Cominciano ad emergere nei Tribunali Ordinari le prime criticità della Riforma della Giustizia Ripartiva come disciplinata dal Legislatore agli artt.i 42-67 del D.Lgs. 150/2022.
Giovedi 9 Gennaio 2025 |
Con due Ordinanze adottate il 2 maggio 2024,di contenuto identico,pubblicate nella Gazzetta Ufficiale il 28 agosto e il 18 settembre 2024, il G.U.P. del Tribunale di Grosseto ha sottoposto alla Corte Costituzionale la questione di legittimità dell’art.420-quater, co.4, C.p.p. «nella parte in cui la sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza del processo da parte dell’imputato non prevede l’avviso della facoltà di accedere ai programmi di Giustizia Riparativa».
Invero,le due Ordinanze meritano rilievo per la puntuale analisi ivi contenuta della funzione che ricopre l’avviso all’indagato/imputato/condannato della possibilità di accedere ai programmi di giustizia riparativa nell’ambito del nostro sistema processuale a seguito della c.d. Riforma Cartabia.
Le controverse decisioni della Suprema Corte
Il G.U.P.di Grosseto,infatti,ripercorrendo le recenti decisioni della Cassazione, pone in rilievo il palese contrasto sorto tra due pronunce emesse entrambe ds Sezioni diverse il 9 maggio 2024 ed a cui la giurisprudenza successiva ha aderito.
In effetti,con la sentenza n.25367/23,la Sesta Sezione ha affermato che l’omesso avviso della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa non determina alcuna nullità e, dunque, non inficia l’atto che non lo contenga.
Ad una opposta conclusione è,invece,pervenuta la sentenza n.32360/23 della Quarta Sezione ove si afferma che l’omissione in commento integri una nullità a regime intermedio ai sensi dell’art. 178, lett. c, c.p.p., incidendo direttamente sul diritto di difesa dell’imputato (per un più ampio commento v.su questa Rivista gli articoli dello stesso autore).
La divergenza tra questi due orientamenti riguardano la funzione che riveste l’avviso in questione nell’ambito dell’esercizio del diritto difesa:
Invero,secondo la prima sentenza, l’avviso avrebbe una finalità meramente informativa;mentre,per contro,la seconda pronuncia ha affermato l’importanza fondamentale dell’avviso al fine di garantire l’effettività del diritto di difesa.
In attesa del necessario intervento delle Sezioni Unite della Suprema Corte,le Ordinanze in questione potrebbero fornire rilevanti indicazioni al Giudice delle Leggi in base alla ricostruzione operata dal G.U.P. toscano,pienamente condivisibile,ai fini dell’accesso ai programmi di giustizia riparativa e della salvaguardia del diritto di difesa, oggetto di rimessione da parte del Giudicante..
Ciò posto,vanno esaminate in maniera più approfondita le Ordinanze di rimessione alla Corte Costituzionale sull’importante argomento.
La rilevanza delle Ordinanze
In particolare, dall’esame di entrambi i provvedimenti emerge che la soluzione prospettata dal Giudicante,che accoglie l’orientamento della Quarta Sezione della Cassazione,appare l’unica in grado,da un lato,di rendere operativo il nuovo Istituto e,dall’altro,di rendere effettivo il diritto di difesa delle Parti, come pure sostenuto in Dottrina(v.ex multis S.De Popolo,Omesso avviso,in Riv.Giurisprudenza Penale)
Tuttavia la decisione della Corte delle Leggi,in entrambi i casi,potrebbe dirimere il citato contrasto,specie in relazione all’art.24 Costituzione alla luce della illegittimità sollevata nelle Ordinanze che riguarda,in maniera più ampia,il diritto di informazione delle Parti sulla possibilità di accedere alla Giustizia Riparativa e delle ricadute positive che potrebbe avere l’esito positivo del procedimento, specie per quanto concerne la posizione della Vittima del reato.
In particolare,il G.U.P. di Grosseto,individuando un legame indissolubile con l’esercizio del diritto di difesa,ritiene che la mancata previsione dell’obbligatorietà di detto avviso,benché prevista in relazione ad altri atti da notificare all’indagato/ imputato/condannato,tra cui quelli relativi alla vocatio in iudicium,sia contraria al principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione e all’inviolabile diritto di difesa sancito dall’art.24 Cost.e,come tale, viziata da illegittimità ove non previsto dalla normativa inrodotta.
