Caduta del pedone per dissesto manto stradale: non sempre è responsabile l'Ente

Caduta del pedone per dissesto manto stradale: non sempre è responsabile l'Ente
Mercoledi 23 Maggio 2018

Con l’ordinanza n. 10938/2018, pubblicata l’8 maggio scorso, e l’ordinanza n. 11024/2018, pubblicata il 9 maggio scorso, la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi della questione, molto attuale, relativa all’individuazione dei presupposti per la configurabilità o meno della responsabilità a carico degli Enti proprietari delle strade per i danni patiti dai pedoni a causa delle precarie condizioni del manto stradale e dei marciapiedi.

ORDINANZA N. 10938/2018

IL CASO: La vicenda esaminata con la suddetta ordinanza prende spunto dal giudizio promosso da un pedone contro il Comune al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa della disconnessione della pavimentazione di un tratto di marciapiede comunale. La domanda veniva rigettata sia dal Tribunale sia dalla Corte di Appello.

La Corte territoriale aveva individuato nella disattenzione del pedone una causa efficiente prossima e sufficiente ad elidere il rapporto di causalità con l’avallamento della pavimentazione del marciapiede. Secondo i giudici di merito la presunzione di responsabilità non opera quando la pericolosità della cosa in custodia è chiaramente individuabile con l’ordinaria diligenza.

Avverso la sentenza di secondo grado, il pedone soccombente proponeva ricorso per Cassazione deducendo, fra l’altro, la violazione e la falsa applicazione degli articolo 2051 e 2697 c.c.

LA DECISIONE: Con l’ordinanza in commento, i Giudici di legittimità hanno dichiarato inammissibile il ricorso sulla scorta delle seguenti osservazioni:

  1. Come affermato in altri arresti dagli stessi giudici di legittimità, ai sensi dell’articolo 2051 codice civile, allorchè venga accertato, anche in relazione alla mancanza di intrinseca pericolosità della cosa oggetto di custodia, che la situazione di possibile pericolo, comunque ingeneratasi, sarebbe stata superabile mediante l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, deve escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell’evento, e ritenersi, per contro, integrato il caso fortuito (Sez. 2, Sentenza n. 12895 del 22/06/2016);

  2. In tema di responsabilità ex art. 2051 cod civ., il caso fortuito – inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno – è comprensivo della condotta incauta della vittima, che assume rilievo ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell’articolo 1227, comma 1 c.c., e deve essere graduata sulla base di un accertamento in ordine alla sua effettiva incidenza causale sull’evento dannoso, che può anche essere esclusiva (Sez. 6 -Ordinanza n. 30775 del 22/12/2017).

ORDINANZA N. 11024/2018

IL CASO: La Corte di Appello accoglieva il gravame proposto da un comune avverso la sentenza di primo grado con la quale il Tribunale aveva condannato il suddetto ente al risarcimento dei danni a favore di un pedone a seguito dei danni da questi patiti per essere caduto a causa della presenza di un’anomalia non segnalata sulla pavimentazione di un percorso pedonale pubblico. Il sinistro si era verificato all’uscita di una scuola di ballo. Il pedone era inciampato per la presenza di mattonelle divelte esistenti sul marciapiede, in un tratto non idoneamente illuminato, in quanto l’unico lampione esistente era coperto dalle fronde.

Secondo la Corte territoriale, la caduta era addebitabile esclusivamente alla responsabilità del pedone, stante il leggero dislivello tra le mattonelle, costituite non da una pavimentazione compatta e legata da un materiale, ma da lastre di calcestruzzo appoggiate sul terreno, era caratteristico del tipo di pavimentazione, e che la situazione non era idonea a cagionare, per il proprio dinamismo, la caduta di un passante normalmente attendo in quanto l’ostacolo era facilmente evitabile e comunque agevolmente superabile con l’ordinaria attenzione esigibile da qualsiasi utente, anche perchè la danneggiata conosceva bene la strada che era l’unica percorribile per uscire dalla scuola di ballo che frequentava abitualmente e pertanto non si era in presenza di insidia, nel senso che non era nè imprevedibile nè inevitabile. La sentenza della Corte di Appello, veniva, pertanto, impugnata dal pedone il quale denunciava la violazione dell’articolo 2051 codice civile e la violazione dell’articolo 1227 c.c.

LA DECISIONE: La Corte di Cassazione con l’ordinanza in commento ha ritenuto corretto il ragionamento della Corte di Appello e pertanto ha rigettato il ricorso sulla scorta delle seguenti osservazioni:

  1. Il danneggiato è tenuto a dimostrare l’esistenza del nesso causale, ovvero che l’evento lesivo si è verificato come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva della cosa, mentre il custode, per sottrarsi alla sua responsabilità deve dimostrare che il danno che si è verificato non si pone in rapporto di causalità con le condizioni del bene in custodia, atteso che un fatto dello stesso danneggiato o anche esterno, è intervenuto interrompendo il nesso causale;

  2. L’applicazione delle regole di cui all’articolo 2051 codice civile presuppone sempre che il danneggiato dimostri il fatto dannoso ed il nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno e che, ove la cosa in custodia sia di per sè statica e inerte, il danneggiato è tenuto a dimostrare altresì che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno (Cassazione sentenza n. 2660 del 5 febbraio 2013);

  3. Il caso fortuito, ai fini dell’articolo 2051 codice civile, può essere integrato anche dal fatto colposo del danneggiato (fra le tante Cass. 18 settembre 2015, n. 18371 e 22 giugno 2016, n. 12895);

  4. Il concetto di prevedibilità come concreta possibilità per l’utente danneggiato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo ed ha evidenziato che, ove tale pericolo sia visibile, si richiede dal soggetto che entra in contatto con la cosa un grado maggiore di attenzione, proprio perchè la situazione di rischio è percepibile con l’ordinaria diligenza (Cassazione sentenze 22 ottobre 2013 n. 23919 e 20 gennaio 2014, n. 999, nonchè ordinanze 9 marzo 2015, n. 4661 e 6 luglio 2015, n. 13930);

  5. In tema di responsabilità ex art. 2051 codice civile è onere del danneggiato provare il fatto dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno e, ove la prima sia inerte e priva di intrinseca pericolosità, dimostrare, altresì, che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del secondo, nonchè di aver tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza, attesto che il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato (Cassazione n. 11526 del 2017).

Allegato:

Cassazione civile Sez. VI - 3 Ordinanza n. 10938 del 08/05/2018

Allegato:

Cassazione civile ordinanza n.11024/2018

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