangenti, infatti, è emersa in modo grave ed inconfutabile l’inadeguatezza del sistema condominiale a fronteggiare un’emergenza che, invece, una preparazione informatica più evoluta anche e soprattutto a livello legislativo avrebbe permesso di gestirla tempestivamente, con maggiore efficacia e con minore affanno.
Anche se non ha espressamente vietato lo svolgimento delle assemblee condominiali, il DPCM dell’8 marzo 2020 ha sospeso – almeno sino al 03/04/2020 (già sono state deliberate proroghe) – tutte “le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali”, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato, che comportano affollamento di persone tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro”, e ha introdotto (per le assemblee, considerate alla stregua di assembramenti vietati) pesanti limitazioni che, a ragione, hanno opportunamente indotto gli amministratori a differire le assemblee già convocate, soprattutto al fine di non svolgere assemblee a vuoto o comunque per non incorrere nel rischio di impugnativa, non improbabile, in merito al regolare svolgimento dell’assemblea da parte di quei condòmini che, in tale contesto, potrebbero, con fondamento, addurre a motivo della loro doglianza, la lesione del loro diritto a partecipare all’assemblea e ad esprimere il loro voto in forza di una sopraggiunta normativa, che, in caso di sua violazione, che sono tenuti a rispettare e che comporterebbe sanzioni anche di carattere penale a carico dei trasgressori.
Tanto è vero che lo stesso Governo successivamente nell’illustrare la portata del decreto ha ritenuto di dover sottolineare che “le assemblee condominiali sono vietate, a meno che non si svolgano con modalità a distanza, assicurando comunque il rispetto della normativa in materia di convocazioni e delibere”. D’altro canto si diffonde sempre più il cd. “smart working”, in tanti settori, persino in quello della “avvocatura”, una volta molto legato al “cartaceo” e che negli ultimi anni , invece, ha dovuto adeguarsi alle nuove esigenze di un processo più veloce, il “processo telematico”, più sicuro anche sotto l’aspetto della sicurezza, della trasparenza e della privacy.
I vecchi “libroni” che un tempo giacevano sui tavoli delle Cancellerie dei Tribunali, alla mercé di chiunque, e sui quali venivano annotate tutte le informazioni relative ad una causa, gradatamente vanno in pensione, lasciando posto al “fascicolo telematico”. Ora, in occasione della “pandemia da coronavirus” ci siamo trovati di fronte alla necessità di pensare ad una diversa modalità di svolgimento delle udienze, ed organizzarci in tal senso, laddove la presenza fisica degli avvocati e delle parti dinanzi al Giudice, viene sostituita dalla ”udienza da remoto”, da tenersi in una “aula virtuale” tanto che prima o poi le udienze si terranno solo da remoto, senza dubbio con pregiudizio per la “socializzazione” della classe degli avvocati, ma con notevole abbreviazione dei tempi ed un sensibile risparmio di energie e, ci si augura (!!) di costi: si pensi a quante udienze inutili si sono tenute dinanzi ai collegi della Corte di Appello, laddove la presenza dell’avvocato era solo per sentirsi dire che “la causa è rinviata” ovvero (quando si è fortunati !!) che la causa ”è riservata per la decisione”.
Ma questa è altra storia. Fortunatamente, è di poche ore fa la notizia, la Corte di Appello di Roma ha già adottato questa modalità.
Ritornando all’argomento che ci interessa, e dal quale siamo partiti, la necessità, cioè, di ripensare ad un nuovo modello di “assemblea di condominio”, rispetto ai modelli tradizionali, pur nel rispetto dei diritti di informazione e di partecipazione, alla luce delle considerazioni innanzi riportate, emerge l’opportunità di vagliarne tutti gli aspetti, positivi e negativi, e quali possano essere le soluzioni praticabili e quelle non. Partiamo dal presupposto, però, che la necessità di adeguarsi ai tempi ed alla tecnologia ora imperante è innegabile, non tralasciando, però, di vagliare quali possano essere i limiti ed i tempi da tener presenti. Per quanto concerne i tempi, ritengo che siamo ancora molto lontani dal raggiungere una completa automazione e sincronizzazione con le recenti risorse che la tecnologia ha messo in campo. Ciò, però, non deve distogliere la nostra attenzione dalla necessità di cominciare a pensare subito alla idea di una nuova “assemblea” più veloce e più snella.