La questione è emersa al termine di un procedimento conclusosi con una sentenza di non doversi procedere per irreperibilità dell’imputato,ai sensi dell’art 420-quater,co.4 C.p.p.,in cui il Giudicante,analizzando i necessari avvisi conseguenti alla decisione emanata ed a quelli dovuti, come nel caso di fissazione della udienza preliminare,ha rilevato un’ingiustificata disparità di trattamento ed ha affermato che «sulla base della disciplina attualmente vigente, mentre l'imputa to è avvisato della possibilità di accedere ai programmi di giustizia riparativa,nel caso in cui la notifica dell'avviso ex art. 419 del codice di procedura penale vada a buon fine, analogo avviso non gli è dovuto nella ipotesi in cui, a seguito della sua iniziale irreperibilità, la citazione davanti al giudice dell'udienza preliminare avvenga attraverso la notifica ex art.420-quater,dato che né quest'ultimo articolo,che stabilisce il contenuto della sentenza, né l'art.420-sexies,che disciplina le attività della polizia giudiziaria all'atto della notifica, prevedono che sia dato avviso all'imputato della possibilità di accedere ai programmi di giustizia ripa rativa» con grave pregiudizio per la difesa dello stesso.
Sul punto,il Giudice toscano si chiede,inoltre,se il diverso trattamento riservato alle due evenienze processuali sia lesivo o meno del principio di uguaglianza ex art.3 Costituzione» come pure del diritto di difesa,che,pertanto, appare suscettibile di dubbi di legittimità.
Nell’argomentare la decisione,il G.U.P. ricorda,innanzi tutto,la funzione dell’Istituto introdotto dalla Riforma Cartabia che,in base all’’art.42 e ss del D.Lgs 150/2022,attribuiscono alla “Giustizia Riparativa”una definizione“solo per esclusione atteso che essa non costituisce un rito speciale,ma al più un procedimento incidentale,parallelo alla giustizia ordinaria penale”, come stabilito dalla Suprema Corte in una decisione di cui si dirà oltre..
Pertanto,secondo il Giudicante,”per tale ragione,essa non è una causa di estinzione del reato se non limitatamente all'ipotesi della remissione tacita di querela ai sensi del (nuovo) art. 152 del codice penale e, tanto meno,non è una causa di non punibilità o di non procedibilità e non è un'alternativa al processo e alla pena,né un'alternativa alla giustizia penale, non sostituendosi ad essa; [...] ma si affianca a quella contenziosa e procede in parallelo ad essa,salvo divenirne complementare e convergere nell'ipotesi della remissione tacita e dell'eventuale sospensione del procedimento nel caso di reati perseguibile a querela ai sensi dell'art. 129-bis, comma 4, codice di procedura penale.
Si tratterebbe,quindi di un sistema che ha connotazioni e regole proprie, che può incidere sul trattamento sanzionatorio”(come si afferma anche nella relazione dell'Ufficio del Massimario della Cassazione).
Inoltre il Giudice remittente osserva che «La Suprema Corte ha avuto modo di recente di occuparsi dell'istituto di nuovo conio, provvedendo a delinearne, con una dettagliata motivazione,i profili di carattere generale e in particolare il rapporto di complementarietà integrativa tra la giustizia riparativa e quella punitiva “secondo un modello - per così dire -autonomistico,in base al quale la giustizia riparativa e quella punitiva procedono separatamente su binari paralleli destinati a non incontrarsi,benché la giustizia riparativa trovi il suo naturale habitat proprio nel procedimento penale nel quale sono promossi i percorsi riparativi con ricadute di effetti positivi,ove ve ne siano” (v.Cass. pen., sentenza n. 6595 del 2024).
In base alla pronuncia innanzi indicata,la Cassazione avrebbe escluso il carattere giurisdizionale del procedimento riparativo,in quanto al suo interno “operano regole di norma non mutuabili da quelle del processo penale, ed anzi,incompatibili con quelle del processo penale: volontarietà, equa considera zione degli interessi tra autore e vittima, consensualità,riservatezza, segretezza» (benchè non manchino opinioni dottrinali di segno opposto -Ndr)
Fatta questa premessa,il Giudice analizza la funzione dell’avviso inteso come possibilità per le Parti (e non solo per l’imputato)di accedere al nuovo Istituto processuale prendendo in considerazione gli opposti orientamenti della Supre ma Corte,innanzi richiamati,e sottolineando che la natura incidentale e il carattere non giurisdizionale della giustizia riparativa,come definita tale nella citata sentenza n.6595/24,porterebbero a «concludere, sulle prime, che l’omesso avviso all'imputato della facoltà di accedervi non espleta alcun rilievo nel parallelo procedimento penale» in linea con quanto sostenuto dalla Sesta Sezione della Corte nella criticata sentenza 25367/23.
