Difesa di più parti: il giudice deve motivare il diniego alla richiesta di maggiorazione

A cura della Redazione.
Difesa di più parti: il giudice deve motivare il diniego alla richiesta di maggiorazione

Il giudice di merito, investito della richiesta di riconoscere una maggiorazione del compenso professionale nell'ipotesi di assistenza e difesa di più parti, ha l’obbligo di motivare le ragioni del riconoscimento, o del diniego, di detto incremento.

Mercoledi 25 Settembre 2024

In tal senso si è pronunciata la Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 25231/2024.

Il caso: Con ricorso ex art. 170 D.P.R. n. 115 del 2002 Mevia proponeva opposizione avverso il decreto del Tribunale di Messina, con il quale era stato liquidato il compenso dovutole per l’assistenza di un soggetto ammesso al beneficio del patrocino a spese dello Stato nell’ambito di un procedimento civile; la ricorrente lamentava, in particolare, l’erroneità della liquidazione, poiché il Tribunale aveva applicato i valori minimi della tariffa, senza operare la maggiorazione prevista per l’assistenza di più parti.

Il tribunale di Messina rigettava l'opposizione; Mevia ricorre in Cassazione, lamentando, con il secondo motivo, la violazione o falsa applicazione degli artt. 4 del D.M. n. 55 del 1994, 111 Cost., 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., in quanto il Tribunale avrebbe omesso di riconoscere la maggiorazione prevista dalla tariffa per l’ipotesi di assistenza di più parti, fornendo una motivazione sostanzialmente assente.

Per la Cassazione la censura è fondata; sul punto rileva che:

a) l’art. 4 del D.M. n. 55 del 2014 riconosce la facoltà, e non l’obbligo, per il giudice di riconoscere la maggiorazione del 20% del compenso nel caso di assistenza di più parti; trattandosi di facoltà, nessun obbligo sussiste, in capo al giudice di merito, di applicare l’incremento, anche in presenza di controversie complesse;

b) la valutazione demandata al giudice di merito è finalizzata ad individuare il compenso in concreto adeguato all’attività effettivamente svolta dall’avvocato: nell’ambito di tale apprezzamento, il meccanismo previsto dall’art. 4 è evidentemente teso a bilanciare il diritto del difensore a conseguire un compenso adeguato all’attività espletata e non lesivo della dignità e del decoro della professione forense, con l’opposto interesse dell’assistito a non essere esposto al pagamento di compensi esagerati; tale esigenza, che vale già all’interno del rapporto tra cliente ed avvocato, è ancor più immanente nel caso del patrocinio a spese dello Stato, posta l’esistenza di un interesse pubblico di evitare l’aggravio, a carico dell’Erario, di somme oggettivamente non proporzionate all’attività difensiva effettivamente svolta dal professionista che assista la parte ammessa al beneficio;

c) peraltro grava sul giudice di merito, investito della richiesta di riconoscere una maggiorazione del compenso professionale, l’obbligo di motivare le ragioni del riconoscimento, o del diniego, di detto incremento: nel caso di specie, il Tribunale, nel confermare il diniego della maggiorazione invocata da Mevia, non solo non ha fornito alcuna motivazione a sostegno della propria decisione, ma ha ritenuto non dovuta la motivazione.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 25231 2024

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