La Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 41393/2024 fa chiarezza in merito alla definizione di luogo di lavoro rilevante ai fini della sussistenza dell'obbligo per il titolare del negozio di attuare le misure antinfortunistiche.
Il caso: Il Tribunale di Padova, assolveva Tizio, quale titolare di una farmacia dal reato di cui all'art. 590, cod. pen. ipotizzato ai danni del cliente Caio, il quale aveva riportato delle lesioni uscendo dalla farmacia dopo essere scivolato sulla soglia di marmo, imputandosi a Tizio di non avere adottato tutte le misure necessarie per evitare che la stessa fosse sdrucciolevole e, in particolare, per non avere apposto sulla stessa le opportune e doverose strisce anti scivolo, né adeguatamente segnalato la sua presenza, contravvenendo all'obbligo di adottare tutte le cautele per rendere sicuro il luogo di lavoro.
Il Tribunale escludeva che l'evento fosse addebitabile al titolare della farmacia per i seguenti motivi:
- Tizio, aveva adottato un'idonea forma di cautela per garantire la sicurezza dei luoghi anche alle persone che vi accedevano, avendo predisposto due zerbini prima e dopo l'ingresso, allo scopo di asciugare le scarpe;
- le foto cellule consentivano l'apertura della porta solo quando una persona vi si trovava davanti, cosicché l'apertura non era neppure immediata, difettando, sul piano contro fattuale, la prova che l'apposizione delle strisce anti scivolo avrebbe scongiurato l'evento;
- peraltro Caio aveva tenuto una condotta imprudente in quanto, nonostante la pioggia, aveva per sua stessa ammissione accelerato il passo all'uscita.
Caio, tramite il proprio difensore, ricorre in Cassazione, che , nel ritenere fondate le censure della parte civile, osserva che:
a) nella nozione "luogo di lavoro", rilevante ai fini della sussistenza dell'obbligo di attuare le misure antinfortunistiche, rientra ogni luogo in cui venga svolta e gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro, indipendentemente dalle finalità della struttura in cui essa si esplichi e dall'accesso ad essa da parte di terzi estranei all'attività lavorativa, finalità che possono anche essere sportive, ludiche, artistiche, di addestramento o altro e ogni luogo nel quale il lavoratore deve o può recarsi per provvedere ad incombenze di qualsiasi natura in relazione alla propria attività;
b) pertanto, la farmacia presso la quale è avvenuto l'evento deve considerarsi luogo di lavoro per la semplice considerazione che vi si svolgeva attività lavorativa al momento del fatto, essendosi certamente trovati al suo interno il titolare e il figlio, dipendente della stessa;
c) con la conseguenza che, rispetto ad essa, trovano applicazione le norme antinfortunistiche, che sono dettate a tutela non soltanto dei lavoratori nell'esercizio della loro attività, ma anche dei terzi che si trovino nell'ambiente di lavoro, indipendentemente dall'esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell'impresa, di talché, ove in tali luoghi si verifichino, a danno del terzo, i reati di lesioni o di omicidio colposi, è ravvisabile la colpa per violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, purché sussista, tra siffatta violazione e l'evento dannoso, un legame causale, e sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo all'attività ed all'ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell'infortunio, non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico;
d) nella specie, la regola cautelare violata va individuata nelle norme in materia di sicurezza nel luoghi di lavoro e, segnatamente, nell'allegato IV al TU n. 81/2008: il § 1.3.2.espressamente stabilisce che pavimenti dei locali di lavoro devono essere fissi, stabili ed antisdrucciolevoli nonché esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi; non può ritenersi equipollente la presenza di due zerbini che, per loro attitudine, hanno la diversa funzione di consentire l'asciugatura delle scarpe bagnate, ma non quella di trasformare le caratteristiche di quel tipo di pavimento, ovviando alla scivolosità di una soglia di marmo;
e) quanto alla condotta tenuto dalla parte offesa, la Corte osserva che il comportamento di Caio, per avere idoneità interruttiva del nesso di causa tra la violazione della specifica regola cautelare e la sua caduta, avrebbe dovuto tradursi in un comportamento del tutto eccentrico rispetto all'utilizzo della soglia di marmo, ma ciò non può ricavarsi dalla semplice accelerazione del passo in un giorno di pioggia, o da una generica imprudenza o sbadataggine dell'avventore di turno, eventi del tutto prevedibili e per nulla eccentrici rispetto al rischio che il soggetto titolare dell'esercizio-luogo di lavoro è chiamato a gestire.