In particolare,in tale decisione,«la Cassazione, chiamata a pronunciarsi su un caso in cui la difesa eccepiva tra l'altro l'omesso avviso della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa ,ha respinto il ricorso osservando che la disciplina codicistica non prevede alcuna nullità speciale per il caso di omissione dell'avviso ex art. 419,comma 3-bis,avendo questo solo una finalità informativa che si inserisce, peraltro,in una fase in cui l'imputato beneficia dell'assistenza difensiva,con la conseguenza che dispone già del necessario presidio tecnico finalizzato alla migliore valutazione delle molteplici alterna tive processuali previste dal codice, ivi compresa quella di richiedere l'accesso al programma di giustizia riparativa»(sic!!)
Per contro,ad avviso del G.U.P. toscano,«le motivazioni addotte dalla Suprema Corte a sostegno delle proprie conclusioni non appaiono,condivisibili» in base ad alcune considerazioni.
Innanzitutto,«quanto alla valutazione della funzione meramente “informativa” dell'avviso ex art.419,comma 3-bis, ne risulta scoperto il carattere tautologico, dal momento che la funzione di un avviso è sempre e soltanto quella di informare atteso che anche gli avvisi riguardanti le facoltà di accedere ai riti alternativi assolvono a una funzione meramente informativa, ma non ciò non esclude che siano comunque dovuti, a pena di nullità,in quanto necessari a garantire l'effettivo esercizio del diritto di difesa e,pertanto,Non avrebbe alcun senso parlare di funzione meramente informativa dell’avviso ex art. 419, comma 3-bis,quasi che esistessero avvisi idonei ad assolvere a una funzione ulteriore rispetto a quella informativa.
La eccepita violazone del diritto di difesa
Sotto un secondo profilo,per lo stesso Giudicante,«non appare condivisibile neppure l'altro argomento indicato dalla Corte,secondo cui l'omissione dell'avvi so in questione non sarebbe idoneo a pregiudicare il diritto di difesa dell’imputa to in quanto lo stesso potrebbe comunque beneficiare dell'assistenza tecnica da parte del suo difensore» e ciò per due distinte ragioni:
«In primis,non si può fare a meno di osservare che,se si condividesse tale ragionamento,si finirebbe giocoforza per affermare l'assoluta inutilità di svaria te disposizioni contenute nel Codice di Rito che stabiliscono l'obbligo di avvisare personalmente l'imputato,unitamente al suo difensore come, ad esempio, in merito alla facoltà di accedere ai riti alternativi, che sono obbligatori tanto nei confronti dell'imputato che del suo difensore”.
In secondo luogo,”la motivazione della Cassazione si pone anche in palese contrasto con i principi ribaditi più volte dalla Corte costituzionale in merito all'effettivo contenuto del diritto di difesa,che non si sostanzia soltanto nel diritto a un'adeguata difesa tecnica,bensì anche a quello di essere posti nella condizione per autodifendersi”.
Il Magistrato ricorda che la Corte delle Leggi ha,infatti,costantemente affermato,che“la peculiare natura del processo penale e quella degli interessi in esso coinvolti richiede la possibilità della diretta e personale partecipazione dell'imputato, onde l'autodifesa, che ha riguardo a quel complesso di attività mediante le quali l'imputato è posto in grado di influire sullo sviluppo dialettico del processo, costituisce diritto primario dell'imputato, immanente a tutto l'iter processuale, dalla fase istruttoria a quella di giudizio” (v.Corte Cost.,sent n.341 del 1999, che ha richiamato in motivazione le sentenze n.99/1975,n.205/1971,n. 186/1973).
L’Autodifesa e la difesa tecnica costituiscono,in altri termini,un sintagma indefettibile, che trova il suo riferimento esplicito nell'art. 24 della Costituzione.
