La giurisprudenza appare variegata e non del tutto uniforme in merito alla portata dell'obbligo sancito dall'art.5 del D.Lgs. n.28/2010 ed alle conseguenze della sua inottemperanza, specie ove l'adempimento sia solo di facciata.
Giovedi 23 Gennaio 2020 |
Le divergenze si evidenziano non tanto nel caso del fallimento della procedura di mediazione, che, iniziata, si concluda negativamente a causa di una indisponibilità irremovibile di una o di entrambe le parti, bensì ove in sede di primo incontro informativo questa indisponibilità si palesi già riguardo alla stessa possibilità di entrare in mediazione.
Questa resistenza talvolta è priva di spiegazioni, altre volte risulta accompagnata da motivazioni generiche e vaghe, spesso velate dietro formule divenute ormai pressochè di rito: "non ci sono le condizioni", "non c'è alcuna possibilità di entrare in mediazione", "la distanza tra le nostre posizioni è incolmabile", fino a sfociare talvolta in una manifestazione di volontà negativa secca e categorica.
Riserviamo ad altra occasione ogni commento riguardo ai casi in cui il rifiuto sia in qualche modo condizionato dal difensore della parte, che con detto comportamento, ove non giustificato da inoppugnabili ragioni di diritto e di fatto, rischia di incorrere in responsabilità professionali e deontologiche gravi.
In questa sede diamo quindi per presupposto che l'indisponibilità o il rifiuto sia espressione di un'inequivocabile volontà della parte-cliente.
E' noto che durante il primo incontro il mediatore, dopo avere chiarito il proprio ruolo e le caratteristiche della procedura di mediazione, "invita le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento"(1).
E' pacifico anche che "Quando l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo" (2) e che "Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'art.116, secondo comma, del codice di procedura civile" (3).
Altrettanto pacifico deve ritenersi ormai in giurisprudenza che, perchè la condizione di procedibilità possa dirsi assolta, la procedura di mediazione debba essere effettiva e che a tal fine le parti debbano partecipare personalmente o tramite un delegato che non solo abbia la legittimazione a trattare e concludere un accordo, ma che abbia anche la necessaria conoscenza dei fatti (4); presupposto questo imprescindibile di qualsiasi conciliazione e, come tale, richiesto in tutte le ipotesi di interrogatorio libero e tentativo di conciliazione giudiziale disciplinato dal codice di rito (5).
A. Quindi nessun dubbio nell'ipotesi in cui, in sede di primo incontro, le parti partecipino e, conclusa la fase informativa entrino subito in mediazione; se questa si conclude negativamente anche nel medesimo primo incontro la condizione di procedibilià deve ritenersi avverata ai sensi dell'art.5 comma 2-Bis del decreto legislativo.
B. Altrettanto pacifica appare l'ipotesi in cui una delle parti non si presenti (nè personalmente nè tramite un proprio procuratore sostanziale) neanche al primo incontro informativo e non aderisca alla procedura di mediazione; il verbale sarà di mancato accordo ed il giudice valuterà l'assenza della parte e trarrà le proprie conclusioni ai sensi dell'art.116, comma 2 c.p.c. (6).
C. I problemi interpretativi nascono nel caso in cui tutte le parti partecipino al primo incontro (così apparentemente escludendo l'ipotesi di cui all'art.8 comma 4-bis, in virtù del quale il giudice può trarre argomenti di prova dalla mancata ed ingiustificata partecipazione della parte) ma una o entrambe si rifiutino di entrare in mediazione.
In tal caso può ritenersi avverata la condizione di procedibilità ai sensi dell'art.5 comma 2-Bis che, come detto, la ammette anche nell'ipotesi in cui il primo incontro si concluda senza accordo?
Questa è la conclusione cui è pervenuta la Cassazione con la sentenza n.8473 del 7 marzo 2019, che tuttavia è stata contraddetta e disconosciuta da diverse pronunce di merito, alcune (come quella del Tribunale di Firenze) di assoluto pregio.
Ma ove si consideri avverata la condizione di procedibilità, la parte o le parti che abbiano rifiutato di entrare in mediazione sono suscettibili di qualche altra misura lato sensu sanzionatoria da parte del giudice?
LA 1^ TESI.
AVVERAMENTO DELLA CONDIZIONE DI PROCEDIBILITA'.
