Gli strumenti probatori per contestare l’istanza di liquidazione giudiziale

Gli strumenti probatori per contestare l’istanza di liquidazione giudiziale

Come noto, l’istanza di liquidazione giudiziale ha sostituito nel nostro ordinamento giuridico l’istituto del fallimento.

L’art. 121 del Codice della crisi e dell’insolvenza stabilisce che la liquidazione giudiziale può essere disposta nei confronti delle imprese in stato di insolvenza che non dimostrino il possesso congiunto dei requisiti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera d) dello stesso codice.

Martedi 29 Aprile 2025

Tali requisiti sono:

1) un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore;

2) ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore;

3) un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.

Con l’ordinanza n. 10576 del 23 aprile 2025, la Corte di Cassazione si è pronunciata sugli strumenti e gli elementi che possono essere utilizzati dal debitore al fine di contestare la domanda proposta nei suoi confronti per l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale e di fornire la prova circa l’insussistenza dei presupposti per l’apertura della procedura concorsuale.

IL CASO: La vicenda riguarda la dichiarazione di fallimento, oggi liquidazione giudiziale [n.d.r.], di una società a responsabilità limitata in liquidazione, avverso la quale, quest’ultima proponeva reclamo innanzi alla Corte di Appello, che veniva rigettato.

I giudici della Corte territoriale, nel decidere il gravame, ritenevano che la reclamante non avesse assolto all'onere della prova circa l’insussistenza dei presupposti previsti dalla legge. Più precisamente, i giudici di merito ritenevano non sufficiente a tal fine il deposito degli "stati patrimoniali", essendo necessario il deposito dei bilanci.

Pertanto della questione veniva investita la Corte di Cassazione, a seguito del ricorso promosso dalla fallita la quale, con un unico motivo, deduceva l’erroneità della decisione dei giudici di merito per aver ritenuto non assolto l'onere della prova in relazione al mancato superamento delle soglie dimensionali di cui all’art. 1 della legge fallimentare per il solo fatto del mancato deposito dei bilanci dell’ultimo triennio.

L’onere della prova, evidenziava la ricorrente, può ritenersi assolto anche in base ad elementi di prova diversi dai bilanci depositati, bilanci che costituiscono fonte privilegiata ma non esclusiva dell'assolvimento del relativo onere della prova e che la documentazione prodotta, tra cui figuravano le situazioni patrimoniali e il conto economico, era idonea a dimostrare l'insussistenza dei requisiti per l'assoggettamento a fallimento, in relazione sia all'attivo patrimoniale, sia ai ricavi lordi e sin anche all'indebitamento, stante la mancanza dei presupposti soggettivi di assoggettamento a fallimento in forza della mancanza di movimentazioni contabili successive alla messa in liquidazione volontaria.

LA DECISONE: Il ricorso è stato ritenuto fondato dalla Cassazione la quale, nell’accoglierlo con rinvio della causa alla Corte di Appello di provenienza, ha osservato che:

  1. la prova circa l’insussistenza dei presupposti soggettivi ai fini della dichiarazione di fallimento [oggi liquidazione giudiziale, N.d.r.] può essere fornita anche con strumenti probatori alternativi ai bilanci depositati degli ultimi tre esercizi non assurgendo i bilanci depositati a prova legale;

  2. al debitore è riconosciuta la possibilità di avvalersi delle scritture contabili dell'impresa, come di qualunque altro documento, formato da terzi o dalla parte stessa, suscettibile di fornire la rappresentazione storica dei fatti e dei dati economici e patrimoniali dell'impresa, documentazione da ritenersi alternativa alla produzione dei bilanci depositati;

  3. l’omesso deposito dei bilanci in sede prefallimentare - omissione rilevante ai fini dell'obbligo di consegna al curatore che insorge dopo la sentenza dichiarativa di fallimento è irrilevante al fine di ritenere non assolto l'onere della prova in ordine al possesso dei requisiti dimensionali.

Il Giudice del merito, hanno concluso gli Ermellini, ha l'onere di valutare, ai fini della dichiarazione di fallimento, [oggi liquidazione giudiziale, N.d.r.], la documentazione prodotta dal debitore, mentre nel caso esaminato la sentenza impugnata si è limitata a valutare la circostanza in fatto dell'omesso deposito dei bilanci da parte della società debitrice, ma non ha esaminato, ai fini dell'assolvimento dell'onere della prova incombente sul debitore, l'ulteriore documentazione da questi prodotta.



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