Con l'ordinanza n. 23153/2019 la Corte di Cassazione chiarisce quando è risarcibile il danno morale soggettivo (c.d. “catastrofale”), inteso come sofferenza della vittima per la consapevole percezione dell'ineluttabile approssimarsi della morte.
Lunedi 11 Novembre 2019 |
Il caso: Tizio e Caio convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Fermo, Sempronio e la societa' Zeta Srl, unitamente alla compagnia di assicurazioni., per sentirli condannare, in solido tra loro, al risarcimento dei danni subiti, deducendo che il giorno 29 dicembre 1995 il loro prossimo congiunto, Mevio, era deceduto a causa delle lesioni subite dallo schiacciamento provocato dal veicolo motopala di proprieta' della societa' Zeta Srl, condotto da Sempronio.
Il Tribunale accoglieva la domanda, condannando i convenuti in solido al pagamento della somma di Euro 190.000 in favore di Tizio, e di Euro 180.000 in favore di Caio, a titolo di danno non patrimoniale conseguente alla perdita del rapporto parentale, riconoscendo altresi' il danno patrimoniale da compensare con la rendita Inail.
Tizio e Caio proponevano appello avverso la sentenza di primo grado; i convenuti si costituivamo con appello incidentale; la Corte d'Appello rigettava sia l'impugnazione principale e quella incidentale, dichiarando integralmente compensate tra le parti le spese del grado.
Tizio e Caio ricorrono in Cassazione deducendo la violazione degli articoli 2056 e 2059 c.c., da parte della sentenza di appello, laddove escludeva il diritto degli eredi del defunto Mevio al risarcimento iure hereditatis del danno morale catastrofale subito dal defunto a causa della morte avvenuta dopo diverse ore dal sinistro stradale:
per la Corte territoriale il lasso temporale intercorso tra l'evento lesivo e la morte, pari a circa due ore e mezza, era stato troppo breve per la configurabilita' del danno;
i ricorrenti al contrario assumono (ed era stato provato in corso di causa) che il congiunto era deceduto dopo oltre due ore e durante questo lasso di tempo egli era stato perfettamente lucido, tanto da avere chiesto al conducente del veicolo di spostarsi in avanti con la pala; pertanto, aveva certamente percepito, in tutta la sua drammaticita', la condizione che stava vivendo, con conseguente configurabilita' di un danno morale terminale o da lucida agonia.
La Suprema Corte, nell'accogliere il ricorso, ha modo di ribadire quali danni non patrimoniali siano isarcibili alla vittima e trasmissibili "jure hereditatis":
a) "danno biologico" (cd. "danno terminale") determinato dalla lesione al bene salute, quale danno-conseguenza consistente nei postumi invalidanti che hanno caratterizzato la durata concreta del periodo di vita del danneggiato dal momento della lesione fino all'exitus: presuppone che le conseguenze pregiudizievoli si siano effettivamente prodotte, necessitando a tal fine che tra l'evento lesivo e il momento del decesso sia intercorso un "apprezzabile lasso temporale"; non ha rilievo che durante tale periodo la vittima abbia mantenuto lucidita';
b) "danno morale cd. soggettivo" (cd. "danno catastrofale" o da lucida agonia), consistente nello stato di sofferenza spirituale od intima (paura o paterna d'animo) sopportato dalla vittima nell'assistere al progressivo svolgimento della propria condizione esistenziale verso l'ineluttabile fine-vita; l'accertamento dell'"an" presuppone la prova della "cosciente e lucida percezione" dell'ineluttabilita' della propria fine.
c) pertanto, se nel tempo che intercorre tra la lesione e il decesso, la persona non e' in grado di percepire la sua situazione, e in particolare l'imminenza della morte, il danno non patrimoniale sussistente e' riconducibile soltanto alla species biologica; se, invece, la persona si trova in una condizione di lucidita' agonica, si aggiunge, sostanzialmente quale ulteriore accessorio della devastazione biologica stricto sensu, un peculiare danno morale terminale;
d) in conclusione, nell'ipotesi in cui le risultanze processuali dimostrino che la persona sia rimasta lucida nello spatium temporis tra la lesione e la morte, dalla lesione al diritto alla dignita' della persona umana (articolo 2 Cost.), deriva la risarcibilita' del danno non patrimoniale, che sussiste sia sotto il profilo stricto sensu biologico, sia sotto il profilo psicologico "morale".