Con l'ordinanza n. 34888 del 17 novembre 2021 la Corte di Cassazione è tornata ad affrontare la questione del diritto al rimborso dei compensi da parte dell'Erario dell'avvocato che non abbia potuto recuperare l'onorario per irreperibilità dell'assistito.
Venerdi 19 Novembre 2021 |
Il caso: II tribunale di Chieti respingeva la richiesta di liquidazione dei compensi avanzata dall'avv. E.P. per la difesa d'ufficio svolta in un procedimento penale in favore di I.S.; la pronuncia veniva confermata dal giudice dell'opposizione, osservando che non era stato adottato un provvedimento formale dichiarativo dell'irreperibilità della parte e non erano state esperite le procedure di recupero del credito.
Il legale ricorre in Cassazione, deducendo che:
a) il ricorrente aveva tentato di contattare l'imputato, notificandogli l'invito ad esperire la procedura di negoziazione assistita, ma che questi era risultato irreperibile;
b) in tale situazione, non era necessaria alcuna ulteriore attività, volta al recupero giudiziale del credito, venendo in rilievo la situazione di irreperibilità di fatto.
Per la Suprema Corte il motivo è fondato e il ricorso merita accoglimento: sul punto osserva che:
1) è orientamento costante che il difensore d'ufficio che abbia inutilmente esperito la procedura esecutiva volta alla riscossione dell'onorario, abbia diritto al rimborso dei compensi da parte dell'erario, con relativa liquidazione da parte del giudice ai sensi del combinato disposto degli artt. 82 e 116 del d.P.R. n. 115 del 2002;
2) tuttavia, tali iniziative di recupero del credito si rendono necessarie ove l'assistito sia tuttavia reperibile, potendo essere concretamente e proficuamente avviate e coltivate;
3) più in particolare, nel caso in cui l'autorità giudiziaria abbia formalmente dichiarato l'irreperibilità dell'indagato, dell'imputato o del condannato, il difensore d'ufficio, che intenda richiedere la liquidazione dei compensi per l'attività professionale svolta, ex art. 117 del d.P.R. n. 115 del 2002, non ha l'onere di provare la persistenza della condizione di irreperibilità, né di essersi attivato in via giudiziale per ottenere il pagamento delle spettanze;
4) inoltre, anche caso in cui sia mancata tale dichiarazione formale, il giudice è tenuto a riconoscere quanto spettante al difensore, ove l'assistito non sia "di fatto" reperibile, essendo ogni ulteriore attività vanificata a monte dall'impossibilità di rintracciare l'interessato;
5) pertanto, ha errato il tribunale che ha dato rilievo alla mancanza di una formale dichiarazione di reperibilità ed ha ritenuto necessario un tentativo serio di recupero del credito a prescindere dalla dedotta irreperibilità di fatto dell'assistito.
Decisione: il giudice del rinvio dovrà pertanto verificare se gli elementi addotti dal ricorrente consentissero di ravvisare una condizione effettiva di irreperibilità, tale da sollevare il difensore dall'onere di intraprendere le iniziative di recupero del credito professionale.
Cassazione civile ordinanza n.34888 2021