La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 2956 del 07/02/2018 affronta la questione della necessità o meno del consenso delle altre parti in causa qualora una di esse rinunci all'interrogatorio formale originariamente richiesto.
Giovedi 22 Febbraio 2018 |
Il caso: In sede di appello, la Corte Distrettuale non procedeva all'assunzione dell'interrogatorio formale di parte appellata - a seguito di rinuncia della controparte istante, sig.ra P – e ammetteva le istanze istruttorie dedotte in primo grado e riproposte dall'appellante in sede di gravame; all'esito dell'espletamento delle prove per testi, accoglieva la domanda di reintegra nel possesso della servitù, con condanna nei confronti degli appellati M.e I alla rimozione ed eliminazione dei manufatti posti ad impedimento di tale passaggio.
I soccombenti propongono quindi ricorso per Cassazione, deducendo violazione degli artt. 356, 230, 232, 115 e 116 c.p.c. : la Corte d'appello ha errato per aver dapprima ammesso l'interrogatorio formale degli attuali ricorrenti e disposto l'espletamento del mezzo, per poi non procedervi, stante la rinuncia della signora P. all'espletamento del mezzo istruttorio; e ciò senza adesione degli odierni ricorrenti e della corte alla rinuncia stessa, nonchè senza revoca dell'ammissione; al riguardo i ricorrenti rilevano che:
in materia di rinuncia all'interrogatorio formale sarebbe necessaria l'adesione delle controparti e l'assenso del giudice, in quanto il principio di libera rinunciabilità da parte del richiedente l'interrogatorio sarebbe in contrasto con l'altro principio dell'acquisizione della prova;
il non subordinare l'efficacia della rinuncia all'interrogatorio formale al consenso dell'interrogando violerebbe il diritto alla prova di questi, che verrebbe privato della possibilità di rendere dichiarazioni che, al di là del capitolo deferito, possano chiarire i fatti di causa.
Per la Suprema Corte il motivo è infondato:
già in precedenza la Corte ha avuto modo di precisare che il principio di acquisizione probatoria comporta soltanto l'impossibilità per le parti di disporre degli effetti delle prove ormai assunte (le quali possono giovare o nuocere all'una o all'altra parte indipendentemente da chi le abbia dedotte), non già anche l'impossibilità di rinunciare a quelle solo dedotte, salvo i casi espressamente regolati diversamente dalla legge (v. ad es. Cass. n. 20111 del 24/09/2014 e specificamente n. 15480 del 14/09/2012);
a differenza di altri ordinamenti in cui le parti hanno ampio spazio dichiarativo, potendo sollecitare il proprio interrogatorio, talora però, e opportunamente in tali contesti, con l'obbligo di dire il vero, l'interrogatorio formale nel rito civile italiano può essere richiesto solo dalla controparte e non dall'interrogando: l'obiettivo è essenzialmente quello, antiprocessuale, della confessione ("provocata mediante" l'interrogatorio, secondo il testo dell'art. 228 c.p.c.), mentre "non possono farsi domande su fatti diversi da quelli formulati nei capitoli";
essendo dunque funzione dell'interrogatorio formale quella di provocare la confessione dell'avversario e non quella di acquisire dichiarazioni favorevoli all'interrogando o semplici chiarimenti, resta comunque salva la facoltà per la parte, che è ammessa in ogni caso alle udienze unitamente al difensore, di chiedere di interloquire (art. 84 disp. att. c.p.c., comma 2), così rendendo qualsiasi tipo di dichiarazione di chiarimento;
pertanto, soltanto la parte deferente è interessata all'espletamento dell'interrogatorio formale della controparte, cui può rinunciare liberamente senza necessità di assenso delle controparti o del giudice; ciò specularmente rispetto all'impossibilità per la parte di chiedere il proprio interrogatorio formale.