E' illecito deontologico produrre in giudizio le email del collega.

A cura della Redazione.
E' illecito deontologico produrre in giudizio le email del collega.

Con la sentenza n. 2/2024 il CNF delinea la natura e l'ambito di operatività del divieto di produrre la corrispondenza del collega di cui all'art. 48 C.D.F.

Mercoledi 12 Giugno 2024

Il caso: L'avv. Tizio veniva sottoposto a procedimento disciplinare per violazione degli artt. 9, 19 e 48 I comma del Codice Deontologico Forense, per essere venuto meno ai doveri di lealtà, correttezza, probità, dignità e decoro e al dovere di correttezza e lealtà nei confronti dei colleghi, per avere prodotto in più cause civili la corrispondenza inviata al Collega Avv Caio contenente una proposta transattiva e la comunicazione dell'Avv. Caio in risposta a tale proposta.

Il CDD acquisita la documentazione in atti e ritenuto il procedimento sufficientemente istruito, deliberava dichiarando la responsabilità disciplinare dell'incolpato, con la conseguente applicazione della sanzione della censura; sul punto osservava:

a) era documentalmente che l'Avv. Tizio, dopo averne richiamato il contenuto, aveva prodotto nel procedimento di sfratto per morosità la e-mail inviata in data 19/8/2013 all'esponente, avv. Caio, legale della parte intimante, con la quale proponeva il pagamento rateale dei canoni maturati e non pagati a condizione che la propria cliente potesse continuare il rapporto locatizio nonché la e-mail con la quale detta proposta veniva respinta;

b) nessun dubbio poteva sussistere né sul fatto che il termine "corrispondenza", contemplato dall'art. 48 C.D.F. comprenda anche le comunicazioni e-mail, essendo detti messaggi ormai assimilati alla corrispondenza per pacifica giurisprudenza, né sul contenuto riservato delle richiamate e-mail indipendentemente dalla qualificazione alle stesse data dai legali;

c) in applicazione di detta norma sono riservate, e come tali non producibili in giudizio, non soltanto le comunicazioni oggettivamente qualificate come tali ma anche la corrispondenza che, pur non essendo qualificata espressamente come riservata, contenga proposte transattive scambiate con i colleghi e le relative risposte.

L'Avv. Tizio impugna la sentenza avanti al CNF, evidenziando per la sua priorità logico-giuridica, la questione assorbente ed impediente, relativa alla prescrizione dell’azione disciplinare: al riguardo viene rilevato che:

a) i fatti per i quali è stato comminata censura all’avvocatoTizio in sede disciplinare sono stati posti in essere fino al 16.10.2014, quindi, dopo la data (2 febbraio 2013) di entrata in vigore della legge n. 247 del 2012, con conseguente applicazione della disciplina della prescrizione recata dalla nuova legge professionale, in particolare laddove (art. 56) essa individua una durata massima per l’azione disciplinare di sette anni e sei mesi, a prescindere dagli atti interruttivi ed al netto di eventuali sospensioni;

b) la giurisprudenza di legittimità ha avuto ad affermare che “Nel nuovo ordinamento professionale forense (L. n. 247/2012), che sotto questo profilo segue criteri di matrice penalistica, l’azione disciplinare si prescrive nel termine di sei anni dal fatto (art. 56, co. 1) e in nessun caso, quindi al di là degli effetti della sospensione e dell’interruzione, il termine stesso può essere prolungato di oltre un quarto (art. 56, co. 3), cioè sette anni e mezzo dal fatto di rilevanza deontologica;

c) ciò, a differenza della disciplina previgente (art. 51 RDL n. 1578/1933), la quale era invece ispirata a un criterio di natura civilistica, secondo cui la prescrizione, una volta interrotta, riprendeva a decorrere nuovamente per altri cinque anni [Corte di Cassazione, SS.UU, sentenza n. 10085 del 14 aprile 2023; in senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 14 del 28 febbraio 2023];

d) nel caso in esame, l’illecito contestato all’Avv.Tizio ha natura istantanea, sino alla data indicata nel capo di incolpazione, e, quindi, il dies a quo per computare il termine di prescrizione va individuato nel 16 ottobre 2014: a prescindere dagli atti interruttivi, il termine massimo di sette anni e sei mesi, previsto dall’art. 56 della legge professionale, è venuto a maturare in data 16 aprile 2022; con conseguente prescrizione dell’azione disciplinare in relazione all’illecito contestato.

Allegato:

CNF sentenza 2 2024

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