Casa familiare all'ex convivente: detentore qualificato o occupante sine titulo?

Casa familiare all'ex convivente: detentore qualificato o occupante sine titulo?
Martedi 27 Ottobre 2015

Con la sentenza n. 17971/2015 la Corte di Cassazione torna sulla questione della rilevanza nei confronti dei terzi del provvedimento di assegnazione della casa, adibita a residenza familiare, al genitore collocatario dei figli minori, nell'ambito di un rapporto tra ex conviventi.

In primo grado una società immobiliare, che aveva acquistato da un terzo un'immobile adibito ad uso abitativo, chiedeva la condanna al rilascio del medesimo da parte dell'ex convivente del venditore per occupazione sine titulo.

Si costituiva in giudizio la convenuta, la quale opponeva l'inammissibilità della domanda perché lesiva dei diritti delle figlie minori, avute dal convivente, che abitavano con lei l'immobile; chiedeva altresì la sospensione del procedimento in pendenza di giudizio davanti al Tribunale per i minorenni e tra l'altro evidenziava che il Tribunale per i minorenni aveva già accolto la sua domanda di assegnazione della casa familiare in qualità di collocataria delle figlie minori.

Il giudice di primo grado accoglieva la domanda di rilascio, ritenendo che il provvedimento di assegnazione della casa familiare non fosse opponibile a terzi perchè non trascritto e comunque successivo di due anni al trasferimento della proprietà del bene.

Proposto appello avverso la sentenza di primo grado, la corte territoriale confermava la pronuncia del tribunale, sulla base di alcune considerazioni:

a) il provvedimento di assegnazione della casa familiare non era opponibile all'acquirente perchè l'immobile era stato acquistato dalla società immobiliare anteriormente al predetto provvedimento e precisamente tre mesi prima della proposizione del ricorso per l'affidamento dei minori e l'assegnazione dell'immobile come casa familiare;

b) anche il procedimento per rilascio era stato introdotto anteriormente al provvedimento di assegnazione in questione, peraltro non trascritto;

c) il fatto che nel rogito d'acquisto fosse scritto che “l'immobile viene venduto nello stato di fatto e di diritto in cui si trova”, non significa che l'occupazione di terzi fosse stata accettata da parte dell'acquirente;

d) nella fattispecie, concludeva il giudice di appello, non poteva applicarsi né la disciplina della locazione né quella del comodato.

La Corte di Cassazione, chiamata a decidere sulla questione a seguito di impugnazione della sentenza di secondo grado, accoglie il ricorso e rigetta la domanda di rilascio dell'immobile, ribadendo alcuni importanti principi in tema di convivenza di fatto:

1) La convivenza "more uxorio", quale formazione sociale che da vita ad un autentico consorzio familiare, determina, sulla casa di abitazione ove si svolge e si attua il programma di vita in comune, un potere di fatto basato su di un interesse proprio del convivente ben diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità, tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata, che ha titolo in un negozio giuridico di tipo familiare.

2) anche nelle convivenze di fatto, in presenza di figli minori nati dai due conviventi, l'immobile adibito a casa familiare è assegnato al genitore collocatario dei predetti minori (anche se non proprietario dell'immobile o conduttore in virtù di rapporto di locazione o comunque autonomo titolare di una posizione giuridica qualificata rispetto all'immobile)

3) il genitore collocatario, in virtù dell'affectio che costituisce il nucleo costituzionalmente protetto ex art. 2 Cost. della relazione di convivenza, è comunque detentore qualificato dell'immobile ed esercita il diritto di godimento su di esso in posizione del tutto assimilabile al comodatario, anche quando proprietario esclusivo sia l'altro convivente.

Al riguardo, osserva la Corte, il rapporto, riconducibile al tipo regolato dagli artt. 1803 e 1809 c.c., sorge per un uso determinato ed ha - in assenza di una espressa indicazione della scadenza - una durata determinabile "per relationem", con applicazione delle regole che disciplinano la destinazione della casa familiare, ed è destinato a persistere o a venir meno con la sopravvivenza o il dissolversi delle necessità familiari (nella specie, relative a figli minori) che avevano legittimato l'assegnazione dell'immobile.

Tali consolidati principi, afferma la Corte,” trovano applicazione anche nell'ipotesi in cui l'originario proprietario dell'immobile abbia trasferito la proprietà del bene medesimo, rimanendo immutato e senza soluzione di continuità il vincolo costituito dal comodato preesistente, giustificato da un doppio qualificato titolo detentivo: il primo costituito dalla convivenza di fatto con il proprietario dante causa, il secondo dalla destinazione dell'immobile a casa familiare, prima della alienazione a terzi, e dalla cristallizzazione di tale ulteriore vincolo mediante l'assegnazione della casa familiare....per la cui opponibilità infranovennale, peraltro, non è necessaria la trascrizione ”.

Infine, per la Corte di Cassazione non rileva, nella specie, l'anteriorità del trasferimento immobiliare rispetto al provvedimento di assegnazione dell'immobile a casa familiare disposto dal Tribunale per i minorenni, dal momento che la qualità di detentore qualificato in capo alla ricorrente è pacificamente preesistente al trasferimento immobiliare così come la destinazione dell'immobile a casa familiare impressa anche dal proprietario genitore e convivente con la ricorrente e le figlie minori fino al suo allontanamento volontario.

Testo integrale della sentenza n. 17971/2015

 

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