Divorzio: no al TFR se l'ex coniuge ha svolto l'attività di agente come imprenditore

A cura della Redazione.
Divorzio: no al TFR se l'ex coniuge ha svolto l'attività di agente come imprenditore

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 17883 del 9 settembre 2016 si pronuncia in merito al diritto dell'ex coniuge a percepire una quota del TFR nell'ipotesi in cui il beneficiario abbia svolto attività di agente generale presso un'assicurazione.

Giovedi 15 Settembre 2016

Nel caso in esame, la ex moglie proponeva domanda di attribuzione di una quota dell'indennità di fine rapporto percepita dall'ex coniuge, agente assicurativo, per il periodo coincidente con il rapporto matrimoniale.

Il Tribunale rigettava l'istanza, decisione questa che veniva confermata anche dalla Corte d'Appello in sede di reclamo.

La signora proponeva quindi ricorso per Cassazione, deducendo la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 12-bis L. 898/1970, osservando che la Corte territoriale erroneamente aveva escluso il suo diritto ad una quota del trattamento di fine rapporto, in virtù della natura imprenditoriale dell’attività svolta dall'ex coniuge.

Al contrario, si sostiene nel ricorso, l’indennità percepita dall'ex marito era riconducibile alla previsione dell’art. 12-bis cit., non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la sua natura retributiva e la denominazione adottata dalla contrattazione collettiva, ma soltanto la sua correlazione con l’incremento patrimoniale prodotto nel corso del rapporto dal lavoro dell’avente diritto, giovatosi del contributo diretto ed indiretto dell’ex coniuge.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, ritenendo infondati i motivi di doglianza e osserva:

  1. l’art. 12-bis della legge n. 898 del 1970, nel riconoscere al coniuge divorziato titolare di assegno che non sia passato a nuove nozze il diritto ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, mira a realizzare una forma di partecipazione, sia pure posticipata, alle fortune economiche costruite insieme dai coniugi finché il matrimonio è durato;

  2. con la locuzione “indennità di fine rapporto” il legislatore non ha voluto riferirsi specificamente all’istituto previsto dallo art. 2120 cod. civ. per i lavoratori subordinati privati, osservandosi che la norma in esame non menziona neppure il rapporto di lavoro subordinato;

  3. essa rinvia ad una nozione più generica, comprensiva anche degli emolumenti collegati alla cessazione di rapporti di lavoro parasubordinato, tra i quali va inclusa l’indennità dovuta in caso di risoluzione del rapporto di agenzia;

  4. precisa la Corte che per lavoro deve intendersi esclusivamente una prestazione resa in via prevalentemente personale (comprensiva del lavoro autonomo o della piccola impresa individuale in regime di parasubordinazione con collaborazione coordinata e continuativa)

  5. pertanto, è esclusa dall’ambito applicativo dell’art. 12-bis della legge n. 898 del 1970 l’ipotesi in cui, come nel caso di specie, l’attività svolta dall’altro coniuge abbia avuto natura imprenditoriale, per essere stata esercitata mediante una complessa ed articolata struttura organizzativa con vasta dotazione di mezzi e personale;

  6. infatti, partendo dalla formulazione letterale dell’art. 12-bis, che, facendo riferimento alla cessazione non già di un rapporto qualsiasi, ma specificamente di un rapporto di lavoro, esclude la possibilità di ampliare l’ambito applicativo della disposizione in esame fino a ricomprendervi qualsiasi emolumento collegato al venir meno di un’attività economica svolta dall’altro coniuge.

Testo della sentenza n. 17883

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