Venerdi 4 Dicembre 2015 |
Con l' ordinanza n. 24099 del 25/11/2015 la Corte di Cassazione conferma l'ordinanza del Tribunale di Firenze, che, in un procedimento di divorzio tra M. e L., dichiarava la propria incompetenza territoriale in favore del Tribunale di Prato, ove risiede il marito M., convenuto in giudizio, ai sensi dell'art. 4 L.898/1970, mentre il procedimento era stato in origine incardinato davanti al Tribunale di Firenze in base al criterio della residenza del figlio minore della coppia, residente appunto nel capoluogo toscano.
La signora L., proponeva quindi avanti alla Corte di Cassazione regolamento di competenza, sollevando diverse censure al provvedimento del tribunale, tra cui le seguenti:
A) In primo luogo, la decisione del tribunale, nell'interpretare l'art. 4 L. 898/70, non ha rispettato la normativa Europea, in particolare l'art. 12 del regolamento CE del Consiglio n. 2201/2003 del 27/11/2003; secondo la ricorrente, il giudice italiano avrebbe dovuto attribuire all'art. 4 “il significato secondo cui, qualora vi siano figli minori della coppia, il foro territorialmente competente è quello della residenza del minore”, alla luce del principio generale di salvaguardia del preminente interesse del minore sancito dalle disposizioni comunitarie e recepito nell'ordinamento nazionale anche dall'art. 709 ter c.p.c., che prevede la competenza del giudice del luogo di abituale residenza del minore;
B) La ricorrente, in subordine, eccepisce tra l'altro, la illegittimità costituzionale dell'art. 4 L. 898/70 per violazione dell'art. 117 Cost., in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione Europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, come norme interposte, e dell'art. 3 Cost., sul parallelo tra l'art. 4 L.div. e il citato art. 709 ter cpc.
La Cassazione, nella sentenza in commento, conclude per il rigetto delle censure sollevate dalla ricorrente, deducendo che:
- quanto al punto sub. A), per la Corte “ a mente dell'art. 4 L. n. 898/1970, in materia di divorzio, la domanda per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio si propone al tribunale del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio. La lettera della disposizione è insuperabile e non consente interpretazioni alternative che valorizzino la residenza di eventuali figli minori delle parti.”.
Peraltro, aggiunge la Corte, la disposizione de quo non si pone in contrasto con alcuna disposizione comunitaria, e in particolare con il regolamento CE citato, che si riferisce non al riparto di competenza tra i giudici nazionali, ma al riparto di competenza tra gli stati membri dell'Unione.
- quanto al punto sub. B), per la Corte non ricorrono i profili di illegittimità costituzionale della norma in commento: non quello di violazione dell'art. 117 Cost., in quanto le norme interposte invocate (artt. 6 e 13 CEDU) sul giusto processo e l'effettività della tutela giurisdizionale “non possono ritenersi in alcuna misura vulnerate dalla previsione di un criterio di riparto della competenza sulla domanda di divorzio basato sulla residenza del convenuto, anziché dell'eventuale figlio minore delle parti: criterio che è arbitrario assumere comprometta detta effettività.”.
Parimenti, non costituisce violazione dell'art. 3 Cost. sollevato dalla ricorrente sul parallelo con l'art. 709 ter cpc, il quale ha riguardo alle "controversie insorte tra i genitori in ordine all'esercizio della potestà -ora responsabilità- genitoriale o delle modalità di affidamento", per le quali peraltro prevede la competenza del "giudice del procedimento in corso", mentre prevede la competenza del tribunale del luogo di residenza del minore per i "procedimenti di cui all'art. 710 cpc", relativi alla "modificazione dei provvedimenti riguardanti i coniugi e la prole conseguenti alla separazione": procedimenti, questi, del tutto diversi da quello di divorzio e nei quali l'interesse della parte convenuta non è centrale alla stessa maniera che in quello.
Infine, per gli Ermellini, non ha alcun fondamento il richiamo al principio di tutela del preminente interesse del minore, che, per come è sancito nell'art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e nello stesso art. 3 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 1989, attiene al contenuto della decisione da assumere e non al riparto di competenza.
Confermata pertanto la competenza territoriale del tribunale di Prato.