Dopo quasi sette mesi dalla prima approvazione del testo unificato in Commissione nessuna traccia del DDL che sembra essersi arenato
Martedi 21 Ottobre 2014 |
Nel mese di aprile del 2014 avevamo pubblicato la notizia dell’ approvazione da parte della commissione Giustizia della Camera dei Deputati del disegno di legge recante: “Modifiche all'articolo 3 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, in materia di presupposti per la domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio”, altrimenti detto “divorzio breve”.
L’iter parlamentare
Il testo, approvato in Commissione l’8 aprile 2014, era il frutto dell’unificazione di altri 6 DDL presentati nel corso della legislatura e in data 19 maggio la Camera aveva licenziato il testo definitivo trasmettendolo al Senato dopo un paio di settimane circa (documento S.1504).
Il 5 giugno il testo è stato assegnato alla Commissione permanente Giustizia del Senato e da allora tutto tace.
A parte i roboanti lanci di agenzia che avevano pubblicizzato l’iniziativa, descrivendola come fortemente innovativa per il sistema giudiziario del nostro Paese, con ricadute estremamente positive per i cittadini alle prese con separazioni e divorzi, nessun organo di informazioni ne ha più parlato.
Nel frattempo la Commissione giustizia si è riunita altre 8 volte arrivando anche a fissare il termine per la presentazione degli emendamenti ma nell’ultima convocazione del 3 settembre, dopo la pausa estiva, ha messo in discussione “l'opportunità di proseguire l'esame dei disegni di legge n. 1504 e connessi, in materia di "divorzio breve", a seguito della annunciata iniziativa governativa in materia di giustizia civile che riguarda, tra l'altro, anche il procedimento per pervenire alla cessazione degli effetti civili e allo scioglimento del matrimonio”, iniziativache, come sappiamo, si è concretizzata nel decreto n. 132/2014 pubblicato in gazzetta il 12/9/2014.
Da allora il DDL sul divorzio breve non è stato più trattato in Commissione.
Ma ora che è evidente come le nuove norme abbiano intaccato solo in minima parte la tempistica dei procedimenti di separazione e divorzio, limitandosi a “spostare il carico processuale” dal Tribunale allo studio dell’Avvocato, come mai il DDL sul divorzio breve, che invece accorciava effettivamente i tempi da tre anni ad un solo anno, continua ad essere ignorato?
La negoziazione assistita non è il divorzio breve
Qualcuno ha motivato la perdita d’interesse verso il divorzio breve con l’introduzione nell’ordinamento giudiziario della cosiddetta “negoziazione assistita” per la separazione e il divorzio (art. 6, DL n. 132) ma il ragionamento non regge.
Infatti, come spesso accade quando le norme sono recenti, si è creata una certa confusione tra “divorzio breve” e “negoziazione assistita” che però sono due cose ben distinte.
Il DDL sul divorzio breve, come si può leggere nell’ ultimo testo in esame al Senato, prevede che lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio può essere richiesto da uno dei coniugi dopo soli dodici mesi dalla comparizione dei coniugi dinanzi al presidente del tribunale mentre l’art. 3 della L. 898/1970, attualmente in vigore, richiede un intervallo minimo di tre anni.
La negoziazione assistita invece non disciplina la tempistica che intercorre tra la prima udienza presidenziale e la successiva richiesta di divorzio, ma introduce semplicemente una diversa procedura che delega agli Avvocati il compito di condurre e concludere le fasi negoziali per il raggiungimento di un accordo tra i coniugi che intendono separarsi, peraltro con pesanti sanzioni nei con fronti dei legali in caso di ritardo nella trasmissione della documentazione all’ufficiale di stato civile del Comune competente.
In altre parole, se, come sembra, il DDL sul divorzio breve non sarà inserito nella legge di conversione, e non verrà approvato neppure successivamente, per divorziare dovranno decorrere sempre tre anni.
Al massimo il cittadino avrà guadagnato qualche mese, naturalmente in quei tribunali dove i tempi di fissazione dell'udienza sono lunghi, mentre nei tribunali dove al massimo si attende qualche settimana per la fissazione dell’udienza il vantaggio sarà praticamente nullo.
E non basta neppure la separazione dinanzi all’ ufficiale di stato civile prevista dall’art. 12 del decreto giustizia dal momento che dovranno trascorrere sempre e comunque tre anni tra la separazione e il divorzio, a prescindere dalla procedura adottata.
Quindi perché si continuano a confondere le acque?
Forse per attribuire effetti benefici per i cittadini ad un provvedimento che come obbiettivo si pone esclusivamente quello di decongestionare le aule dei tribunali o forse per altri motivi che sfuggono all’umana comprensione ma una cosa è certa: negli emendamenti della legge di conversione non vi è traccia del divorzio breve che sembra essere caduto nell’oblio.
Non resta che attendere i prossimi sviluppi.