In sede di espropriazione immobiliare, il decreto di trasferimento, di cui all'art. 586 cod. proc. civ., è annullabile solo nell'ambito di un'opposizione esecutiva e non in via autonoma.
Giovedi 30 Settembre 2021 |
Con la sentenza in commento – n. 25749 depositata il 22 settembre 2021 – la Cassazione ha affermato un importante principio secondo il quale, allorquando sia spirato il termine per introdurre la fase di merito all'opposizione esecutiva, la parte può sì reiterare l'opposizione ma non introdurre un giudizio autonomo innanzi al giudice ordinario per l'accertamento dei fatti posti a fondamento dell'opposizione.
A causa della presenza della “intricata sequenza di azioni giudiziarie”- così come definita dalla stessa Corte – fondamentale risulta la sintesi dei fatti di causa.
Alla fine degli anni '90, la Banca di Roma iniziò l'esecuzione forzata, per espropriazione immobiliare, nei confronti della propria debitrice e tra i beni espropriati rientrava un locale commerciale che, nel 2006, veniva trasferito a tre aggiudicatari i quali, tuttavia, solo a seguito dell'aggiudicazione, appresero che l'immobile era gravato da una servitù d'uso in favore del condominio del fabbricato, che precludeva qualsiasi destinazione ad uso commerciale.
Con istanza richiesero, perciò, al giudice dell'esecuzione di sospendere le operazioni di distribuzione del ricavato della vendita forzata, di revocare il decreto di trasferimento e di ordinare la restituzione di quanto pagato.
Con ordinanza del 2007, il giudice dell'esecuzione rigettò l'istanza formulata dagli aggiudicatari (a parere della Cassazione sul presupposto implicito che quell'istanza andasse qualificata come opposizione agli atti esecutivi) e fissò un termine per l'inizio del giudizio di merito, nello specifico entro il 30 novembre dello stesso anno. Gli aggiudicatari ignorarono tale termine ma nell'ottobre del 2008 convennero innanzi al Tribunale di Roma il creditore procedente, il custode giudiziale dell'immobile e il curatore del fallimento del debitore esecutato. Il Tribunale adito, nel rigettare la domanda, dichiarava la propria incompetenza funzionale in favore del giudice dell'esecuzione e fissava un nuovo termine ai fini della riassunzione.
Gli attori, nel premettere di non avere alcun onere di riassunzione del giudizio oppositivo (perchè non avevano proposto opposizione ex art. 617 cod. proc. civ., ), chiesero al Tribunale l'annullamento della vendita forzata dell'immobile e la condanna dei creditori procedenti alla restituzione del prezzo e al risarcimento del danno; in subordine, la restituzione dell'aliquota di prezzo corrispondente al minor valore dell'immobile acquistato.
Con sentenza del 2013, il Tribunale di Roma dichiarava la propria incompetenza funzionale in favore del giudice dell'esecuzione (del Tribunale di Roma!). Gli aggiudicatari notificarono alle controparti atto di riassunzione innanzi al Tribunale di Roma, davanti al quale avevano già proposto la domanda originaria che, con sentenza del 2017, dichiarò l'inammissibilità della domanda, come riassunta, condannando alle spese gli attori ed evidenziando, nella decisione, che una volta fissato dal giudice dell'esecuzione il termine per l'introduzione della fase di merito del giudizio di opposizione all'esecuzione, era onere degli opponenti rispettare quel termine.
In mancanza, l'opposizione va dichiarata inammissibile e l'inammissibilità non può aggirarsi con l'introduzione di un giudizio autonomo finalizzato a far valere i vizi della cosa venduta, ex art. 1489 cod. civ. Evidenziava, inoltre, che il giudizio introdotto innanzi a sé “aveva un petitum ed una causa petendi del tutto difformi da quelli del ricorso depositato” nel 2017 con cui era stato chiesto, al giudice dell'esecuzione, la revoca del decreto di trasferimento.
La Suprema Corte, investita della questione dai tre originari aggiudicatari, ha messo, anzitutto, in risalto il comportamento paradossale del Tribunale “che si dichiari incompetente a favore di se stesso”.
In sintesi, nel rigettare sia il primo che il secondo motivo, gli ermellini hanno enucleato quattro principi molto importanti:
1. il decreto di trasferimento dell'immobile pignorato è annullabile solo nell'ambito di un'opposizione esecutiva e non in via autonoma;
2. quando sia inutilmente scaduto il termine per introdurre la fse di merito dell'opposizione esecutiva, è consentito alla parte interessata reiterare l'opposizione ma non introdurre dinanzi al giudice ordinario un autonomo giudizio per far accertare i fatti posti a fondamento dell'opposizione;
3. l'introduzione, dinanzi alla sezione ordinaria del Tribunale di una opposizione esecutiva ai sensi dell'art. 617 cod. proc. civ., che ratione loti spetterebbe alla competenza del medesimo Tribunale, non origina alcuna questione di competenza ma solo di ripartizione di affari all'interno dello stesso ufficio giudiziario;
4. infine, la Corte ha definito abnorme il provvedimento del giudice ordinario con cui ha dichiarato la propria incompetenza a favore di altra sezione dello stesso tribunale, assegnando un nuovo termine per la riassunzione. In tal caso avrebbe dovuto o rimettere la causa al capo dell'ufficio per l'assegnazione alla sezione competente tabellarmente oppure decidere la causa nel merito.
Deve aggiungersi, in riferimento al secondo motivo sollevato dai ricorrenti, che gli stessi avevano lamentato la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., sostenendo che il Tribunale avesse omesso di pronunciarsi sull'annullamento del decreto di trasferimento, ai sensi dell'art. 1427 cod. civ., e sulla domanda di restituzione del prezzo, ai sensi dell'art. 1489 cod. civ. A parere della Corte, il nostro ordinamento consente di rimediare a qualunque decadenza – purchè incolpevole – attraverso l'istituto della rimessione in termini, ai sensi dell'art. 153 cod. proc. civ.
Per i motivi illustrati, la Corte ha rigettato il ricorso e compensato integralmente le spese tra tutte le parti.
Cassazione civile sentenza n.25749 2021