In conseguenza il Giudice remittente,contestando la decisione, secondo cui non vi sarebbe alcun vulnus al diritto di difesa poiché l’avviso della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa «si inserisce in una fase in cui l'imputato beneficia dell'assistenza difensiva, con la conseguenza che dispone già del necessario presidio tecnico finalizzato alla migliore valutazione delle molteplici alternative processuali previste dal codice, ivi compresa quella ero,di richiedere l'accesso al programma di giustizia riparativa», osserva che «tale affermazione si pone in palese contrasto con i principi e le puntualizzazioni ribaditi più volte dalla Corte Costituzionale in merito all'effettivo contenuto del diritto di difesa,che non si sostanzia soltanto nel diritto a un'adeguata difesa tecnica, bensì anche a quello di essere posti nella condizione per autodifendersi».
Per il Giudicante non può essere condivisa tale conclusione della sentenza della Sesta Sezione, innanzi commentata,“in quanto tradisce aperta mente il principio enucleato dalla Corte costituzionale sul punto”
Inoltre,sempre secondo il G.U.P.,«Il citato orientamento della Suprema Corte si pone in palese contrasto con le finalità della riforma del 2022 e con la disciplina da essa introdotta.
In particolare l'art. 47, D.Lgs n. 150/2022- “Diritto all'informazione” stabilisce l'obbligatorietà dell’avviso nelle varie fasi del procedimento in quanto “La disposizione mira a consolidare il nesso fra informazione e libera esplicazione del consenso alla partecipazione,con proiezioni sulla "natura del percorso e sui possibili esiti e implicazioni,ivi incluso l'impatto che eventualmente il percorso di giustizia riparativa avrà su futuri procedimenti penali, ponendosi l'obiettivo di assicurare l'incontro con la vittima del reato”. (v.§ 16 della Raccomandazione 2018/8)
Proprio da tale norma deriverebbe l'estrema importanza attribuita dal Legislatore alla funzione informativa degli avvisi,funzione,questa,essenziale affinché il nuovo Istituto della Giustizia Riparativa possa avere un’effettiva quanto concreta attuazione(!!).
Dunque,ad avviso del Giudice toscano,l’orientamento della Sesta Sezione, successivamente accolto da altre pronunce della Suprema Corte,”non appare condivisibile sia perché svilirebbe la previsione dell’obbligo di informazione che grava sull’Autorità Giudiziaria in virtù del citato art. 47 D.lgs.150/2022 sia perché finisce per determinare un inammissibile vulnus alle garanzie procedu rali che l’Ordinamento riconosce all’imputato”.
In linea con questa conclusione si pone anche la previsione dell'obbligo dell'avvi so de quo anche in caso di emissione del decreto di giudizio immediato introdotta dall'art.2,comma 1,lettera r,del D.Lgs 19 marzo 2024,n.31,come necessario correttivo della Riforma Cartabia (anche se ve ne sono altri ancora da apportare da parte del Legislatore - Ndr).
L’opposto orientamento da condividere
Una volta chiarite le ragioni contrarie alla decisone della Sesta Sezione,il Giudicante si sofferma sulle ragioni per cui ritiene di aderire all’opposto orientamento,contenuto nella sentenza n.32360/23 della Quarta Sezione, secondo la quale “l'omesso avviso, nel decreto ex art. 447 del codice di procedura penale, della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa,integra una nullità di ordine generale a regime intermedio ex art. 178, lettera c), del codice di procedura penale, in quanto idonea a incidere sulla completezza dell'assisten za,intesa quale completa informazione sulle facoltà difensive a tutela dell'imputato/indagato”.
In proposito,osserva il Magistrato di Grosseto,che é «senz'altro da preferire l'altro indirizzo giurisprudenziale, espresso dalla Quarta Sezione penale della Cassazione (…) in quanto il procedimento riparativo - benché autonomo,di natura non giurisdizionale e facoltativo – può nondimeno produrre effetti s ostanziali in sede penale,come ad esempio.il riconoscimento all’impu tato dell'attenuante di cui all'art. 62,comma 1, n. 6,del Codice Penale, sulla base della valuta zione dell'esito positivo dello stesso ai fini della commisurazio ne della pena ex art. 133 del codice penale nonché quale presupposto applicativo della sospensione condizionale breve o speciale ex art. 163, comma 4, Codice Penale (v commento dello steso autore su questa Rivista)
Invero,nei reati procedibili a querela lo stesso può costituire un valido stru mento per addivenire alla remissione tacita della stessa.
