Con la sentenza n. 158/2019, pubblicata il 25 giugno 2019, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 32, comma 2, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), nella parte in cui dopo le parole «È competente il giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento opposto» non prevede le parole «ovvero, nel caso di concessionario della riscossione delle entrate patrimoniali, del luogo in cui ha sede l’ente locale concedente».
Martedi 2 Luglio 2019 |
Pertanto, competente a conoscere delle opposizioni avverso le ingiunzioni emesse dal concessionario della riscossione per il pagamento delle entrate patrimoniali degli enti locali è sempre il giudice del luogo dove ha sede l’amministrazione concedente e non dove ha sede l’agente della riscossione.
IL CASO: La questione di legittimità costituzionale del suddetto articolo è stata sollevata d’ufficio dal Tribunale in riferimento all’art. 24 della Costituzione nell’ambito di un giudizio di opposizione ex art. 3 del regio decreto 14 aprile 1910, n. 639 e ex art. 32 del d.lgs. n. 150 del 2011, promosso avverso l’ingiunzione di pagamento emessa dal Comune e notificata dall’agente della riscossione quale concessionario della riscossione del suddetto Comune.
Il Giudice sollevava la questione di legittimità costituzionale dell’incompetenza per territorio del Tribunale del luogo dove aveva la sede l’agente della riscossione in quanto la stessa potrebbe ricadere in un circondario diverso da quello in cui ricade la sede dell’ente locale concedente e, determinerebbe, così, una condizione di sostanziale impedimento all’esercizio del diritto di azione garantito dall’art. 24 Cost., in ragione dei princìpi affermati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 44 del 2016.
Il Tribunale remittente censurava la norma nella parte in cui, con riguardo alla riscossione coattiva delle entrate patrimoniali degli enti pubblici locali , nello stabilire che per le controversie in materia di opposizione all’ingiunzione di cui all’art. 3 del regio decreto 14 aprile 1910, n. 639 (Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato), «è competente il giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento opposto», sancisce, secondo l’interpretazione datane dalla giurisprudenza di legittimità, l’applicazione di tale regola anche nel caso in cui l’ingiunzione sia stata emessa dal concessionario al quale l’ente pubblico locale ha affidato il servizio di riscossione delle proprie entrate patrimoniali.
LA DECISIONE: La Corte Costituzionale, con l’ordinanza in commento, ritenendo la questione fondata, ha dichiarato l’illegittimità della norma contestata, osservando che:
nel caso esaminato valgono gli stessi principi enunciati dalla stessa Corte di legittimità con la sentenza n. 44 del 2016, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disciplina la quale prevede, per le entrate tributarie, che le controversie proposte nei confronti dei concessionari del servizio di riscossione, nonché quelle proposte nei confronti dei soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53 del d.lgs. n. 446 del 1997, sono devolute alla competenza della commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione i concessionari stessi e i suddetti soggetti hanno sede, anziché di quella nella cui circoscrizione ha sede l’ente locale concedente;
con la suddetta decisione è stato ritenuto che, «poiché l’ente locale non incontra alcuna limitazione di carattere geografico-spaziale nell’individuazione del terzo cui affidare il servizio di accertamento e riscossione dei propri tributi, lo “spostamento” richiesto al contribuente che voglia esercitare il proprio diritto di azione, garantito dal parametro evocato, è potenzialmente idoneo a costituire una condizione di “sostanziale impedimento all’esercizio del diritto di azione” […] o comunque a “rendere ‘oltremodo difficoltosa’ la tutela giurisdizionale”»;
è lo stesso legislatore ad aver precisato all’art. 52, comma 5, lettera c), del d.lgs. n. 446 del 1997, che l’individuazione, da parte dell’ente locale, del concessionario del servizio di accertamento e riscossione dei tributi e delle altre entrate (determinante ai fini del radicamento della competenza) <>;
il rapporto esistente tra l’ente locale e il soggetto cui è affidato il servizio di accertamento e riscossione comporta che, ferma la pluri-soggettività del rapporto, il secondo costituisca una longa manus del primo, con la conseguente imputazione dell’atto di accertamento e riscossione a quest’ultimo;
pertanto, ritenuto irragionevole ai fini del radicamento della competenza territoriale il riferimento alla sede dell’agente a cui è affidato il servizio di riscossione, non può che emergere il rapporto sostanziale tra l’opponente e l’ente concedente.