Avvocati: la difesa personale deve essere dichiarata espressamente nell'atto

Avvocati: la difesa personale deve essere dichiarata espressamente nell'atto
Lunedi 28 Gennaio 2019

L’avvocato che si difende da solo nei giudizi dove, ai sensi dell’articolo 86 c.p.c., è consentita la difesa personale, non ha diritto al riconoscimento dei compensi professionali se non specifica a che titolo intende partecipare ai suddetti giudizi. Infatti, è suo onere dichiarare al giudice e alla controparte la scelta effettuata in tal senso, non essendo sufficiente, invece, indicare nell’atto introduttivo del giudizio e negli atti successivi la semplice qualifica di avvocato.

Mentre, la parte che sta in giudizio personalmente non può chiedere che il rimborso delle spese vive sopportate, il legale, ove manifesti l’intenzione di operare come difensore di sé medesimo ex art. 86 c.p.c., ha diritto alla liquidazione delle spese secondo la tariffa professionale.

In altri termini, ai fini del riconoscimento dei compensi professionali, l’avvocato deve dichiarare di agire come difensore di se stesso ai sensi dell’articolo 86 c.p.c. e non limitarsi a indicare nell’atto la dicitura “il sottoscritto Avv……”.

Questo è quanto emerge dall’ordinanza n. 1518/2019, pubblicata dalla Corte di Cassazione il 21 gennaio scorso.

Normativa di riferimento: Articolo 86 c.p.c.: Difesa personale della parte

La parte o la persona che la rappresenta o assiste, quando ha la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con procura presso il giudice adito, può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore.

IL CASO: Nella vicenda approdata all’esame della Suprema Corte di Cassazione, un avvocato proponeva innanzi al Giudice di Pace, ricorso in opposizione avverso una sanzione amministrativa per violazione al codice della strada ad esso comminata. Il ricorso veniva accolto in primo grado con la liquidazione in favore dell’opponente avvocato delle sole spese del contributo unificato e non gli onorari professionali.

La sentenza di prime cure veniva confermata dal Tribunale in sede di gravame proposto dal ricorrente originario. Secondo il giudice di appello, l’avvocato non aveva espressamente dedotto, sia nel ricorso sia negli atti successivi, di volersi avvalere della difesa personale.

Avverso la sentenza del Tribunale, l’avvocato interponeva ricorso per Cassazione deducendo, fra l’altro, la violazione degli articoli 86-91 c.p.c. e sostenendo che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, non sussiste nessuna norma che prevede la necessità di spendere in modo formalistico la qualità di avvocato. Non solo, secondo l’avvocato ricorrente, nel ricorso era stata riportata la dicitura “il sottoscritto avv…….” e la sentenza era stata resa nei confronti di soggetto indicato come avvocato.

LA DECISIONE: Con la decisione in commento, gli Ermellini hanno rigettato il ricorso sulla scorta delle seguenti osservazioni:

  1. Ha natura professionale, seppur compiuta nel proprio interesse, l’attività di difesa svolta nel processo da soggetto abilitato all’esercizio della professione legale ed avente la qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore con procura presso il giudice adito dando, di conseguenza, diritto alla liquidazione giudiziale, secondo le regole della soccombenza, dei compensi per la sua prestazione, dovendo il giudice statuire al riguardo, ai sensi degli artt. 91 e ss. c.p.c., anche senza espressa istanza dell’interessato, salvo che lo stesso abbia manifestato la volontà di rinunciarvi;

  2. Come più volte affermato dagli stessi Giudici di legittimità, la norma contenuta nell’art 86 c.p.c. suppone che la parte abilitata alla difesa personale dichiari di volersi avvalere di tale facoltà all’atto della costituzione in giudizio, ovvero quanto meno che dichiari di avere la qualità richiesta per lo svolgimento personale dell’attività processuale.

Allegato:

Cassazione civile Sez. VI - 2 Ordinanza n. 1518 del 21/01/2019

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