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Premesso
Il Tribunale di Firenze, accogliendo l'eccezione sollevata dal convenuto, ha dichiarato la propria incompetenza territoriale, in favore del Tribunale di Prato, sulla domanda di divorzio proposta dalla sig.ra L.R. nei confronti del sig. M.G. , sul rilievo che quest'ultimo risiede in Prato e non conta che in Firenze risieda il figlio minore della coppia. L'art. 4 l. 1 dicembre 1970, n. 898, infatti, radica la competenza sulla domanda di divorzio nel luogo di residenza del convenuto; né, atteso il chiaro disposto della norma, sarebbe consentita una diversa lettura della stessa, che valorizzi invece il luogo di residenza del figlio minore interessato dai provvedimenti accessori riguardanti la prole dei divorziandi; né infine si giustificano, manifestamente, sospetti di incostituzionalità di tale disciplina. La sig.ra L. ha proposto ricorso per regolamento di competenza articolando quattro motivi di censura. L'intimato ha presentato memoria e il P.M. ha concluso, ai sensi dell'art. 380 ter c.p.c., per la conferma della declaratoria di competenza del Tribunale di Prato.
Considerato
Con il primo motivo di ricorso si lamenta che il Tribunale, nell'interpretare la disposizione dell'art. 4 l. n. 898 del 1970 relativa alla competenza territoriale, abbia violato il dovere di interpretazione conforme alla normativa Europea, e in particolare al quinto, dodicesimo e trentatreesimo "considerando", nonché art. 12 del regolamento CE del Consiglio n. 2201/2003 del 27 novembre 2003. La tesi della ricorrente è che, tenuto conto del potere del giudice del divorzio di dare anche disposizioni in ordine alla prole, al richiamato art. 4 va attribuito “il significato secondo cui, qualora vi siano figli minori, il foro territorialmente competente è quello della residenza del minore”, alla stregua del principio generale di salvaguardia del preminente interesse del minore posto dagli strumenti internazionali e comunitari e recepito nell'ordinamento nazionale dall'art. 709 ter c.p.c., introdotto con la l. 8 febbraio 2006, n. 54, e dalla consolidata giurisprudenza, che attribuisce al giudice del luogo di abituale residenza del minore l'adozione dei provvedimenti di cui agli artt. 330 e 333 c.p.c.. In tal senso dispone, ad avviso della ricorrente, il regolamento Europeo sopra menzionato, al quale dunque il Tribunale doveva conformare l’interpretazione della norma nazionale, anche in applicazione dei principi del giusto processo che, nella materia in esame, comportano l'attribuzione della competenza al giudice di prossimità - e dunque al giudice della residenza del minore - al fine di assicurare l'accesso effettivo alla giustizia, ai sensi dell'art. 81, par. 2, lett. e) del trattato di Lisbona e dell'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. ...
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