Nell'ipotesi di pronuncia di affidamento preadottivo, la madre biologica che al momento del parto si sia avvalsa della facoltà di non essere nominata nell'atto di nascita, perde il diritto di riconoscere il figlio. A seguito della richiesta di fissazione del termine per il riconoscimento, qualora non venga disposta la sospensione del procedimento e si giunga alla pronuncia dell'affidamento preadottivo, il riconoscimento effettuato successivamente deve considerarsi inefficace ai fini della revoca della dichiarazione di adottabilità del minore.
Giovedi 9 Settembre 2021 |
E' questo il principio espresso dalla Cassazione con ordinanza n. 23316 dello scorso 23 agosto.
La donna, al momento del parto, aveva scelto l'anonimato. Proponeva, successivamente, ricorso al tribunale per i minorenni chiedendo, ai sensi dell'art. 11, secondo comma1, della l. n. 184/83, la sospensione del procedimento per la dichiarazione dello stato di adozione e, contestualmente, la fissazione di un termine per procedere al riconoscimento del figlio naturale.
Il tribunale adìto, nel 2017, rigettava la richiesta di sospensione e dichiarava inammissibile l'ulteriore domanda di fissazione del termine in quanto “il minore non risultava assistito dai genitori biologici o dai parenti entro il quarto grado”. La Corte territoriale investita della questione, dichiarava l’inammissibilità della domanda sul presupposto della sopravvenuta carenza di interesse ad impugnare la decisione da parte della madre, perchè, nel frattempo, era intervenuta la sentenza dichiarativa dello stato di adottabilità del minore. Pertanto, doveva ritenersi venuto meno l'interesse ad impugnare la decisione che aveva negato la sospensione dell'iter di adottabilità, dal momento che il procedimento era, ormai, definito.
Avverso la predetta, la ricorrente adìva la Suprema Corte sulla base di due motivi: con il primo denunciava la violazione e/o falsa applicazione del succitato art. 11, commi secondo e quinto, in quanto la sentenza dichiarativa dello stato di adottabilità era stata pronunciata nonostante il deposito nei termini dell'istanza di sospensione del procedimento di adozione abbreviata. In particolare invocava l'art. 5, comma quarto, della Convenzione europea in materia di adozione dei minori2, ai sensi del quale:” il consenso della madre all'adozione del figlio non potrà essere accettato che dopo la nascita di questi, allo spirare del termine prescritto dalla legge e che non dev'essere inferiore a sei settimane o, ove non sia specificato un termine, nel momento in cui, a giudizio dell'autorità competente, la madre si sarà sufficientemente ristabilita dalle conseguenze del parto”.
Con il secondo, eccepiva la nullità della sentenza della Corte d'appello perchè aveva mancato di pronunciarsi sulla domanda di revoca della sentenza con la quale era stato dichiarato lo stato di abbandono del minore. La Cassazione accoglieva il primo motivo, considerando assorbito il secondo e con sentenza n. 31196 del 2018, enunciava un importante principio di diritto:” in conseguenza di un parto anonimo, il diritto della madre biologica di effettuare il riconoscimento del figlio, avente carattere indisponibile, non è precluso, ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 11, u.c., dalla sopravvenuta declaratoria di adottabilità del minore, a meno che alla stessa non abbia fatto seguito l'affidamento preadottivo del minore; pertanto, in conseguenza della dichiarazione di adottabilità non viene meno il diritto della madre biologica a richiedere la concessione di un termine per procedere al riconoscimento del minore”3.
Tuttavia, la sentenza veniva cassata sulla base della constatazione dell'esistenza di un interesse della madre biologica al riconoscimento del figlio che sarebbe stato non nullo ma inefficace solo se all'epoca fosse stato già disposto l'affidamento preadottivo e considerato che, nel frattempo, era intervenuta anche la sentenza di adozione, passata in giudicato.
