La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 8162 del 22 marzo 2023 torna ad occuparsi dei presupposti che legittimano il riconoscimento in capo all'ex coniuge del diritto a percepire l'assegno divorzile.
Lunedi 27 Marzo 2023 |
Il caso: la Corte di appello di L’Aquila respingeva il gravame proposto da Caio avverso la pronuncia con cui il Tribunale del capoluogo abruzzese aveva:
- dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra lo stesso Caio e Mevia; affidato la figlia minore della coppia ad entrambi i genitori con collocazione presso la madre;
- disposto che il padre contribuisse al mantenimento della figlia minore con un assegno di euro 415,00 mensili, oltre che partecipando alla metà delle spese straordinarie;
- dichiarato spettare alla moglie un assegno divorzile di euro 400,00 mensili.
Tizio ricorre per cassazione opponendo, per quel che qui interessa, “nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione dell’art. 5, comma 6, l. n. 898/1970, per avere la Corte di Appello di L’Aquila:
- riconosciuto l’assegno divorzile alla coniuge che non ha mai cercato lavoro, né in costanza di matrimonio né dopo, e per avere lasciato dopo tre mesi l’unico lavoro reperito;
- riconosciuto la spettanza dell’assegno di divorzio nonostante la controparte non abbia mai indicato di aver tentato di reperire un’occupazione lavorativa, né chiesto di provare in via testimoniale una tale evenienza.;
- non valutato che aveva trovato smentita, nel corso del giudizio di merito, il fatto che il rifiuto di lavorare della controparte, in costanza di matrimonio, derivasse da un accordo coniugale.
Per la Corte le censure sono inammissibili oltre che infondate e in tema di assegno divorzile ribadisce i seguenti principi:
a) come chiarito dalle Sezioni Unite, all'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge deve attribuirsi natura assistenziale e natura perequativo-compensativa: quest’ultima discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate;
b) in tal senso, il riconoscimento del detto assegno richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante, e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte dell’art. 5, comma 6, l. n. 898/1970, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno;
c) il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto
d) il principio secondo il quale, sciolto il vincolo coniugale, ciascun ex coniuge deve provvedere al proprio mantenimento, è quindi derogato nell'ipotesi di non autosufficienza di uno degli ex coniugi e anche nel caso in cui il matrimonio sia stato causa di uno spostamento patrimoniale dall'uno all'altro coniuge, ex post divenuto ingiustificato, che deve perciò essere corretto attraverso l'attribuzione di un assegno, in funzione compensativo-perequativa, adeguato a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali;
e) nel caso in esame, la Corte di appello ha evidenziato che Mevia aveva un’età che non le consentiva un inserimento nel mondo del lavoro, tale da ottenere redditi che la potessero rendere autosufficiente economicamente e, nel contempo, che la medesima aveva svolto l’attività casalinga ed educativa, in base a un scelta condivisa col marito, ed aveva contribuito alla conduzione familiare e all’affermazione economica e professionale dell’ex marito.