La Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 765 del 16 gennaio 2020 ribadisce la natura assistenziale e perequativo-compensativa dell'assegno di divorzio e si pronuncia in merito al diritto dell'ex coniuge, che ha lasciato la propria attività lavorativa, di percepire l'assegno.
Martedi 21 Gennaio 2020 |
Il caso: La Corte d'Appello, nell'ambito di un giudizio per lo scioglimento del matrimonio tra R.I e S.H,. confermava la decisione di primo grado del Tribunale che aveva posto a carico dell'ex marito l'obbligo di versare all'ex coniuge un assegno di divorzio di € 350,00 mensili, oltre ad un assegno di mantenimento per il figlio di € 850,00 e ad contributo alle spese straordinarie nella misura del 70%.
R.I. ricorre in Cassazione, contestando che la Corte territoriale, omettendo ogni verifica sull'an debeatur, si era discostata dai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità nella sentenza n. 11504/2017; inoltre aveva confermato la ripartizione delle spese straordinarie in relazione alle diverse capacità reddituali senza averle raffrontate e senza aver dato conto delle dazioni economiche che il padre aveva direttamente elargito al figlio.
La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ribadisce alcuni principi, già espressi nella nota sentenza delle Sezioni Unite n. 18287/2018:
a) è principio consolidato che all'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dal principio costituzionale di solidarietà;
b) il suddetto principio conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate;
c) nel caso in esame, la Corte territoriale ha riconosciuto all'ex moglie l'assegno divorzile non per assicurare il pregresso tenore di vita, ma per mantenere le condizioni di vita adeguate al progetto familiare e sociale che la cessazione del matrimonio aveva interrotto: i giudici d'appello hanno considerato:
- che la ex moglie aveva lasciato la sua patria per trasferirsi in Italia con il marito;
- che la ex moglie si era dedicata alla famiglia nei primi anni del matrimonio con la nascita del figlio fino al momento della separazione;
- che successivamente alla separazione la ex moglie aveva trovato un lavoro ed aveva reperito un alloggio, ove vivere con il figlio, prima in affitto e poi aveva acquistato un immobile, accendendo un mutuo;
- che provvedeva al mantenimento del figlio non autosufficiente;
d) per quanto riguarda poi le spese straordinarie, per la Corte il motivo di impugnazione è inammissibile, in quanto sollecita un riesame del merito in maniera generica; peraltro il ricorrente chiede che siano considerate le dazioni economiche direttamente elargite al figlio, che però sono da ritenersi frutto di evidenti liberalità spontanee, che non rientrano nel novero della partecipazione alle spese.