Il cointestario del conto deve comunicare all'INPS il decesso del congiunto per bloccare l'accredito della pensione?

Il cointestario del conto deve comunicare all'INPS il decesso del congiunto per bloccare l'accredito della pensione?

Per l'omessa comunicazione all'Inps del decesso del congiunto e la percezione dei ratei pensionistici sul conto cointestato, la Cassazione ha escluso l'applicazione dell'art. 316-ter c.p.

Venerdi 4 Giugno 2021

Lo scorso 12 maggio, la VI Sezione Penale della Cassazione, ha esaminato la seguente questione: “se possa ritenersi sussistente il reato di cui all'art. 316-ter cod. pen., nel caso in cui il cointestatario del conto corrente sul quale è accreditata la pensione del proprio congiunto non ne comunichi il decesso all'istituto di previdenza e continui a percepire i ratei pensionistici”.

In aperto contrasto con quanto statuito in alcune precedenti decisioni di legittimità, la Cassazione, secondo quanto si legge nell'informazione provvisoria, ha fornito parere negativo al quesito, “non potendo ritenersi sussistente l'omissione di informazioni dovute perchè non previste”.

A parere degli ermellini, la legge 27 dicembre 2002 n. 289 (1) obbliga le anagrafi comunali a trasmettere, telematicamente, all'Inps le comunicazioni di decesso, liberando i cittadini dall'obbligo di consegna materiale, presso gli uffici dell'Istituto, dei relativi certificati di morte. Correlativamente, l'art. 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (2) ha previsto l'obbligo, per il medico necroscopo (3), di trasmettere all'Inps il certificato di morte entro 48 ore dalla constatazione dell'avvenuto decesso.

Poichè l'obbligo di trasmissione ricade sui suddetti soggetti preposti, non sussiste in capo al cointestatario di un conto corrente con il defunto, alcun obbligo di comunicazione né può dirsi realizzato il reato di cui all'art. 316-ter (4) c.p. di indebita percezione di pubbliche erogazioni ai danni dello Stato.

Come ricordato, tra i precedenti giurisprudenziali sul tema, occorre richiamare la sentenza n. 48820/2013 con la quale i giudici di legittimità avevano ravvisato la fattispecie criminosa di cui all'art. 316-ter c.p., dell'indebita percezione dei ratei pensionistici conseguiti dal cointestatario di un conto corrente con il deceduto che aveva omesso di comunicare all'Inps il decesso del pensionato.

Il momento consumativo del reato (5) veniva identificato nell'attimo in cui l'agente conseguiva la disponibilità materiale dell'erogazione e veniva, altresì, sottolineata nella fattispecie de quo, la presenza dell'elemento differenziale rispetto al reato di truffa, vale a dire la mancanza degli artifizi e dei raggiri. In questo caso, la Corte non aveva riconosciuto come sussistente l'induzione in errore e, di conseguenza, il reato di truffa aggravata perchè la condotta dell'agente non aveva inciso sull'attività di verifica e di valutazione dell'Ente (6) circa i presupposti dell'erogazione. Aveva ritenuto, invece, sussistente la fattispecie delineata nell'art. 316-ter c.p. perchè l'attività dell'Inps è meramente ricognitiva dei presupposti, nel senso che si limita a prendere atto dei documenti prodotti dal richiedente, rinviando ad un momento successivo la verifica dei requisiti richiesti ai fini dell'erogazione.

Sulla stessa linea si pone la sentenza n. 47064/2017, secondo la quale la mancata comunicazione all'Inps di situazione implicanti la perdita del diritto alla corresponsione dell'assegno sociale “integrano il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche, atteso che il reato de quo si configura qualora l'ente assistenziale non venga indotto in errore, in quanto chiamato solo a prendere atto dell'esistenza dei requisiti autocertificati e non a compiere un'autonoma attività di accertamento”.

Da ultimo, nella sentenza n. 14940 del 2018, la Suprema Corte aveva ritenuto non integrato il reato di indebita percezione nei confronti del soggetto che aveva omesso la comunicazione dell'intervenuta morte del contitolare del conto corrente perchè, in questo caso, non si trattava né di convivente e né di congiunto e, pertanto, mancava la coscienza e la volontà di percepire indebitamente le somme erogate. L'informazione provvisoria diffusa dal servizio novità della Corte di Cassazione si pone in netto contrasto con l'orientamento maggioritario.

Ci riserviamo ulteriori approfondimenti in materia a seguito del deposito della sentenza.

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Note

1) Recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (legge finanziaria 2003).

2) Recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (legge di stabilità 2015).

3) Ricordiamo che le funzioni di medico necroscopo, di cui all'art. 141 del R. D. 9 luglio 1939, n. 1238 sull'ordinamento di stato civile, sono esercitate da un medico nominato dall'unità sanitaria locale competente.

4) L'art. 316-ter c.p. è stato oggetto di una modifica rilevante ad opera della legge 9 gennaio 2019, n. 3 (cd legge spazzacorrotti), rubricata “Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici”, la quale ha introdotto nell' 'art. 1, comma 1, lett.1) :”la pena è della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poteri”.

5) Si veda Cass. Pen., n. 6809/2014: “ il momento consumativo del delitto di cui all'art. 316-ter c.p., nell'ipotesi in cui le erogazioni pubbliche sono conferite in ratei periodici e in tempi diversi, coincide con la cessazione dei pagamenti, perdurando il reato fino a quando non vengono interrotte le riscossioni”.

6) Alpa- Garofoli, Manuale di diritto penale, Parte Speciale, Vol. II, 2016, Neldiritto editore, le “ informazioni la cui omissione può integrare la fattispecie dell'articolo 316 ter Codice Penale devono essere dovute, devono cioè trovare fondamento in una richiesta espressa dell'ente erogatore nel corso dell'istruttoria finalizzata alla concessione del finanziamento o risultare imposte dal principio di buona fede pre-contrattuale ex articolo 1337 c.c.”.

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