In definitiva,dal momento che la partecipazione al programma di giustizia riparativa è idonea a produrre significativi effetti sostanziali nel procedimento penale, l'avviso sulla possibilità di accedervi costituisce un'informazione utile a garantire all'imputato di disporre “del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa” (v.art. 111 Costituzione)».
Quest’ultima pronuncia,in particolare,pur configurando un’ipotesi di nullità a regime intermedio nei casi di omissione dell’avviso in questione, non si è spinta fino al punto di affermare che la Giustizia Riparativa costituisce,senza dubbio, un istituto di natura sostanziale come viene,invece,correttamente affermata dal G.U.P. perché “solo comprendendo la natura dell’Istituto si possono trarre le dovute conseguenze anche sul piano processuale,quali le nullità connesse all’omesso avviso in commento ed il vulnus che l’omessa informazione circa la facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa determina sul diritto di difesa dell’indagato/imputato”.
Tanto meno si potrebbe affermare l’esistenza di qualunque ipotesi di nullità degli atti che non contengano il citato avviso né eventuali profili di contrarierà alla Costituzione delle norme che non ne prevedano l’obbligatorietà.
Secondo il Magistrato,non si comprende,peraltro,come la Sesta Sezione abbia omesso di prendere in esame il pur rilevante “precedente storico” relativo alla sospensione del procedimento con messa alla prova,come sancito dalla Corte Costituzionale che,nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art.460 C.p.p. nella parte in cui, tra i requisiti del decreto penale di condanna,non annovera l’avver timento per l’imputato della facoltà di poter richiedere la sospensione del procedimento con la messa alla prova, ha affermato che «L’istituto, introdotto con gli artt. 168-bis, 168-ter e 168-quater cod. pen.,“ha effetti sostanziali,perché dà luogo all’estinzione del reato, ma è connotato da un’intrinseca dimensione processuale, in quanto consiste in un nuovo procedimento speciale, alternativo al giudizio, nel corso del quale il giudice decide con ordinanza sulla richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova” (v.Corte Cost sent n. 240 del 2015).
Analogamente,con una più recente pronuncia, la stessa Corte delle Leggi ha stabilito che «la sospensione del procedimento con messa alla prova, di cui agli artt. 168-bis e seguenti del codice penale, si configura come un istituto di natura sia sostanziale, laddove dà luogo all’estinzione del reato»22 e «costituisce anch’essa una modalità, tra le più qualificanti (sentenza n. 148 del 2004),di esercizio del diritto di difesa»( v.sent.n. 201 del 2016 e n. 237 del 2012; nello stesso senso, sent. n. 219 del 2004 e n. 497 del 1995).
Per contro,applicando i medesimi criteri che hanno condotto la Consulta ad affermare la natura sostanziale della messa alla prova,al medesimo risultato si dovrebbe pervenire con riguardo alla giustizia riparativa, in virtù delle evidenti similitudini (sostanziali e processuali) che intercorrono tra i due Istituti
Una volta chiarita la natura sostanziale dell’Istituto,non possono esservi dubbi sulla necessità di ricomprendere la giustizia riparativa tra le modalità di esercizio del diritto di difesa e che l’omesso avviso della facoltà di accedere ai programmi previsti determina una significativa compressione del diritto di difesa dell’indagato/imputato,poiché non viene posto nelle condizioni di esercitare con pienezza la propria difesa(!!).
Inoltre,al di là delle pronunce della giurisprudenza di legittimità citate dalle due ordinanze di remissione,va ricordato che la stessa Corte Costituzionale «ha sottolineato l’essenzialità dell’autodifesa,autonoma e ulteriore rispetto alla difesa tecnica, “soprattutto nell’ambito di quegli atti che richiedono la diretta partecipazione dell’imputato (si pensi all’interrogatorio e all’esame ed alle conseguenti facoltà esercitabili al riguardo” (v sentenza n. 281 del 1995).
In definitiva,anche sotto questo aspetto,le due Ordinanze di remissione del G.U..P. di Grosseto risultano pienamente condivisibili.
