Con la ordinanza n. 17808/2015 la Corte di Cassazione ribadisce alcuni importanti principi in materia di assegno di mantenimento e di revisione delle condizioni di separazione e divorzio.
Nell'ambito di un procedimento di modifica delle condizioni di divorzio, il ricorrente chiedeva di essere esentato dall'assegno per la moglie e di veder ridotto quello per la figlia, maggiorenne: sia il Tribunale che la Corte di appello respingevano le istanze del ricorrente e, in accoglimento delle richieste della moglie, aumentavano l'importo dell'assegno in favore della beneficiarie nella misura complessiva di Euro 500,00 mensili.
Il marito propone impugnazione avanti alla Corte di Cassazione, la quale rigetta il ricorso ritenendo infondati i motivi di doglianza nei seguenti termini.
Per il il ricorrente la Corte territoriale avrebbe errato là dove non si sarebbe ispirata al "comune sentire della comunità del nostro tempo” e, pertanto, non avrebbe tenuto conto della breve durata del matrimonio fra le parti, ai fini della misura dell'assegno divorzile.
La Corte di Cassazione, nel ritenere infondata la censura, precisa che “in sede di revisione dell'assegno di divorzio, il giudice non può procedere ad una nuova od autonoma valutazione dei presupposti o dell'entità dell'assegno, ma deve limitarsi a verificare se, ed in quale misura, circostanze sopravvenute abbiano alterato l'equilibrio così raggiunto, adeguando l'importo od escludendo l'assegno in relazione alla nuova situazione patrimoniale.”
Pertanto, la durata del matrimonio non può essere dedotta nel procedimento di revisione, ma semmai può essere motivo di gravame avverso la sentenza di divorzio, che ha determinato l'assegno per la moglie.
Il ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebbe erroneamente affermato la sussistenza dell'obbligo a suo carico di contribuire a mantenere la moglie, e non avrebbe tenuto conto di alcune circostanze che avevano comportato un peggioramento delle sue condizioni economiche.
La Cassazione respinge anche questo motivo di doglianza, rilevando che il giudice a quo, correttamente ha evidenziato come il marito non avesse dimostrato che le sue condizioni economiche avevano subito un peggioramento rispetto al momento della pronuncia di divorzio: né il pensionamento né l'età avanzata possono essere di per sè elementi di modifica in peius delle condizioni economiche dell'obbligato, in difetto di una specifica prova al riguardo.