Come Assocond – Associazione a tutela dei condòmini – riteniamo essere nostro dovere evidenziare l’esigenza di attrezzarsi ed organizzarsi per il futuro. Ci faremo, pertanto, promotori e sostenitori di iniziative tese a favorire ed implementare ogni forma di aggiornamento, culturale e tecnologico, affinché ci si adegui tutti al sistema, noi in primis, non solo come operatori del diritto e cultori della materia, e per far sì che anche la normativa (codicistica e regolamentare), vi si adegui. Dobbiamo pensare a munirci di strutture idonee ed efficaci, anche a tutela della privacy e della sicurezza (anche economica) dei condòmini: in poche parole, bisogna fare un salto di qualità, dobbiamo pensare ad un nuovo approccio culturale, da trasferire al condòmino che ne è il diretto destinatario. Tra i compiti e gli obiettivi dell’Assocond, costituenti lo scopo statutario della Associazione, vi è appunto quello di “offrire una obiettiva e competente consulenza ed assistenza ai condòmini affinché essi abbiano conoscenza della normativa e dimestichezza nel corretto uso della stessa”. Quale migliore occasione, quella che ci si presenta oggi, in questo frangente, e che l’Assocon è pronta a cogliere, organizzando “corsi on line di aggiornamento” da mettere a disposizione dei condòmini gratuitamente. Il solo adeguamento da parte dei condòmini alla “tecnologia”, però, non è sufficiente allo scopo. Bisogna innanzitutto che la stessa normativa venga adeguata allo scopo, sia quella codicistica che quella regolamentare. Non a torto, infatti, e a più voci, si invoca un immediato intervento del legislatore sul punto, che vada esattamente verso questa direzione, e che si realizzi con una previsione normativa espressa che consenta di poter svolgere assemblee condominiali in videoconferenza, al pari delle società.
In questo contesto complessivo, non sfugga, però, al legislatore l’occasione di poter riflettere se non sia possibile ripensare anche all’istituto della “delega”. L’attuale divieto che impedisce al condomino di poter conferire la delega all’amministratore per la partecipazione all’assemblea, andrebbe ripensato, prevedendo, invece, una diversa impostazione dell’istituto della delega, che preveda che essa riporti in modo espresso le indicazioni di voto del condomino delegante, così da evitare possibili conflitti di interesse, laddove il delegato sia lo stesso amministratore. E’ evidente che il primo intervento da farsi deve riguardare il “regolamento” condominiale. E’ necessario che ciascun condominio adegui il proprio regolamento alle nuove esigenze, prevedendo, nell’immediatezza, la possibilità (e, per il futuro, l’obbligo) del ricorso alle procedure telematiche per lo svolgimento della assemblea. L’adeguamento del regolamento condominiale, ovviamente, deve trovare riscontro o quanto meno non essere in contrasto con la legislazione statale sull’argomento. Allo stato non si rinvengono riferimenti giurisprudenziali sull’argomento, in quanto, come si è detto, solo da poco il problema si è posto in maniera determinante.
Il ricorso alla “assemblea da remoto”, di certo, però, non trova il consenso della dottrina, la quale ha già espresso serie perplessità in ordine alla validità della assemblea cd. “telematica”, in quanto tale modalità potrebbe dar adito alla impugnativa della assemblea. In caso di impugnativa della assemblea, infatti, a fondamento della stessa potrebbe essere addotto, quale unico vizio di invalidità della delibera, unicamente un vizio attinente alla impossibilità ovvero alla mera difficoltà di partecipare alla assemblea, vizio che, pertanto, comporterebbe la mera annullabilità e non la nullità dell’assemblea, così come del resto avviene per il caso di vizi attinenti alla convocazione ovvero alla mancata corretta informazione ai condomini.