Il giudizio veniva riassunto innanzi alla Corte d'Appello la quale, con sentenza, nel 2019, dichiarava inammissibile la domanda di fissazione del termine per il riconoscimento, sottolineando l'intervenuta trasformazione del contesto decisionale ed evidenziando, in particolare, che la concessione del termine ed il consequenziale riconoscimento non avrebbero, in ogni caso, legittimato la madre biologica ricorrente, a chiedere la revoca dello stato di adottabilità. Sulla scorta di queste considerazioni, affermava che l'assegnazione del termine per il riconoscimento avrebbe rappresentato un provvedimento inutiliter datum.
Avverso la sentenza, la donna proponeva ricorso per cassazione lamentando, anche in questo caso, la violazione e falsa applicazione dei commi secondo e quinto dell'art. 11 della L.n. 184/1983, sostenendo che la dichiarazione dello stato di adottabilità avrebbe dovuto essere revocata perchè alla data della pronuncia erano venuti a mancare tutti i presupposti per poterla pronunciare: già il deposito della domanda, farebbe venir meno la presunzione di abbandono.
La Corte ha considerato il motivo infondato, partendo da talune considerazioni sull'ultimo comma del richiamato art. 11, evidenziando cioè che, nel prescrivere l'inefficacia del riconoscimento effettuato successivamente alla dichiarazione di adottabilità e all'affidamento preadottivo, il legislatore ha deciso di mettere in primo piano l'interesse del minore all'inserimento in un nucleo familiare in grado di offrirgli, in primis, stabilità affettiva. Qualora il genitore biologico - la madre in questo caso - richieda la fissazione del termine per poter procedere al riconoscimento del figlio naturale, la sospensione del procedimento non è automatica ma è rimessa alla discrezionalità del tribunale per i minorenni, come prescrive il secondo comma del richiamato art. 11.
Nella ipotesi in cui, a seguito della richiesta di fissazione del termine, non venga disposta la sospensione del procedimento giungendo fino alla pronuncia di affidamento preadottivo, il riconoscimento effettuato successivamente deve ritenersi inefficace e, pertanto, inidoneo a determinare la revoca della dichiarazione di adottabilità, come previsto dall'art. 21, quarto comma4, della l. n. 184/83, la quale può essere disposta solo laddove venga meno lo stato di abbandono del minore, accertato dal tribunale per i minorenni.
Per questi motivi, il ricorso veniva rigettato e compensate le spese processuali.
1 “Nel caso in cui non risulti l'esistenza di genitori naturali che abbiano riconosciuto il minore o la cui paternità o maternità sia stata dichiarata giudizialmente, il tribunale per i minorenni, senza eseguire ulteriori accertamenti, provvede immediatamente alla dichiarazione dello stato di adottabilità a meno che non vi sia richiesta di sospensione della procedura da parte di chi, affermando di essere uno dei genitori naturali, chiede termine per provvedere al riconoscimento”.
2 Firmata a Strasburgo il 24 aprile 1967 e resa esecutiva, nel nostro ordinamento, con la L. n. 357/1974.
3 In senso conforme, Cass. Civ., Sez. I, 7 febbraio 2014, n. 2802: “la immediata declaratoria dello stato di adottabilità del minore e, in ragione dell'uso della locuzione “a meno che” insita nella disposizione di cui all'art. 11 della L. n. 184/1983, espressamente condizionata all'assenza di una richiesta di sospensione che provenga da chi, affermando di essere uno dei genitori, e dunque anche la madre biologica che abbia optato per l'anonimato, chieda termine per provvedere al riconoscimento del minore. La formulazione della richiesta di sospensione, dunque, la quale non è suscettibile di preventiva e definitiva rinuncia stragiudiziale, non è soggetta a termini processuali di decadenza, sicchè ben può intervenire durante tutta la pendenza del procedimento abbreviato di primo grado, purchè prima della sua definizione, posto anche che il comma sette della richiamata disposizione priva di efficacia il riconoscimento solo se effettuato dopo l'intervenuta dichiarazione di adottabilità e l'affidamento preadottivo”.
4 “Nel caso in cui sia in atto l'affidamento preadottivo, lo stato di adottabilità non può essere revocato”.