Responsabilità dell' avvocato: nesso causale e criterio probabilistico

Responsabilità dell' avvocato: nesso causale e criterio probabilistico
Mercoledi 9 Dicembre 2015

In tema di responsabilità professionale dell'avvocato, si segnala una interessante sentenza della Corte di Cassazione, che ne delinea i presupposti e i limiti di operatività anche nel caso di mancata o carente attività istruttoria.

Il caso prende le mosse da una procedura per l'accertamento dell'obbligo del terzo promosso dal legale di due creditori a seguito della contestazione delle dichiarazioni negative rese dai terzi pignorati in sede di esecuzione presso terzi.

Il Tribunale rigettava la domanda con la motivazione che parte attrice non aveva fornito la prova fondante le proprie ragioni: la medesima era decaduta dalla facoltà di proporre istanze istruttorie e l'esibizione, richiesta da parte attrice, non poteva essere disposta ex officio.

Gli attori venivano, conseguentemente, condannati al pagamento delle spese di lite in favore dei convenuti per complessivi Euro 12.568,63.

Il legale, ritenendo sussistente l'errore professionale in cui era incorsa, denunciava quindi il sinistro alla propria assicurazione, la quale inviava proposta di rimborso per un importo pari ad un terzo soltanto delle anzidette spese legali; trattandosi di proposta contraria alla polizza assicurativa, l'avvocato, fornita alla cliente la provvista per il pagamento delle spese legali, agiva in giudizio per essere integralmente indennizzata dalla M. Assicurazioni S.p.A.

Il Tribunale rigettava la domanda dell'avvocato, compensando interamente le spese di lite, ritenendo che, nonostante l'errore professionale in cui probabilmente era incorso il legale per non aver tempestivamente formulato le istanze istruttorie, “era mancata, per potersi affermare l'operatività della stipulata polizza assicurativa per la responsabilità civile, la dimostrazione che una diversa attività del difensore avrebbe potuto dar luogo ad una differente e più favorevole decisione per i clienti”.

In definitiva, l'avvocato avrebbe dovuto dimostrare a) che era in condizioni di dedurre prove orali o produrre documenti e b) che soprattutto, "quei documenti e quelle prove sarebbero stati probabilmente determinanti per l'accoglimento della domanda”.

In appello la sentenza di primo grado veniva confermata; peraltro, la Corte rilevava, per inciso, che il pignoramento di quote di una s.r.l. andava eseguito, a decorrere dall'anno 2003, ex art. 2471 c.c, mediante notificazione al debitore e alla società e non con le forme del pignoramento presso terzi, cosi come realizzato nella specie.

Il legale proponeva ricorso per Cassazione.

La Cassazione, con la sentenza n. 23209 del 13/11/2015, rigetta il ricorso, affermando che “la sentenza impugnata, in armonia con la giurisprudenza di questa Corte in materia di responsabilità civile dell'avvocato (cfr., tra le altre, Cass., 7 agosto 2002, n. 11901; Cass., 5 febbraio 2013, n. 2638), muove dal presupposto che l'inadempimento non assuma rilievo di per sè assorbente, giacchè occorre dare invece evidenza al nesso eziologico tra condotta negligente/imperizia e danno, tramite una valutazione positiva, compiuta ex ante (alla luce della regola causale "di funzione" del "più probabile che non"), per cui, a fronte del comportamento dovuto, il cliente avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni o, comunque, effetti più vantaggiosi”.

Quindi, in ragione del principio probabilistico, non è sufficiente per la Corte dedurre la carenza di allegazione in punto di deduzioni istruttorie, ma è necessario dimostrare che una condotta processuale diversa avrebbe reso più probabile il raggiungimento di un risultato positivo nella causa.

Testo integrale della sentenza

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