Sul punto, non si possono,tuttavia,ignorare le posizioni contrarie di una parte della dottrina secondo cui«l’accesso al programma e l’esito riparativo, con ricadute positive,non possono essere qualificati come un diritto, assimilabile alle posizioni soggettive riconosciute a livello processuale perché non si tratterebbe insomma di una facoltà rientrante tra le facoltà desumibili dal diritto di difesa dell’indagato o della vittima».
Nondimeno,aderendo a tale opinione,si rischia di svilire, da un lato, la funzione innovativa che il Legislatore ha voluto introdurre, almeno per quanto riguarda la posizione della persona indagata/imputata/condannata, impedendo la possibilità di conoscere uno strumento che (come per la messa alla prova) potrebbe determinare l’estinzione del reato o,quantomeno,il riconoscimento di una circostanza attenuante e, dunque, di orientarsi nella scelta della propria strategia processuale(v.S.De Popolo, articolo cit.)
Conclusioni
In conseguenza,appare necessario sul contrasto giurisprudenziale un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite,come pure della Consulta,posto che la Riforma avviata, secondo la Dottrina prevalente,dovrebbe consentire alle parti di intraprendere un percorso di mediazione,al di fuori del Tribunale,guidato da figure professionali esperte in mediazione penale,con l’obiettivo primario di riparare il danno subito dalla Vittima del reato, che ne costituisce il presupposto essenziale di ammissibilità dell’avviso del programma riparatorio.
Tuttavia,in base alle prime decisioni emanate dai Tribunali sulle istanze di accesso ai programmi di Giustizia ripartiva presso i Centri istituendi sul territorio nazionale nei 26 Distretti di Corte di Appello,emerge la disapplicazione della normativa istitu tiva del procedimento riparatorio stante la mancata costituzione delle Conferenze locali incaricate di individuare gli Enti locali a cui affidare il compito di istituire i Centri e organizzarne i servizi,dotandoli di mediatori esperti tramite appalti o con venzioni tra quelli formalmente riconosciuti ed assicurando i “livelli essenziali di prestazioni richiesti”.
Come afferma la Dottrina, la Giustizia, di per sè, dovrebbe già incarnare lo spirito riparatorio per un danno patito meritevole di tutela nel nostro Ordinamento.
Ebbene,con la Riforma,entrata in vigore nel Giugno 2023,si è voluto acutizzare il ruolo risanante che l’iter processuale deve perseguire,mettendo sempre più in relazione il “colpevole” con la “vittima”,sulla base di un libero consenso manifestato da quest’ultima.
Si sostiene,ad una visione non approfondita,che questo tentativo di conciliare i due soggetti opposti della fattispecie giuridica lesa sembrerebbe quasi una forzatura, un tentativo goffo di addivenire ad una remissione quantomeno formale di quanto avvenuto a seguito del comportamento illecito del colpevole.
Invece,la Giustizia Riparativa,come intesa dal Legislatore,ha un potenziale notevole,sebbene ad oggi inespresso,a causa dei prevedibili e consueti ritardi da parte della Amministrazione giudiziaria a cui addono le controverse interpretazioni delle norme regolatrici del procedimento.
Si tratta,dunque,di avviare senza indugio una nuova Giustizia inclusiva con l’intento di cambiare la risposta al crimine commesso, al vulnus creato nell’Ordinamento Giuridico in cui la “mediazione autore – vittima” diviene lo strumento principale, quasi un simbolico vessillo di questo nuovo istituto.
E’ evidente che,solo superando le criticità innanzi esposte,derivanti dall’avvio della Riforma,la Giustizia Riparativa potrebbe trovare concreta attuazione.
Inoltre,solo accedendo alla tesi espressa dalla Quarta Sezione della Corte di cassazione e accolta da entrambe le Ordinanze innanzi commentate,verrebbe tutelata,da un lato,l’intenzione del legislatore di implementare e rendere operativa la giustizia riparativa e, dall’altro, la pienezza e l’effettività del diritto di difesa.
Da ultimo,non va trascurato neppure che lo stesso obbligo informativo grava sull’A.G procedente anche nei confronti della Vittima di Reato,come sancito dallo stesso art.47 del D.Lgs 150/2022, atteso che l’intera Riforma della Giustizia è destinata a tutelare le Vittime come soggetti deboli del processo penale e che la mancanza di una corretta informazione finirebbe per svilire gli obbiettivi voluti dalla Riforma stessa ,con ricadute opposte alla risarcibilità delle stesse..