Compensi avvocati: il rimedio esperibile contro le decisioni del tribunale

Compensi avvocati: il rimedio esperibile contro le decisioni del tribunale

Con l’ordinanza n. 25092/2024, pubblicata il 18 settembre 2024, la Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata sul rimedio esperibile avverso le ordinanze emesse dal Tribunale nei procedimenti di liquidazione dei compensi degli avvocati ex art. 14 del D.lgs. n. 150/2011.

Giovedi 26 Settembre 2024

IL CASO: Un avvocato agiva in giudizio contro un proprio cliente, proponendo ricorso ex art. 720 bis c.p.c. ai sensi dell’art. 14 d.lgs. n. 150 del 2011 al fine di vedersi riconoscere il diritto ad ottenere il saldo dei compensi dovuti per l’attività professionale svolta a favore del resistente.

Quest’ultimo, nel costituirsi in giudizio, si difendeva contestando la pretesa creditoria del legale.

Il resistente deduceva l’erroneità della somma richiesta, non avendo il legale tenuto conto nella determinazione dell’importo delle somme già versate, nonché l’inadempimento del professionista nello svolgimento del mandato. Per tale ultimo motivo, chiedeva, pertanto, la condanna dell’avvocato al risarcimento dei danni.

Il ricorso del legale veniva rigettato dal Tribunale il quale riteneva non provata la pretesa creditoria azionata.

Proposto appello da parte del legale, il cliente, originario convenuto, si costituiva eccependo l’inammissibilità del gravame per violazione dell’art. 14 d.lgs n. 150 del 2011, secondo il quale le ordinanze che definiscono il giudizio di liquidazione delle competenze dell’avvocato non sono appellabili.

La Corte di Appello dava parzialmente ragione al legale condannando l’appellato al pagamento in suo favore di una somma inferiore rispetto a quella originariamente richiesta.

Relativamente all’eccezione dell’inammissibilità dell’appello formulata dall’appellato, i giudici della Corte territoriale, nel rigettarla, hanno osservato che l’art. 14, comma 4, d.lgs. n. 150 del 2011, dichiarando inappellabile l'ordinanza che definisce la procedura ex art. 28 l. n. 794 del 1942, richiama i presupposti operativi di questa procedura speciale, sicché l'ordinanza che statuisca sull’an del compenso (come avvenuto nel caso esaminato) e non solo sul quantum sarebbe impugnabile con l'appello e non col ricorso per cassazione.

La questione giungeva, così, all’esame della Corte di Cassazione a seguito del ricorso promosso dal cliente del legale, originario resistente, il quale insisteva nell’eccezione di inammissibilità del rimedio esperito avverso la decisione del Tribunale.

LA DECISIONE: Il motivo del ricorso è stato ritenuto fondato dai giudici della Suprema Corte i quali, decidendo nel merito, hanno dichiarato inammissibile l’appello promosso dal legale, richiamando l’orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo il quale “ In tema di liquidazione degli onorari e diritti di avvocato in materia civile, l'ordinanza conclusiva del procedimento ex art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 non è appellabile, ma impugnabile con ricorso straordinario per cassazione, sia che la controversia riguardi solamente il "quantum debeatur", sia che la stessa sia estesa all'"an" della pretesa, trovando anche in tale ultimo caso applicazione il rito di cui al citato art. 14.» (cfr., all’uopo, Cass., Sez. 2, sentenza n. 12411 del 17 maggio 2017, Rv. 644212-01; cfr., altresì, in senso conf. Cass., Sez. 2, sentenza n. 35026 del 14 dicembre 2023, Rv. 669624-01).

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 25092 2024

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