L'installazione di un ascensore non puo' compromettere il diritto di proprieta' - benche' non goduto - anche di un solo singolo condomino. Nota a Sentenza di Cassazione Sezione II n. 24235/2016 del 29.11.16
Giovedi 29 Dicembre 2016 |
Secondo quanto previsto dal D.M. 236/1989, l'installazione di un 'innovazione di cui all'art. 1120 c.c., qual è certamente l'ascensore, deve lasciare uno spazio minimo di 1,20 metri per la lunghezza delle scale che necessariamente devono continuare a permettere il passaggio contemporaneo di due individui e quello di una barella.
Posto, quindi, che l'installazione di un ascensore in un condominio è opera diretta ad eliminare le barriere architettoniche di cui alla Legge 118/1971 e al DPR 384/1978, questa deve essere approvata, ai sensi della L. 13/1989, dall'assemblea con la maggioranza prescritta rispettivamente dal secondo e dal terzo comma dell'art. 1136 c.c.; fermo restando il disposto degli articoli 1120 secondo comma e 1121 terzo comma c.c., ovvero il divieto della costruzione di innovazioni che rendano taluni parti comuni inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino (Cass. 14384/20014).
Lo stesso principio vale quando l'innovazione produca una sensibile menomazione dell'utilità che il condomino ricavava precedentemente dal bene (Cass. 20639/05).
Quindi le innovazioni dirette a eliminare le barriere architettoniche, come appunto l'installazione di un ascensore, non derogano alle disposizioni di cui all'art. 1120 secondo comma c.c., nella sua precedente versione alla riforma del 2012, ma solo alla maggioranza diversamente prescritta dall'art. 1136 c.c., quinto comma, a sua volta richiamato dal 1120 c.c., ovvero un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell'edificio.
E di tali principi la Giurisprudenza di legittimità ha fatto ampia applicazione in ipotesi identiche a quelle di cui qui ci si sta occupando (Cass. n. 12930/12) persino qualora l'installazione sia volta a favorire le esigenze di condomini portatori di handicap ma ove detta costruzione sia allo stesso tempo lesiva dei diritti di un altro condomino su una porzione di sua esclusiva proprietà ed indipendentemente dal fatto della presenza di eventuali altre utilità compensative (Cass. n. 6109/1994) ed anche laddove l'installazione renda taluni parti comuni inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino (Cass. n. 28290/2011).
Ed allora la Corte, nel caso in commento, ha rilevato come in secondo grado sia stata compiuta un'errata valutazione del principio su esposto in quanto ha escluso ogni tipo di lesione del diritto di godimento sulla base del fatto che, dall'istruttoria, sarebbe emerso che mai gli attori avevano utilizzato i box e l'area a cui l'installazione deliberata avrebbe impedito l'accesso.
Invero tale apprezzamento avrebbe dovuto essere operato sulla natura e la destinazione economica dei box e dell'attigua area: infatti, la circostanza che questi fossero inutilizzati è priva di significato perché la facoltà di godimento di beni di proprietà esclusiva, come noto, essendo ad essa inerente, non si estingue per non utilizzo.
Conseguentemente la sentenza che ha sancito la validità della delibera inerente la costruzione dell'ascensore, per i ragionamenti sopra svolti, è stata cassata e la questione rinviata ad altra sezione della medesima Corte d'Appello per permettere il confezionamento di una nuova decisione secondo i principi di diritto indicati.
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