Quali rimedi prevedere per ovviare a tale rischio ? A mio avviso si potrebbe ovviare al problema , procedendo per gradi, step by step, secondo lo schema che segue, partendo innanzitutto dal “Regolamento di condominio”, soluzione non difficilmente percorribile, purché i condòmini siano sufficientemente preparati a questa piccola “rivoluzione” nell’ambito condominiale 1) Il regolamento di condominio andrebbe adeguato alle esigenze di celerità e di semplificazione, richieste dalla nuova modalità di “riunirsi in assemblea”, prevedendo innanzitutto che il Condominio si doti di una struttura “hardware” adeguata, che sia di proprietà condominiale, così che anche le cartelle ed i files che verranno ivi catalogati/archiviati, restino a disposizione del condominio e degli amministratori che si succedono nel tempo, così da semplificare, tra l’altro, anche gli eventuali passaggi di consegna tra gli amministrazioni – cessante e subentrante - . Un computer, una stampante, l’abbonamento ad un “software”, ad un programma di contabilità ed una piattaforma per le conferenze da remoto, che resti sempre, però, di proprietà del condominio e non dell’amministratore, Quest’ultimo, pertanto, al momento in cui si candida per assumerne la gestione, dovrà avere le competenze adeguate per l’utilizzo di tali sistemi. Tanto anche a garanzia della trasparenza e della celerità delle informazioni, quanto a tutela della privacy (i dati, così, non vanno in giro nei data base dei diversi amministratori che si succedono nel tempo). 2) Regolamentare la modalità di svolgimento della assemblea, tenendo conto che non ci si può attendere una “rivoluzione”, e procedere, quindi, per gradi.
E’ necessario, pertanto, che il Condominio si doti di clausole regolamentari che vadano a stabilire le principali dinamiche inerenti il collegamento da remoto .
- In un primo tempo, in una fase sperimentale, andrebbe prevista la possibilità che l’assemblea si svolga, da remoto, ma con gruppi di condòmini presenti di persona o ancor meglio per delega. I gruppi, che preventivamente avranno indicato all’amministratore la loro costituzione e l’indirizzo di posta elettronica cui far riferimento per l’inoltro delle convocazioni, invitati dall’amministratore, si metteranno in contatto da remoto per consentire che la discussione avvenga per “chiamata” fatta dal Presidente delle Assemblea (anche lui nominato con lo stesso criterio) il quale ne prenderà nota.
- Della assemblea- di cui l’amministratore (tenuto a far da segretario) registrerà tutte le fasi – verrà da quest’ultimo redatto verbale, contestualmente al Presidente, il quale, a posteriore, ne attesterà l’autenticità. Non è necessaria, infatti la verbalizzazione contestuale potendo essa avvenire successivamente (così come avviene in “assemblee” di altri contesti) .
- Superata questa prima fase dell’esperimento, si potrà in futuro (che ritengo, però, non immediato) prevedere una estensione della “assemblea da remoto” a tutti i condòmini singolarmente. Tra l’altro questa nuova metodologia potrebbe essere applicata anche al Super condominio, così da ovviare all’attuale obbrobrio di svilimento della partecipazione democratica dei condòmini alle assemblee del supercondominio, ridotte ormai ad un conciliabolo tra amministratore e i pochi rappresentanti dei singoli condomìni che ne fanno parte, i quali, allo stato, sembrano avere piuttosto la funzione di meri “spettatori”, cui, però, è riconosciuta per legge la facoltà di agire indipendentemente dalla volontà dei condòmini da loro rappresentati, senza nessun vincolo con questi ultimi, ai quali parrebbe non dover neppure dar conto delle sue scelte/decisioni.
