Giudizio di appello: quali conseguenze per l'appellato contumace

Giudizio di appello: quali conseguenze per l'appellato contumace
Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza n. 22461 del 04/11/2015.
Martedi 10 Novembre 2015

La fattispecie in esame, di un certo interesse, decisa dalla Corte di Cassazione con la ordinanza n. 22461/2015, attiene alle conseguenze derivanti dalla mancata costituzione in appello del convenuto, vittorioso in primo grado.

Il sig. B.M. conveniva in giudizio innanzi al giudice di pace una società di autotrasporti per sentirla condannare al pagamento della somma di Euro 2.491,52, quale corrispettivo di prestazioni professionali; la soc. convenuta resisteva in giudizio sostenendo che era impossibile verificare la congruità della pretesa azionata, e in via riconvenzionale proponeva domanda di condanna dell'attore al pagamento di un controcredito di Euro 1.447,39.

Il Giudice di Pace rigettava la domanda principale e accoglieva in parte la domanda riconvenzionale, condannando l'attore al pagamento in favore della società convenuta della somma di Euro 1.498,75.

Nel giudizio di appello, promosso dal B.M., rimaneva contumace la società di autotrasporti e il Tribunale, in totale riforma della sentenza del primo giudice, accoglieva integralmente la domanda dell'appellante e condannava detta società al pagamento in suo favore della somma di Euro 2.491,52.

Il Giudice di appello, nel motivare la propria decisione, affermava che per effetto della non contestazione di cui al novellato art. 115 c.p.c., atteso che la società appellata era rimasta contumace nel giudizio d'appello, dovevano ritenersi provati i fatti e le circostanze articolati e dedotti dall'appellante e su cui l'appellata, scegliendo di rimanere contumace, non aveva svolto alcuna difesa.

Peraltro, per il giudice di appello, visto che era risultata pacifica l'esistenza del credito vantato dall'appellante, che il giudice di pace aveva ritenuto provato solo nell'an e non anche nel quantum, doveva ritenersi conseguita la prova anche del quantum per effetto proprio della mancata specifica contestazione sul punto.

La società di autotrasporti propone ricorso per cassazione, deducendo la violazione o falsa applicazione degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c. e 2697 c.c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c., in quanto nel vigente ordinamento processuale dalla contumacia non possono desumersi a carico del contumace conseguenze di sorta.

Per la Suprema Corte il motivo è manifestamente fondato, essendo il Tribunale incorso in un doppio errore di diritto:

  1. Il primo risiede nell'aver applicato l'art. 115, 1 comma c.p.c. al giudizio d'appello, nonostante il thema decidendum e il thema probandum siano irretrattabilmente definiti in primo grado già all’esito del deposito delle memorie previste dall'art. 183, 6 comma, nn. 1) e 2), c.p.c. ; il Tribunale non può, secondo gli ermellini, vanificare la contestazione espressa dalla soc. convenuta nel giudizio svoltosi davanti al giudice di pace, e non può rideterminare i fatti pacifici e quelli controversi in maniera avulsa e indipendente dalla trattazione di primo grado.

  2. Il secondo errore consiste nell'aver ritenuto che in base all'art. 115, 1 comma c.p.c., nel testo modificato dall'art. 45, comma 14, legge n. 69/09, la contumacia importi ammissione della fondatezza della pretesa avversa.

A tal proposito, la Corte di Cassazione, nel precisare che la contumacia integra un comportamento neutrale cui non può essere attribuita valenza confessoria, e comunque non contestativa dei fatti allegati dalla controparte, che resta onerata della relativa prova, enuncia il seguente principio di diritto: "ai sensi del combinato disposto degli artt. 167, 1 comma e 115, 1 comma c.p.c., l'onere di contestazione specifica dei fatti posti dall'attore a fondamento della domanda, si pone unicamente per il convenuto costituito e nell'ambito del solo giudizio di primo grado, nel quale soltanto si definisce - irretrattabilmente - il thema decidendum (cioè i fatti pacifici) e il thema probandum (vale a dire i fatti controversi). Pertanto, il giudice d'appello nel decidere la causa deve aver riguardo ai suddetti temi così come si sono formati nel giudizio di primo grado, non rilevando a tal fine la condotta processuale tenuta dalle parti nel giudizio svoltosi innanzi a lui".

Testo dell'ordinanza n. 22461/2015

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