Come detto questa tesi trova il riconoscimento da parte della Cassazione che nella sentenza n.8473/2019, dopo avere ribadito la necessità della partecipazione personale delle parti ha affermato il principio di diritto secondo cui: "La condizione di procedibilità può ritenersi realizzata al termine del 1° incontro davanti al mediatore, qualora una o entrambe le parti, richieste dal mediatore dopo essere state adeguatamente informate sulla mediazione, comunichino la propria indisponibilità di procedere oltre".
Assolutamente in linea con detto orientamento si è posto il Tribunale di Aosta che, con la sentenza del 12.03.2019 (R.G.1273/2016) in un'ipotesi di opposizione a decreto ingiuntivo in cui l'opponente aveva sollevato l'eccezione di improcedibilità per mancato esperimento della procedura di mediazione, conclusa con esito negativo in sede di primo incontro informativo per indisponibilità dell'opposto, ha ritenuto assolta la condizione ai sensi dell'art.5 comma 2-Bis del D.Lgs n.28/2010 "nulla rilevando [...] che una delle parti abbia apertamente rifiutato, nel corso di detto incontro, di entrare nel merito della procedura di mediazione".
In linea con detto orientamento appare anche il Tribunale di Milano che, con la sentenza n. 4275/2019 del 3 maggio dello scorso anno ha ritenuto che "se la mancata partecipazione effettiva alla Mediazione comportasse l'improcedibilità, il legislatore non avrebbe previsto la disciplina di cui all'art.8 comma 4Bis (aggiunto dal D.L. n.69/2013) secondo cui < dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di Mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'art.116 2° comma c.p.c.
Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi di cui all'art.5, non ha partecipato senza giustificato motivo, al versamento [....] di una somma di importo corrispondente al contributo unificato...>".
LA 2^ TESI.
Differente opinione è stata espressa dal Tribunale di Firenze, che, ancora all'indomani della pronuncia della S.C. n.8473, ha rinnegato il sopra citato principio di diritto, ritenendo quell'interpretazione dell'art.8 del D.Lgs. n.28/2010 errata e non coerente con i principi costituzionali e con la normativa comunitaria.
In particolare Cassazione avrebbe frainteso la norma e la sua ratio, finendo per rendere l'obbligo alla procedura di mediazione una mera formalità da superare quanto prima ed al minor costo.
Come puntualmente rappresentato anche dal Tribunale di Firenze con la pronuncia dell'8 maggio 2019, l'art.8 in realtà prevede che in sede di primo incontro le parti ed i loro avvocati sono chiamati ad esprimersi sulla POSSIBILITÀ di iniziare la procedura di mediazione non già sulla loro VOLONTÀ o disponibilità ad entrare in mediazione (7).
Secondo il Tribunale fiorentino, quindi, ove non vi siano preclusioni tecniche alla prosecuzione del procedimento (quali ad esempio problemi di competenza, difetto di legittimazione o di rappresentanza che inficino il contraddittorio e la procedura), ma le parti si limitino a dichiarare che "non sussistono i presupposti" o si rifiutino di proseguire la procedura ed entrare in mediazione, questa non si sarebbe effettivamente svolta e la condizione di procedibilità non si sarebbe avverata.
Anche questa soluzione però lascia perplessi.
Far discendere l'improcedibilità del giudizio dal rifiuto di conciliare o anche solo di tentare di conciliare sembra violare i principi stessi del nostro ordinamento ed in particolare quello della libertà, dell'autonomia negoziale delle parti, nonchè quello stesso della tutela giudiziale del diritto, costituzionalmente garantito.
Non può infatti ipotizzarsi che sia stato così introdotto nel nostro ordinamento il principio dell'accordo ad ogni costo; un accordo che, in quanto frutto di pressione, sarebbe nullo per assenza di uno dei suoi requisiti essenziali.
Questo aspetto è stato rilevato dal Tribunale di Milano che, consapevole del fatto che l'indisponibilità preconcetta debba essere sanzionata, ha ritenuto di individuare la sanzione nell'art.116 2° comma c.p.c.