Tra le clausole da introdurre nel regolamento del Condominio, pertanto, è da ipotizzarne una che preveda una doppia possibilità per i condomini di partecipazione alla assemblea. Anche per ovviare alle conseguenze di una impugnativa della assemblea, il regolamento potrebbe, infatti, prevedere una “doppia modalità di partecipazione” : fisicamente, presso la sala assembleare, oppure collegati in telematico. Parte della dottrina, poi, ritiene addirittura che l’impossibilità di celebrare l’assemblea in un luogo fisico comporti la nullità della assemblea (e, quindi, dei suoi deliberati). Non vi sono riscontri in giurisprudenza, ma non tutta la dottrina condivide tale tesi.
- Il luogo fisico, per chi vuole essere presente personalmente, va indicato nell’avviso di convocazione della assemblea. Ovviamente nulla cambia rispetto al passato, nel senso che, così come dispone il codice civile (art. 66 disp. att. c.c.) , il luogo scelto dall’amministratore deve essere facilmente raggiungibile e idoneo allo scopo, anche sotto l’aspetto del decoro e della funzionalità. Sono indecorose quelle assemblee che svolgono nell’androne del fabbricato, alla presenza di estranei persone estranee al condominio, magari, con violazione della privacy. Le riunioni di condominio sono disciplinate dall'art. 1136 del codice civile, il quale prescrive che in seconda convocazione devono "intervenire" almeno un terzo dei condòmini, senza, tuttavia, specificare se questo intervento debba essere effettuato fisicamente o che possa avvenire in remoto Il richiamato art. 66 delle e disposizioni di attuazione del codice civile (art. 66 disp. att. c.c) si limita a sancire che «L’avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell’ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione. In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell’articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati». La legge, infatti, prescrive che l’avviso di convocazione – che i condomini devono ricevere almeno 5 giorni prima dalla data di riunione in prima convocazione, laddove prevista – deve indicare il luogo ove si svolge tale riunione. La norma sembrerebbe riferirsi a un “luogo fisico” dove tutti (o meglio i partecipanti) devono essere presenti. Non sin evidenzia, invece, la previsione della possibilità di assemblee a distanza. Tuttavia, in specie in giurisprudenza, si è visto il tentativo di superare questo impasse facendo riferimento, per analogia, alla normativa sulle riunioni dell’assemblea delle società di capitali (art. 2370 c.c.) che, invece, consente la partecipazione dei soci in videoconferenza, a condizione, però, che lo statuto sociale lo preveda. Ecco il motivo per cui, come innanzi detto, il ricorso a tale modalità di assemblea, la riunione in videoconferenza , sembrerebbe non possa essere esclusa, laddove essa sia stata prevista dal regolamento di condominio, approvato all’unanimità, o da una delibera assembleare, anche questa votata all’unanimità, anche se tale soluzione potrebbe trovare un ostacolo nella inderogabilità della norma codicistica innanzi richiamata, circa le modalità di convocazione dell’assemblea che, come abbiamo detto, fa riferimento al “luogo fisico”. Trattasi, però, di una posizione non condivisibile. L’inderogabilità dell’indicazione di un luogo fisico in tanto va osservata in quanto posta a tutela del condòmino che voglia fisicamente essere presente alla assemblea, magari perché non in grado di parteciparvi telematicamente, perché privo dei necessari strumenti telematici ovvero non sufficientemente in grado di utilizzarli, senza, però, che ciò osti alla partecipazione di altri condomini, di collegarsi in via telematica, dislocati in più luoghi, contigui o distanti, mediante l’utilizzo di sistemi audio/video, a condizione che siano rispettati i principi della collegialità, di buona fede e di parità di trattamento dei soci.
Importante, infatti, è che venga comunque garantito il principio di parità di trattamento rispetto agli altri condomini presenti fisicamente, assicurando la medesima facoltà di intervento e votazione dei punti all’ordine del giorno. Altrettanti importante è che vengano posti in essere comportamenti e modalità rispettosi dei principi di buona fede e parità di trattamento dei partecipanti alla assemblea, e, infine, che vengano salvaguardati i diritti e gli interessi degli intervenuti tutti - sia fisicamente che virtualmente - come se fossero fisicamente presenti nello stesso luogo in cui si sta svolgendo la riunione. Da ultimo e non per questo meno importane, che vengano correttamente ed esaurientemente verbalizzati tutti gli eventi;
- il collegamento da remoto, per chi vuole essere presente “virtualmente”. Come si è detto nessuna norma espressamente esclude la ipotesi del “luogo virtuale” ove tenersi l’assemblea, così come non esiste alcuna norma di legge che prevede la possibilità di partecipare alla assemblea di condominio in videoconferenza. Non lo prevede il codice civile né la questione è stata mai sollevata e decisa in sede giudiziaria. Qualcuno, in dottrina, ha ravvisato in ciò una «lacuna legislativa», ossia un vuoto legislativo, che non si è in grado di imputare a mera negligenza del legislatore, ovvero ad una precisa scelta del legislatore, che, in tal modo indirettamente avrebbe inteso, così, negare la possibilità di una assemblea in videoconferenza.
In conclusione, non può escludersi a priori la possibilità e la legittimità della assemblea da remoto. Allo stato, in assenza di una precisa norma di legge ovvero regolamentare che espressamente preveda la “assemblea telematica”, non resta che fare affidamento alla interpretazione giurisprudenziale della norma, il che, del resto, non costituisce una novità, atteso che la stessa riforma del condominio altro non è che la codificazione dell’orientamento giurisprudenziale consolidatosi nel tempo, anche mediante la interpretazione per analogia di altre norme che prevedano l’utilizzo degli strumenti telematici nelle assemblee. Sempre in merito allo svolgimento della assemblea “da remoto” è da precisare che non sussiste alcun problema per quanto attiene alla conduzione della assemblea ed alla verbalizzazione della stessa, in quanto, come già innanzi evidenziato, nessuna norma prevede espressamente la “nomina del Presidente e del segretario” della assemblea quale elemento imprescindibile della stessa, la cui legittimità non è messa in discussione per il caso di mancata nomina dei predetti, non esseno neppure prevista da alcuna norma la obbligatorietà di sottoscrizione del verbale della assemblea da parte del presidente e segretario (Cassazione Civile n. 27163/2017), mentre potrebbe risultare utile, anche ai fini della prova circa la modalità dello svolgimento della assemblea, la registrazione della stessa nel corso della discussione in video-conferenza. Il verbale - sottoscritto dall’amministratore per conformità - potrebbe essere inviato successivamente ai condòmini tutti (anche a coloro che abbiano partecipato alla “assemblea telematica”) e, semmai far decorrere il termini per una eventuale impugnativa ex art. 1137 c.c., dalla ricezione dello stesso da parte del condomini che ne abbia interesse. Ho letto molti articoli apparsi in questi giorni sull’ argomento, dai quali ovviamente, ho tratto molti spunti (per i quali ringrazio gli autori), alcuni proprio in merito alle modalità per lo svolgimento della “assemblea da remoto”, suggerendo alcuni accorgimenti per ovviare ad eventuali “vizi” che ne possano inficiare la validità. Per quanto riguarda la modalità di espressione del voto, alcuni suggeriscono la possibilità che la votazione venga gestita tramite un’applicazione integrata nel software o per chiamata nominale. (di recente è stato pubblicizzato una piattaforma denominata “ “assemblea facile.com” che fa capo alla Harley Dikkinson) .
Vi sono tante proposte da vagliare sull’argomento. Al momento, però, ritengo sufficiente aver sollecitato l’interesse sull’argomento innanzitutto dei condòmini e, ovviamente, degli addetti ai lavori, augurandomi di esserci riuscito, rinviando ad un successivo intervento la proposta di “suggerimenti pratici”, dopo aver maggiormente approfondito tutte le problematiche emergenti dall’argomento in esame, anche mediante il confronto con altre associazioni di categoria ed operatori del settore.
Avv. Antonio Bocchetti, Presidente della sezione Campana dell’ASSOCOND-CONAFI, Associazione Italiana Condòmini.