Il Tribunale meneghino, infatti, con la sentenza 4275/03.05.2019 ha ritenuto che "se la mancata partecipazione effettiva alla Mediazione comportasse l'improcedibilità, il legislatore non avrebbe previsto la disciplina di cui all'art.8 comma 4Bis (aggiunto dal D.L. n.69/2013) secondo cui < dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di Mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'art.116 2° comma c.p.c.
Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi di cui all'art.5, non ha partecipato senza giustificato motivo, al versamento ....di una somma di importo corrispondente al contributo unificato...>"
D'altro canto anche alla luce dell'ultima pronuncia della Corte di Cassazione. (ordinanza n. 23003 del 16.09.2019) in tema di opposizione a d.i., che ha riconosciuto l'obbligo ad esperire la mediazione in capo all'opponente, seguendo il predetto principio si rischierebbe di affermare che non si sia avverata la condizione di procedibilità e quindi debba essere dichiarata improcedibile l'opposizione (con tutto ciò che ne consegue in termini di definitività del decreto ingiuntivo), ove in sede di primo incontro informativo il creditore opposto non si presenti o si rifiuti di entrare in mediazione.
E' evidente che così non può essere.
CONCLUSIONI
Una soluzione può individuarsi solo facendo attenzione al fatto che la condizione di procedibilità prevista dal legislatore non riguarda il giudizio ma solo la domanda.
In ragione di ciò, il comportamento dell'opposto (o della parte non obbligata ex art.5 del D.Lgs) che rifiuti la mediazione non può inficiare in alcun modo la procedibilità della domanda dell'opponente (o dell'obbligato ai sensi del predetto medesimo articolo).
Pertanto,
fermo il principio che nessuno può essere costretto a conciliare nè a mediare;
fermo il principio che il comportamento preconcetto ed ostativo, che causi o protragga un processo, altrimenti evitabile, dev'essere sanzionato;
fermo altresì il principio secondo cui la condizione di procedibilità deve ritenersi assolta solo ove la mediazione sia stata effettiva
sembra potersi concludere che:
1) se la parte obbligata ex art.5 del D.Lgs. non esperisce la mediazione, o non la esperisce effettivamente (non presentandosi personalmente o tramite un suo delegato sostanziale al primo incontro, o ancora rifiutandosi di entrare in mediazione) la condizione di procedibilità non potrebbe ritenersi assolta;
2) ove il citato comportamento sia invece posto in essere dalla controparte, che non ha formulato (o non formulerà nel successivo giudizio) una domanda altrettanto soggetta all'obbligo di cui all'art.5, la condizione di procedibilità dovrebbe ritenersi assolta ed il giudice potrebbe valutare il comportamento della parte riottosa ai sensi dell'art.116 2° comma c.p.c.
3) ove le parti entrino in mediazione ma le trattative falliscano, il giudice dovrebbe valutare il comportamento delle parti in mediazione, specie in presenza di una proposta, ai fini della diversa condanna delle spese di lite, ai sensi dell'13 del D.Lgs. n.28/2010.
4) ove, infine, la mediazione abbia esito negativo perchè una delle parti non si presenta personalmente (o tramite delegato sostanziale a conoscenza dei fatti e della legittimazione ad disporre del diritto) varrebbe quanto detto ai punti 1) e 2) a seconda che si tratti dell'obbligato o della controparte.
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Note
1. V. art.8 comma 1 D.lgs. 28/2010, come modificato dal D.L. n.69/2013 convertito con modifiche dalla L.n.98/2013
2. V. art.5 comma 2-Bis D.lgs. 28/2010, come modificato dal D.L. n.69/2013 convertito con modifiche dalla L.n.98/2013
3. V. art. 8 comma 4-Bis D.Lgs. n.28/2010
4. Cfr. da ultimo Cass.n.8473/2019 e Cass. 18068/2019.
5. Cfr. artt. 185, 420, 447-bis c.p.c.; cfr, anche Cass. 8473/2019 che ha affermato i seguenti principi di diritto: 1) "Nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs.28/2010 e ss.mm., è necessaria la comparizione personale delle parti davanti al mediatore, assistite dal difensore"; 2) "nella comparizione obbligatoria davanti al mediatore la parte può anche farsi sostituire da un proprio rappresentante sostanziale [...] purchè dotato di apposita procura sostanziale".
6. Cfr. per tutte le ultime sentenze della S.C. n.8473 e n.18068 del 2019
7. Cfr. sentenza citata pag.9 e ss.